Risulta difficile da parte mia, dopo oltre mezzo secolo di tifo diretto per la Juventus, capire quale sia la linea di condotta della società dopo un anno e rotti a guida Allegri.
Ho vissuto stagioni di ogni genere, da quella sparagnina ma ad alta classe, anche operaia, del primo e secondo Trapattoni, Marchesi, Maifredi, Lippi e tralascio altri per spazio e tempo. Ognuno ha regalato momenti fantastici ed esaltanti altri son passati sotto silenzio oppure seppelliti da promesse mai mantenute (Maifredi ne fu un esempio lampante).
Ma quello che mi tocca vedere alla soglia dei sessanta anni ha del ridicolo, se non fosse per la disperata impotenza che ne scaturisce.
Un allenatore che ha fatto il suo tempo, alla Juve almeno, e che non viene più seguito nemmeno da se stesso.
Le parole di Bonucci: "Viviamo da due anni sulle montagne russe", raccontano di un disagio, anche psicologico, e di incapacità di lasciarsi andare agli incontri che, in una squadra, una società come la Juve, non dovrebbero esistere.
Tralascio il concetto di amore per la maglia, il mercato è fatto di soldi e cifre, e pensare di trovare un Beppe Furino, uno Zoff, di questi tempi è pura demagogia.

Adesso però il rischio di ripetere la triste esperienza del Milan di alcuni anni fa (mercato fatto di esuberi e "disoccupati" con esperienza) che hanno portato i rossoneri a vegetare per diversi anni nella mediocrità. I rossoneri adesso, in un paio di anni fatti di investimenti e coraggio delle scelte, son ritornati al loro valore e livello storico, come giusto che sia.
Noi, bianconeri di Torino (quelli di Udine si godono un momento storico), invece, soffriamo nel vedere come ogni incontro si riveli una sofferenza. Mancanza di gioco, idee smarrite, paura incredibile; ingredienti degni di una squadretta da oratorio e non da signora del calcio italiano.
Aver programmato un mercato ad immagine e somiglianza del proprio allenatore che era stato graziato il campionato precedente per pura fortuna, è stato un peccato di orgoglio, e non vorrei che questo orgoglio punisse in eccesso una società e tutti i tifosi che la seguono. Anche la querelle di questa domenica, VAR non VAr, al di là delle ragioni, restano sterili di fronte ad una prestazione che avrebbe dovuto premiare la Salernitana per coraggio, per gioco ed occasioni.
Ma questo concetto potremmo trasferirlo a quasi tutte le partite sino ad oggi disputate, salvo quella con la Roma con cui, per fortuna non abbiam perso, visto il periodo.
Pensare di rifondare la squadra sfruttando il vivaio e inserendo giocatori di prospettiva con "anziani" per settori, sarebbe il segno di un cambiamento che potrebbe far rinascere una società che vive, a veder gli ultimi anni, di fast food calcistico. Sembra di entrare in una rosticceria, pensando di risparmiare, ed invece paghi come una cena in un ristorante di ottimo livello, mangiando qualitativamente male.

Mettere le chiavi in mano della futura squadra ad un De Zerbi, prima che finisca in qualche altra squadra, o ad un tecnico con idee moderne e propositive (Sarri se gli avessero dato tempo e materiale a lui congeniali, avrebbe potuto lasciare un segno nella storia della Juve, come probabilmente farà nella Lazio dopo un primo anno così così), ma che chiamino i tifosi allo stadio contenti di fare il tifo per la propria squadra e non di spendere solamente soldi in quantità per uno spettacolo terribile per bruttezza e per risultati.