Ieri, visto l’orario, sono riuscito a vedere la partita in diretta, abito in India, e mi sono potuto gustare 90 minuti di ottimo calcio, senza conoscere il risultato.
Ho visto un buon Monza, allenato da un ottimo Palladino. Indiscutibili i meriti del giovane allenatore che è riuscito in pochi mesi a trasformare una squadra, dal nulla, ad una realtà del nostro campionato. Palladino che si narra essere di scuola Juve, allievo di Gasperini e quindi di quell’idea di calcio portata da Lippi nei tempi in cui si giocava alla grandissima, si vinceva tutto anche in Europa, ed eravamo utilizzati come esempio da allenatori del calibro di Sir. Alex Ferguson. In poche parole, Gioco & Risultati.

Alla luce di ciò tutto questo è accaduto a fronte di una Juventus troppo brutta per essere vera, per essere ancora considerata una squadra.
Posso capire lo stato d’animo dei giocatori e di tutto l’ambiente, molto probabilmente sanno quello che io sento o immagino oggi, mi aspetto la B, senza tante discussioni, con tanto di squalifica UEFA annessa, troppi i non detti, le mezze frasi dei protagonisti.
Ci troviamo perciò davanti ad un gruppo svuotato. Un gruppo che Allegri non è mai riuscito a plasmare a compattare se non sporadicamente, ma che adesso pare abbia completamente perso.

Nel post gara il tecnico livornese prende ulteriormente distanza dal gruppo, del quale è parte, anche se lui non riesce a capirlo, “chi non se la sente alzi la mano”. Parole di un allenatore appena arrivato che deve salvare la squadra da una situazione drammatica, parole che ricordano un eroico e motivatissimo Ranieri a Genova sponda Samp che dice chiaramente “non c’è tempo” e “non farò prigionieri”. Non certo le parole di un tecnico che lavora sul gruppo da una stagione e mezza e che con un mercato importante, doveva cominciare a vedere la squadra crescere rispetto all'anno precedente.

Polemiche su Allegri in o out non è il momento di farne, la mia vuole solo essere una fotografia del momento.
Stiamo giocando una stagione per noi finita, non ho speranze in Coppa Italia, ancor meno in Europa League, a meno di miracoli. Mancano 18 partite di serie A, forse 2 o più di coppa Italia e 2 o più di Europa League. Il tutto distribuito su 4 mesi. E nel calcio 4 mesi sono tanti, un tempo lunghissimo.
Insomma lavoro da fare ce n'é, anche solo in vista della prossima stagione: “live ahead” recita il motto.
Ecco che allora, mi permetto di suggerire, l’anticipo di quella rifondazione sportiva che anche se non nei piani immediati del club, appare oggi necessaria od almeno opportuna, fin da subito.
Serve oggi un Del Piero, o chi per lui, che si prenda sulle spalle non la nuova Juve, ma che cominci a pensarla ed a plasmarla, partendo questa volta sì, dalle macerie. Che cominci con il nuovo allenatore, o con un traghettatore, a porre le basi per la Juve che verrà, secondo un idea in linea con il momento.

“Chi non se la sente alzi la mano”, parole condivisibili, parole necessarie e forse sacrosante, ma non dette da chi è oggi parte del problema, anche se le responsabilità sono altrove.