Ho seguito, per amore e passione e una buonissima dose di masochistica perversione, la trasferta bianconera in quel di Monza.
Avevo assolutamente bisogno di capire se le mie previsioni sarebbero state sbagliate o se, come accaduto, tutto sarebbe stato come da copione.
A pochi giorni dalla figuraccia con la Salernitana ed ancora meno ore da quella con il Benfica, la speranza, vana, di vedere una squadra piena di rabbia e furore agonistico era, seppur al lumicino, ancora presente.
Ma dopo pochi minuti, di fronte al Monza, neopromossa in serie A con solo sconfitte da inizio campionato e con un neo allenatore che mai aveva allenato nella massima serie, la realtà si è mostrata per quella alla quale siamo abituati.
Uno sfacelo per gli occhi, per l'amor proprio e per la decenza, almeno sportiva. I camminatori della Juve (chiamarli giocatori impicherebbe in automatico un tentativo di gioco, di schemi ed idee, di corsa, assenti in toto), hanno regalato la prima storica vittoria in massima serie ad una squadra che non avrà la fortuna di trovarsi di fronte una compagine vergognosa come quella vista ieri.
Della maglia juventina non è rimasto nulla di quello tramandato nei libri di storia sportiva. Nessun orgoglio, nessuna "rabbia agonistica da provinciale", solo tanta spocchia e passeggiate in lungo ed in largo, con errori tecnici comprensibili solo nella categoria pulcini.

L'investimento da 80 milioni, ormai fa a sportellate anche con se stesso rischiando di rimanere avvolto e soffocato dalla frustrazione; l'americano in Italia ormai si nota per la forma fisica arrotondata e le tinte dei capelli, oltre che per le giocate pietose a ripetizione. La sensazione che la squadra abbia deciso di salire sulla barca dei protestanti che stanno ricusando l'allenatore, diventa ogni giorno più evidente. Non si capisce come non si segua uno schema che sia uno; come Perin, nel suo momento migliore in carriera bianconera, spesso e volentieri sia il migliore in campo. Pure la farsa del saluto alla curva nel dopo partita sembra certificare una sorta di auto assoluzione, scaricando le colpe sul mister evidentemente colpevole, ma non di tutti i danni visti sino ad oggi.

La presidenza non la cito, non perché esente, anzi ritengo la classe dirigenziale attuale finita nel suo ciclo (Agnelli), o incapace per mancanza di esperienza nel campo di livello e nel calcio (Cherubini ed Arrivabene), o perché onestamente non ci arriva, Nedved. Insomma il lungo lavoro di depauperamento del quadro societario costruito, partendo da visioni illuminate da Andrea Agnelli dieci anni fa circa, alla fine si è sgretolato per colpa degli stessi creatori del giocattolo. Mancano tanti infortunati è vero, ma se compri giocatori a fine carriera o rotti, il rischio di non vederli in campo o a mezzo servizio è palese (Pogba, Di Maria lo stesso Paredes.....).
Insomma, a vederla negativamente, abbiamo toccato il fondo e stiamo cominciando a scavare; ad avere una proiezione positiva... siamo sempre al fondo ma, per fortuna non sappiamo scavare!
Resta l'immagine di Agnelli che, in elicottero vola da Ronaldo per portarlo alla Juve, e riaccendere una scintilla ed un'idea di calcio che, con buone probabilità erano state dettate dal ritorno economico (pur dissanguando le casse della società), più che sportivo.
Illuminare la tifoseria con fuochi d'artificio, come Alberto Sordi nel "presidente del Borgorosso football club", quando defenestrato e sconfitto, portò un campione a fine carriera per riaccendere la passione dei tifosi, Omar Sivori.
A volte la realtà supera la fantasia. Incrociamo le dita e speriamo in un risultato più sano e logico, oltre che di prospettiva.