È il 16 Aprile 2019. Precisamente, è il minuto 67' del ritorno dei quarti di finale di Champions League. Matthjis De Ligt ha appena segnato su calcio d'angolo e lo spettro di un'eliminazione contro una squadra di nuove leve e giocatori allora sconosciuti inizia ad aleggiare sullo Juventus Stadium e tutti i suoi tifosi.
Se potessimo indicare con precisione un momento specifico in grado di raffigurare l'inizio della fine, sicuramente quello sarebbe rappresentato da quell'immagine che, da ormai più di 3 anni, rimane ancora ben impressa nella mente della maggior parte dei tifosi: Matthjis, simbolo di una squadra, l'Ajax, che sovrasta tutto e tutti e di forza strappa una vittoria che, fino ad un settimana prima, sarebbe sembrata impossibile ai più.

1283 giorni dopo la Juve sembra ancora essere vittima di quello stacco: Allegri è (di nuovo) l'allenatore a cui addossare le colpe di un'ideologia ormai tramontata; Alex Sandro e Rugani sono ancora là, il primo incatenato alla Juventus da un contratto fatto firmare senza il minimo criterio da dirigenti mai stati all'altezza, il secondo pronto a dare la vita stessa pur di restare nella squadra che, ne sono certi tutti, è quella per la quale ha sempre fatto il tifo sin da bambino; AA è rimasto presidente per recitare la parte del "pallone è mio e decido io quando, come, a cosa e con chi giocare".

Certo, in 1283 giorni ci sono stati molteplici avvicendamenti: difficile rammentare tutti i calciatori che sono passati, anche solo per qualche mese, sotto l'effigie zebrata; ancor più difficile cercare di comprendere gli obiettivi della Juventus, che sembrano cambiare di anno in anno, di mese in mese, di giorno in giorno.
I tifosi non sanno più chi incolpare: Allegri, Sarri, Pirlo, Cristiano, Allegri, Nedved, Arrivabene, AA. Quello che sembra ormai certo (ai più), è che ad oggi il problema maggiore non siano i giocatori, che in ogni gara manifestano la loro incredibile fame di vittoria cercando di correre meno degli avversari e risparmiando energie per partecipare a questo fantomatico torneo mondiale, quanto piuttosto l'ormai completta assenza di una bussola e di un "capitano" che sappia tenerla e, di conseguenza, orientare l'intera nave verso l'Obiettivo.
Dopo 1283 giorni diventa difficile capire, ma soprattutto accettare, che una delle società calcistiche e sportive più gloriose e glorificate del globo sia (ancora) nelle grinfie di un manipolo di sprovveduti:

  • Non molto tempo fa il DS Arrivabene parlava delle strategie della Juventus in modo al quanto incredibile ("Non esiste un protocollo"), sottolineando come non esista, ad oggi, un progetto tecnico-sportivo effettivo, e come le campagne acquisti si basino principalmente su due aspetti chiave: la fattibilità economico-finanziaria, perchè giustamente il business di una società deve essere sostenibile, anche se questa società è presieduta da una delle famiglie più ricche del nostro paese; l'attrattività del nome, che deve essere esotico, accattivante e, se possibile, deve anche appartenere ad un giocatore con molta (molta molta) esperienza.
  • Sempre non molto tempo fa, ovvero in tempi di Superlega, il presidente AA esponeva uno dei maggiori e principali problemi che, almeno secondo il suo punto di vista, stavano affliggendo la Juventus e il calcio tutto: esiste un calo della domanda, che deriva dal mancato interesse dei giovani nei confronti del calcio. La contro-mossa del presidente a questa evidenza è stata doppia: farsi portavoce (e capro espiatorio) di un progetto giusto ma nato e pensato male, che vedeva una quindicina di club muovere guerra frontale all'intero sistema calcistico europeo; arruolare e blindare con un contratto da inchiesta un allenatore che per religione sposa una ed una sola idea: a calcio si gioca per vincere, non per divertirsi. In un colpo solo, in questo modo, il presidente AA si è fatto nemico l'opinione pubblica, il 99% dei club calcistici europei (e mondiali) e ha sostanzialmente confermato con i fatti che il problema dei giovani non appassionati ad uno sport che ormai sta diventando noioso e malato, non lo riguarda. In una parola, confrontare il dizionario alla voce "Seppuku".

Gli esempi da portare potrebbero essere ancora molti, soprattutto se consideriamo un orizzonte temporale così ampio: i casi Kulusevski, Emre Can, Arthur, Ramsey, Rabiot, Zakaria, De Ligt, Romero, Demiral; l'immagine di uno stadio spettrale, che invita famiglie e bambini a guardare spettacoli da brividi, come se fosse sempre vigilia di Halloween; la ancora assenza di un dirigente che capisca di calcio e calciatori, avendo affidato il ruolo al caro allenatore; la gestione dei giovani talenti(ssimi) Miretti, ormai tramontato come fu per i vari Frabotta e Portanova prima di lui, Fagioli (chi?), l'eterna promessa che dal 2019 è e rimane un "giovane", nonostante che abbia già 21 anni, Soulè, il nuovo Dybala (o Di Maria), che ha collezionato la bellezza di 33' in Serie A e 16' in Champions, Gatti, preso per far rifiatare Rugani che, come il suo agente si ostina a confermare, con l'ormai tramonto della BBC ha finalmente preso in mano le chiavi della difesa bianconera e si è finalmente guadagnato il tanto sudato stipendio da 3.5 milioni di euro netti l'anno.

1283 giorni dopo, l'unica cosa a non essere cambiata è la sfacciataggine di chi si sente intoccabile e l'arroganza di chi crede di essere il migliore, perchè in effetti c'è un motivo se qualcuno vince sempre e qualcuno arriva sempre secondo!