Si stava meglio quando si stava peggio. Alzi la mano chi non ha, almeno una volta, sentito questa frase, buttata qua e là da nonni e genitori che si confrontano con figli e nipoti, parlando dei loro bei tempi ormai passati. Ecco, io vorrei riprendere questa frase ed usarla come metafora dello stravolgimento subito dal sistema arbitrale, il quale ha vissuto un vero e proprio cambio generazionale con l'introduzione del VAR.
Ci tengo a premettere che sono sempre stato un sostenitore della tecnologia nel mondo del pallone. E non potrebbe essere altrimenti. Senza offesa per nessuno ma, sport con meno seguito del calcio, già da diversi anni, si avvalevano dell'ausilio della tecnologia.
Il problema, quindi, a mio modesto avviso non è nella tecnologia, ma nel suo uso, nella sua interpretazione. Sfortunatamente per noi, tale interpretazione errata è data in primis da chi dovrebbe, più di chiunque altro, favorirne un uso corretto. Sto parlando di Rocchi, alias il designatore arbitrale di serie A e serie B.
Dinanzi ad errori più o meno gravi, il nostro Rocchi si è limitato a mostrare qualche dato statistico su come, con la VAR, il numero di errori arbitrali si sia sensibilmente ridotto rispetto agli anni passati, cercando di minimizzare l'entità degli errori. 
Il problema sta tutto qui, nel non capire che in epoca di VAR, un errore ha un peso specifico ben maggiore rispetto alle passate stagioni, in cui l'arbitro era un uomo solo (o quasi) a dover decidere in una frazione di secondo.
Oggi l'arbitro non è più solo ma è coadiuvato da un suo collega che, all'interno della VAR room è pronto a mettere una pezza ad un suo errore, a confermare una sua decisione o invitarlo a ridare un occhiata con immagini più chiare su episodi spinosi (tramite la on field review). Un vero e proprio angelo custode pronto ad aiutare nel momento de bisogno o, se preferite, una specie di grillo parlante.
Ma allora perchè sembra esserci più confusione e meno chiarezza rispetto a prima?. 
Direi per due motivi; in primis c'è ancora troppa discrezionalità. Potrà sembrare assurdo ma per me è così. A cosa serve la VAR se poi Orsato (non nuovo a questo comportamento) decide di ignorarne la chiamata? Oppure, perchè lo stesso episodio in partite diverse, da una parte è meritevole di intervento VAR e dall'altra no? A mio parere, fin quando non ci sarà un metro di giudizio unico, almeno sugli episodi di un certo rilievo, continueremo a vedere simili incoerenze. 
In secondo luogo la scelta dell'arbitro che dovrà presenziare in sala VAR. Come è possibile che un ruolo tanto delicato possa anche essere assegnato ad un arbitro sospeso a giungo non per limiti di età ma, bensì, per limiti tecnici? Sembra assurdo ma è ciò che è successo in Lecce-Monza, altro match discusso (per usare un eufemismo) dell'ultimo agitato weekend di campionato. Non me ne voglia il signor Di Martino, usato in questo episodio, perchè non è l'unico esempio di designazione "discutibile" al VAR negli ultimi anni.

Spero vivamente di sbagliarmi ma, ad oggi, ho la sensazione che troppi arbitri non siano all'altezza di arbitrare in serie A, nè sul campo nè in sala VAR. Sono essi stessi vittime di dati statistici tanto sbandierati dal loro stesso designatore che, di fatti, minimizza l'errore deresponsabilizzando il direttore di gara. A tal proposito non sorprendiamoci della mancanza di personalità di tanti nostri fischietti.
Così facendo si fa il male della VAR, del calcio e degli arbitri stessi e non basta dire che gli errori sono diminuiti, non può e non deve essere accettabile. In epoca di VAR ciò che è successo ieri all'Allianz Stadium, come potrebbe essere accettabile? Che giustificazione potrebbe mai avere? Ho voluto prendere questo come esempio, in quanto è il più recente ma, purtroppo, non l'unico.

Per concludere tutto farebbe pensare che dobbiamo abituarci a vivere con meno errori ma con un peso specifico incredibilmente maggiore rispetto a prima. Giunti a questo punto, da grande sostenitore del VAR arrivo a dire che sì, si stava meglio quando si stava peggio, quando la VAR non c'era, l'arbitro sbagliava e, in quanto umano anche lui, era più semplice accettarlo e farsene una ragione.