Chi disse: "Preferisco avere fortuna che talento", percepì l'essenza della vita. La gente ha paura di ammettere quanto conti la fortuna nella vita. Terrorizza pensare che sia così fuori controllo. A volte in una partita la palla colpisce il nastro e per un attimo può andare oltre o tornare indietro. Con un po' di fortuna va oltre e allora si vince. Oppure no e allora si perde.

Poche righe di una importante lezione di vita, impartita da un ispiratissimo Woody Allen nella perla cinematografica "Matchpoint". Deve averlo apprezzato anche Gianluigi Donnarumma, l'avrà visto senz'altro molte volte, così tante da confondersi continuamente in quel misterioso limbo che separa la finzione dalla realtà.
Nessuno come l'estremo difensore rossonero può incarnare lo spirito del protagonista, vivere nella consapevolezza di essere al posto giusto nel momento giusto, con tutte le sfumature e gli eccessi che la gioventù si porta con sé. Collegate un Milan in piena rifondazione all'impossibilità di investire nel mercato, ora unite questi due punti al più determinante, la politica di far crescere in casa propria i campioni di domani. Il risultato è un intreccio magico, molto più del Triangolo delle Bermuda, ancora meglio del Triangolo d'oro che lega Thailandia, Laos e Myanmar, meglio perfino di qualsiasi simbologia massonica. In questa geometria perfetta l'epicentro è Gianluigi Donnarumma, che nel 2015 mai si sarebbe immaginato una storia simile e mai avrebbe avuto la sfrontatezza di crederla realizzabile in così poco tempo.

Azione, suspense e colpi di scena, non ci ha fatto mancare proprio niente questo thriller sportivo ricco di emozioni, inclusa la parte dell'attore grasso e simpaticone che aiuta il protagonista nelle sue avventure. Sul simpaticone potremmo disquisire, ma è innegabile che nelle migliori pellicole i dettagli di questo tipo traccino la differenza tra un buon film e un capolavoro. Il tipo con le mani in pasta, con gli agganci giusti, quello che "fammi fare due telefonate" e alla fine riesce sempre a sistemare le cose.

Proviamo a dirci, dopo molto tempo, Le Cose Come Stanno su questa vicenda da Oscar: Mino Raiola è l'attore co-protagonista, il produttore e il regista che è mancato a molti talenti. Penso a Simone Scuffet che al primo anno da titolare si distinse per straordinarietà, difese i pali dell'Udinese in Serie A per eclissarsi la stagione successiva.
Penso a Milos Krasic che tra il 2010 e il 2011 disputò la sua prima stagione alla Juventus da protagonista, condita da nove reti, tanta corsa e tanti inserimenti nei gol dei compagni, per poi scomparire l'anno dopo. E poi smetto di pensare, poiché non si può paragonare più di tanto una storia ad un'altra, ci sono generi e generi, i film per fortuna non sono tutti uguali. Alcuni tratti però rimangono come caratteristici, sfaccettature ricorrenti di carriere che si scambiano a un binario, disattendendo le più rosee previsioni degli spettatori.

Le recenti prestazioni al secondo anno da titolare di Gianluigi Donnarumma evidenziano tutti i limiti che nel primo capitolo sembravano impossibili, ma dal resto in quanti si ricordano la trama e le avventure di The Mask 2, piuttosto che il seguito di un qualsiasi cartone dysneiano? Se la casa produttrice è buona, negli anni resterà solo ed esclusivamente la parte migliore del racconto. Se la casa produttrice è molto buona, il marketing su tutti i fronti potrà divenire talmente influenzante da instillare nell'ascoltatore di domani il dubbio su quale sia il Gianluigi originale, quello vincente, quello meritevole d'attenzione.

Pretendere qualcosa di pregevole da un giovanotto con il conto in banca tre volte superiore a Tito Boeri, titolare nel Milan e già incoronato "erede" di Buffon, per giunta diciannovenne, è una mezza eresia. Deve far riflettere invece come molte altre giovani promesse con un talento forse più autentico e sicuramente più continuo nelle prestazioni non solo si siano perse per strada l'anno successivo per via di un diverbio, per aver rifiutato un trasferimento o per un cambio di allenatore con conseguente cambio modulo, ma non abbiano mai avuto le stesse opportunità di chi invece sbaglia sul campo, sbaglia fuori dal campo e nonostante tutto continua a fare surf sulla cresta dell'onda.

Che i soldi e le conoscenze - unitamente ad una rilevante percentuale di casualità - governino il mondo era cosa già nota, tuttavia la tendenza sembra essersi radicalizzata ulteriormente. Carta stampata e social media si stanno trasformando in esaltatori frenetici della mediocrità, a maggior ragione in quei business dove è cambiato il vento e gli introiti negli ultimi cinque anni si sono quintuplicati. Il calcio.

Il finale è tutto da scrivere, eppure conservo alcune deludenti certezze, legate a doppio filo: il buon primo anno disputato da Gianluigi Donnarumma non fa primavera e il cartellino non varrà neanche un quarto del prezzo al quale verrà ceduto, semplicemente perché chiamarsi Gianluigi è importante ma esserlo realmente, nella società odierna, non conta più di tanto.

 

MC