180 minuti. In così poco tempo si deciderà se la nostra Nazionale parteciperà al Mondiale di Russia 2018.
L'avversario non sarà di certo insormontabile, ma comunque valido e insidioso. Avevamo un unica opportunità per evitare gli spareggi: quella di battere gli spagnoli in casa loro e superarli in classifica. Impresa nemmeno sfiorata per un attimo e oltre al secondo posto sono state minate anche le poche certezze e solidità del gruppo. Qualcuno ha dato la colpa al tecnico, altri agli anziani in campo (su tutti Buffon), altri ai singoli.

Noi italiani si sa, siamo tutti un po' allenatori sul divano e ci convinciamo che un cambio di modulo o la titolarità di un giocatore possa bastare per capovolgere un risultato così sonoro. Ma le motivazioni e le colpe di un tracollo simile sono altrove e sono di tutti.

Negli ultimi 10 anni la Spagna ci ha sempre battuto o spesso travolto, eccetto nell'impresa della Nazionale di Conte di due anni fa, una partita perfetta contro una Spagna spenta e sazia dalle vittorie. Un caso dunque, un episodio che non cancella la superiorità che gli iberici, sia a livello di club (vedi Cardiff) che di nazionale, sugli azzurri.

La differenza sta nella cultura del calcio: in Spagna si gioca con il gusto di farlo, si attacca per vincere prevalendo e divertendo, si lascia prevalere la tecnica a tutte le età e a tutti i livelli. Si lasciano i giocatori liberi dalle rigidità tattiche e di posizione: sabato la Roja ha giocato con due centrali difensivi e poi 8 giocatori che erano liberi di spostarsi in zona palla creando superiorità numerica in ogni angolo del campo.

In questo senso Ventura ha tentato, con tanto coraggio quanto anacronismo, di mettere in campo una Nazionale spregiudicata e offensiva. I nostri giocatori però sono troppo legati ai tatticismi e alla copertura tanto che i nostri esterni che nel 4-2-4 sono a tutti gli effetti terza e quarta punta erano talmente arretrati, preoccupati dei compiti difensivi, da snaturare un modulo già inadatto alle nostre idee e da non avere la superioritàù offensiva che Ventura bramava ma che in Italia non è contemplata.

Inutile dunque contestare i singoli o il tecnico. La colpa è del nostro sistema che privilegia un giocatore tattico e accorto a un fantasista dai piedi d'oro. La responsabilità è la nostra, perché ai nostri giovani non insegnamo la cultura del pallone abbinata al divertimento e li imbrigliamo invece nelle ossessioni tattiche.
Vogliamo continuare a lamentarci o almeno tentare un cambiamento?