Quando la Juventus perde, l'evento viene segnato e percepito come epocale. Epocale come la serie di vittorie di scudetti, epocale come il centrocampo che fu, e che oggi non è. Tutto quel che restava di quest'epoca è finito ieri sera, quando coloro che gli hanno dato inizio, gli hanno messo fine.

È ingiusto essere irriconscenti verso tutti i giocatori, allenatori e dirigenti che si sono susseguiti in questi lunghi 10 anni, tra vittorie e sconfitte. Già due anni fa qualcosa iniziava a muoversi: rivoluzione epocale, fuori il pragmatico ed anti-teorico Allegri, dentro il più-che-teorico e poco-pragmatica Sarri. Una rivoluzione che avrebbe dovuto essere, ma che alla fine non è stata, perchè nessuno, dal Presidente all'ultimo dei giocatori, non è mai stato veramente convinto di abbandonare lo storico motto "vincere è l'unica cosa che conta". La Juventus è prima di tutto un'impresa, una grande impresa, che deve soddisfare milioni e milioni di tifosi e spettatori paganti: si è pensato che abbandonare il mero pragmatismo a favore di un teorico divertimento potesse attrarre più tifosi, o potesse magari convincere quelli che già c'erano che, perché no, magari con un po' di divertimento avremmo visto il calcio ultra-offensivo di Guardiola o di Klopp. Fatto sta che la rivoluzione, si disse, era stata rimandata di un anno.

Arriviamo al 2020. In giro per il mondo imperversa una pandemia mondiale, che obbliga le società di tutta Europa (escluso il Chelsea) a non poter fare mercato. Avviene così che la Juventus, in onore del sacro bilancio, sacrifichi Pjanic, un calciatore ritenuto ormai spremuto e non più necessario alla causa, e prenda Arthur, il centrocampista del futuro, il nuovo Xavi. A Barcellona si strappano i capelli: non si può cedere un centrocampista così forte e così giovane come il brasiliano. A Torino non lo conosce nessuno, ma tutti si aspettano di aver trovato IL giocatore che, da anni, manca al centrocampo. Quello dotato di una tecnica di molto sopra la media, in grado di far cantare il pallone e di ribaltare da solo le partite. Passano le settimane e i mesi, e arriviamo ad uno degli scontri decisivi per il campionato: Arthur, l'uomo simbolo della campagna acquisti estiva, non entra nemmeno in campo, sacrificato dal più tecnico dei centrocampisti italiani della storia del calcio, in favore di due centrocampisti che di "centrocampista" poco hanno. Ebbene sì, nell'estate del 2020, era avvenuto che la Juventus avesse ceduto l'unico pseudo-regista, titolare indiscusso con tutti gli allenatori precedenti, in favore di un brasiliano venuto a Torino in vacanza, e contro voglia.

È domenica, è gennaio ed è il 17. È sera, sono le 20:40. Mi accomodo sul divano e, rassegnato, prevedo una serataccia. Ho ragione, non perchè sono un veggente, non perchè mi intendo di calcio, ma lo so perchè pochi minuti prima, ai microfoni di Sky, si era presentato uno dei dirigenti bianconeri: "La nostra squadra è competitiva, interverremo solo se ci saranno opportunità". "La squadra è competitiva", il problema è capire competitiva per cosa: per non retrocedere? Per lottare per l'Europa League? Per vincere la Coppa Italia? Competitiva per cosa? "Interverremo solo se ci saranno opportunità", mentre il Milan tessera l'ultimo dei guerrieri bianconeri e prende in prestito in futuro prospetto; mentre cerchiamo di accaparrarci una punta alla sua prima stagione in A, che non segna, che non ha storia, che è di proprietà di un club che lo ha girato in prestito ad un altro. In tutto questo, con la nostra rosa competitiva, ci troviamo con 3/4 dei titolari difensivi out, costretti a schierare un giocatore che, seppur io ammiri tantissimo, da Lega Pro è e rimane, contro uno dei giocatori più forti ed in forma al momento.

Il campionato non è chiuso, ma gli errori sono diventati eccessivi: occorre umiltà, da parte dell'allenatore, da parte dei dirigenti e da parte dei giocatori ultra-stipendiati, che hanno la testa ovunque, meno che sul rettangolo di gioco; quell'umiltà che ha portato a vincere il primo dei nove scudetti, che ha portato a scommettere sul primo americano nella storia della Juventus e che è alla base della filosofia della Juventus: brutti ma vincenti, sempre e comunque, fino alla fine!