Più difficile della sconfitta è il saper gestire una vittoria. Lo è da sempre, nel calcio e nella vita di ognuno di noi. Per chi sta dietro in classifica, inseguire conferisce di per sé tutta una serie di motivazioni implicite, per chi sta davanti e deve fuggire serve invece una grande e profonda forza interiore, partita dopo partita. Se non si ha niente e si cerca di sopravvivere, ciò che stiamo cercando è un lavoro. E per ottenerlo si è disposti a tutto. Non è facile raggiungere il proprio traguardo, ma per chi è determinato e dispone di una grande volontà, la parola "impossibile" può sorgere solo al tramonto di un'altra parola, più preziosa, più complessa: la "convinzione". Quando si inizia a disporre di molte, troppe cose, si riesce molto più facilmente a perdere la gestione, il controllo, le idee. Si perde la bussola, si perde il senso, si perde specialmente noi stessi. Arriva questa mattina la notizia di un Frank Lampard che interviene su Pogba, in scivolata, da dietro e senza la minima intenzione di prendere il pallone. Viene tirato in ballo il prezzo del suo cartellino in relazione ad una serie di prestazioni che, oltre a non smuovere significativamente la classifica, non rendono giustizia all'investimento fatto dal Manchester United. E parlano tutti, parlano i tifosi, contro e a favore. Sopravvalutato e pompato dai media, per molti. Fuori ruolo e non ambientato, per altrettanti. Stavolta sarà lunga dirsi Le Cose Come Stanno, per cui inizierò subito: un giovanissimo e semi-sconosciuto Pogba sbarcò a Torino carico di promesse ed aspettative. Un'operazione economica coi fiocchi, si disse subito e lo dissero tutti, fin dal principio anche Ferguson si mostrò incredulo e deluso da tale operazione. Ma tra il dire e il fare, c'è di mezzo molto più del mare. Di belle speranze e dall'enorme potenziale sono piene le cantere in questo istante, in tutto il mondo. Lo sono state nel passato, lo saranno nel futuro. Trasformare in realtà i sogni, però, è dono di pochi, una magia che s'intreccia alla caparbietà e alla buona sorte, un mix divino accessibile ad una stretta, minuscola e fortunata cerchia. Ma Pogba c'era riuscito. Quel ragazzino giunto all'ombra della mole a zero euro non aveva look stravaganti, non sfoggiava auto di lusso e non si distingueva per il proprio carattere. A Londra, addirittura, tutti per strada lo confondevano con SuperMario Balotelli, al tempo calciatore del Manchester City, e gli chiedevano l'autografo. Lui per non deluderli faceva uno scarabocchio e sorrideva. Umilmente. In una rapida escalation di prestazioni, meriti e successi, la notorietà del ragazzo ha portato con sé una fama internazionale, nuovi occhi puntati e nuove responsabilità. Con un mantra ripetuto a sé stesso e a tutto il mondo, "Voglio essere il migliore, voglio vincere il pallone d'oro". Riuscì a passare in pochi anni da nuovo arrivato all'emblema di una Juventus rampante. Dall'ultimo a primo, in ordine d'importanza, la maglia numero 10 e un nuovo compito: caricarsi tutta una squadra sulle spalle e trascinarla alla vittoria. Con estro, forza ed eleganza: il potente mix da 105 milioni di Euro. Solo nell'ultimo anno in bianconero si sono intraviste le primissime crepe di un giovane troppo simbolico e pieno di eccessi. Eccessivamente giocoliere. Eccessivamente egoista. Eccessivamente nervoso. Non hanno ragione i tifosi economisti: un giovane che alla soglia dei vent'anni ha brillato per lunghi tratti di luce propria, in questo calciomercato folle e con queste valutazioni astronomiche, può essere venduto verosimilmente ad una cifra monstre. Non hanno ragione neanche i tifosi allenatori: Pogba nel Manchester United è cresciuto, è sempre stata casa sua ed ha sempre desiderato tornare. Parlare di problemi d'ambientamento è quanto meno paradossale. L'amara verità è nel qualunquismo, nella frase più stupida e banale, quella che ogni genitore direbbe al figlio ed ogni nonno al proprio nipote: impiegasse meno sui social a studiare nuovi balletti e nuove acconciature, e pensasse più ad allenarsi, in questo preciso momento staremmo parlando di tutt'altro calciatore. Ha sempre ambito a diventare più forte e a Torino, lentamente, ci stava riuscendo. Poi il blocco, come se la crescita si fosse arrestata a discapito di un ego, un orgoglio ed una spavalderia tangibile. Atteggiamenti che prima non c'erano ed ora ci sono. Che non aiutano, come calamite infallibili per fischi, critiche e tackle giornalistici specialmente nel momento in cui le cose non vanno come devono andare. Ad influire negativamente oggi sul rendimento del calciatore sono due diversi ed evidenti fattori: la solitudine dei numeri primi e l'improvvisa fama mondiale. Essere un grande tenore in un grande coro non basta al pubblico e al mondo intero che pretende un glorioso solista. Impedire poi che la ricchezza e la mondanità prendano il sopravvento sulla gioventù non è questione semplice se, tali ed incredibili "benefit", sono stati raggiunti molto, troppo rapidamente. Tra appena una settimana Paul Labile Pogba compirà 24 anni. Il mio miglior augurio non è di segnare nuovi e strabilianti gol, far registrare nuove prodezze o dimostrare qualcosa a chi lo osserva. Auguro a Pogba di ritrovare il silenzio dentro di sé, di guardare con gli occhi della mente, di ritrovare la strada perduta. Il talento nessuno potrà discuterlo, ma come sosteneva un vero Fenomeno "la potenza è niente senza controllo". E Pogba, in questo momento, ha perso completamene la testa. MC