Un tempo erano le comproprietà, accordo di mezzo tra due società che di assicuravano il cartellino di un giocatore, una soluzione ibrida tra il prestito e la cessione definitiva. Un sistema che, alla sua introduzione, fu interpretato dalle società sportive come un ottimo strumento d’investimento ma anche, soprattutto, un metodo che consentiva di ridurre i rischi di un investimento sbagliato. Formula di diritto tipicamente ed esclusivamente italiana, le “compartecipazioni”, con il passare del tempo e la progressiva evoluzione del mondo del calcio verso gestioni più aziendaliste, hanno mostrato, in realtà, alcuni aspetti negativi che ne hanno sancito, nel corso del 2014, l’abolizione da parte della FIGC. 

Infatti, le comproprietà, utilizzate soprattutto per la compravendita di giocatori giovani, creavano incertezze fiscali, nel senso che l’applicazione della normativa fiscale, evidentemente carente in tal senso, risultava piuttosto problematica,  essendo il giocatore fisicamente inquadrato (e stipendiato) in un team ma parzialmente di proprietà di un altra squadra. Oltre alla questione puramente economica, le compartecipazioni apparivano umanamente difficoltose da affrontare per un giovane, di fatto, suo malgrado, impegnato con un piede in due scarpe. A maggior ragione oggi, che il peso di un procuratore sportivo è di gran lunga superiore a qualche anno fa, le trattative di compravendita si sono fatte più complesse e trattare un giocatore in situazione di compartecipazione risulta decisamente più complicato.

Il tramonto delle comproprietà ha lasciato un pericoloso vuoto nelle trattative tra società calcistiche, che anche e soprattutto con il mercato dei giovani si assicurano quelle plusvalenze necessarie al rispetto del fpf. È infatti evidente che le grandi società non riescono a far maturare nelle proprie squadre i loro giovani più promettenti, che per forza di cose hanno necessità di giocare. Il prestito non garantisce né immediate, né sicure plusvalenze e spesso la formula tende a ripetersi di anno in anno, generando insicurezza nel giocatore, incertezza economica per la società e, probabilmente, pochi casi di plusvalenza.

Finalmente, il comma 4 dell’art 102 delle NOIF, arricchisce il calciomercato del 2018 di un nuovo strumento di contrattazione tra società: il diritto di riacquisto, ossia l’ispanica “recompra”. In Italia abbiamo imparato a conoscerla con Morata, prodotto della cantera Madridista, approdato alla Juventus e regolarmente riportato alla base proprio grazie al diritto di riacquisto. Questo strumento si rivela decisamente efficace. Il primo vantaggio è prettamente tecnico. Una squadra con in rosa un giovane promettente che non trova spazio va a giocare altrove. Il club, combattuto tra il desiderio di monetizzare ma “preoccupato” di perdere un giocatore potenzialmente importante può esercitare la recompra. Da qui l’altro, preziosissimo vantaggio di questa formula, la monetizzazione: quindi il giocatore viene venduto (plusvalenza), matura esperienza, si “fa le ossa”, e la squadra, se lo ritiene necessario lo riacquista, garantendo al tempo stesso una plusvalenza alla società che lo ha cresciuto trovandosi a spendere pochi milioni per un calciatore formato. Oltre alla ovvia plusvalenza realizzata della squadra che subisce il diritto di riacquisto la società cedente avrà beneficiato delle prestazioni del giocatore con un modesto investimento iniziale.

Le potenzialità di questa formula, che, tra l’altro, permettono di riacquistare giocatori ad un prezzo decisamente inferiore a quello che in realtà potrebbero valere al momento del riacquisto, non sembrano essere ancora stati assimilati dalle squadre italiane, tanto che solo la Juventus ha, finora, utilizzato questo strumento con Mandragora, accasatosi all’Udinese, e lo sta concretizzando anche con Favilli (accordo già raggiunto con il Genoa).

Sarebbe importante, anche per i nostri giovani italiani, sentirsi effettivamente “di proprietà” di una società, a centro del progetto di una squadra, e non “di passaggio”(come con la formula del prestito secco o con diritto di riscatto).

Ancora una volta, la Juventus, si dimostra particolarmente attenta alle questioni di bilancio e più lungimirante, rispetto alle altre società, in tema di gestione societaria e del proprio parco giocatori.