L'ultimo della classe, lo studente generalmente meno preparato e che fatica ad applicarsi lo riconosci subito. Basta entrare in un'aula qualunque durante una lezione qualunque e guardare all'ultima fila: sguardo verso la finestra, mani raccolte dietro la testa e quell'aria di chi vorrebbe essere da un'altra parte.
Gioco di apparenze e pregiudizi su di una scacchiera spietata, dove tutti i pezzi importanti sono già stati presi e il pedone non rappresenta più un'alternativa. Contrassegna la tua esistenza sul tavolo, la tua progressione costante in avanti, il tuo “spingere” piuttosto che “muovere”, la tua sostanza a discapito della tua innaturale tecnica. E resterai sempre uno tra i tanti, è certo: il pezzo più comune e sacrificabile della partita.
La fanteria di uno schieramento militare, del resto, non si ricorda nei singoli ma nella sua interezza. Nessun pedone può vincere da solo, così come nessuno studente senza nozioni può salvarsi da una prova orale. O magari sì.

La capacità innata della sopravvivenza ad ogni costo è la dote che più di ogni altra ha segnato l'intera carriera di Gennaro Ivan Gattuso, la stella più piccola ma accecante dei trionfi internazionali a strisce rossonere. Si parla solo della grinta, della carica, dei molteplici aspetti motivazionali che il mastino del centrocampo azzurro ha fatto valere anche nel mondiale 2006, nient'altro che i punti di arrivo di un viaggio cominciato solo con tanta fame e rabbia agonistica.
Quando non sai nuotare e l'acqua sale, o bere o affogare: non poteva contare sui piedi, su una parentela importante o su un'intelligenza tattica degna di nota, eppure è arrivato in alto senza soffrire di vertigini. Dal tetto d'Europa al tetto del mondo in un attimo, senza scegliere ogni volta tra palla o gamba. Si è preso tutto, sempre, incluso il patentino da allenatore.

Il momento di dirsi Le Cose Come Stanno capita a fagiolo dopo la sconfitta nel derby, ma ad essere sinceri questa valutazione manageriale parte da molto lontano, fin dai tempi della panchina del Pisa in Lega Pro: un complimento e una critica che saltellano a braccetto nell'esperienza del Gattuso-Allenatore sono gli stessi che si riconoscono a chi non ha fatto i compiti ma riesce ogni volta a scamparla. La furbizia sopraffina che si trascina dietro la data di scadenza, approfittarne preferibilmente entro il “vedi l'arrivo dei nodi al pettine”.

Il siparietto Kessiè-Biglia è soltanto l'ultimo di una serie di casi più o meno mediatici e fortuiti che hanno spostato l'attenzione e celato a sufficienza tutti i limiti di un ruolo abbracciato solo a metà dal Ringhio tuttofare; se da una parte la gestione del gruppo ha un peso specifico importante, lo hanno anche la parte tecnica, gli schemi, tutta la tattica e le scelte di marcatura, le opzioni sui calci da fermo, i movimenti, i riferimenti di reparto, moduli e specifiche preparate da un team di cui Gennaro Gattuso è evidente non ne abbia mai fatto parte. La divisione tra la conoscenza delle dinamiche di spogliatoio e l'affanno nella comprensione della partita è netta e palpabile come una forbice che si allarga fino a scardinarsi.

Anche ieri sera nel post gara i riflettori non hanno mai inquadrato realmente le analisi di campo, spazio francamente inutile per un non-problema come ce ne sono spesso tra due compagni di squadra. Oscurantismo di responsabilità che prosegue una via già battuta, prima dalle vittorie tribolate di una squadra aggrappata disperatamente a Piatek, prima ancora gli infortuni, prima ancora ai dubbi su Castillejo e al mercato estivo non convincente, prima ancora al caso Higuain. Ai tempi di Pisa invece ci fu la situazione societaria disperata, così come nelle esperienze all'estero di un Gattuso che nella sfortuna ha imparato, nel bene o nel male, a ricamare il proprio percorso.

Nessuno scacco matto per il momento, la partita è ancora lunga e chissà che lo studente che viene dall'ultima fila non riesca a farsi spazio fino ai primi banchi, quelli che ti promuovono alla classe europea.
Ma qualcosa possiamo aspettarci, come una giustificazione per la prossima interrogazione.

 

MC