Dopo 12 anni il giocattolo si è rotto. 
Un lunedì sera, improvvisamente (solo per le tempistiche non per il risultato finale), il presidente Agnelli, per mille motivi (anche quelli ovvi di carattere amministrativo e giudiziario), ha deciso di dimettersi.

Sarebbe facile e semplicistico, oggi, dire che dopo i danni degli ultimi mesi, questo fosse il passo finale obbligato da seguire.
Bisogna sempre partire dalle basi e ricordarsi che la Juventus è stata recuperata dopo alcuni anni terribili ed anonimi e riportata nelle posizioni di rispetto europee e mondiali. Non sempre è scontato, non sempre tutto è matematico. Al di là della maledizione champions (che amo chiamare ancora Coppa dei Campioni), gli scudetti vinti le finali europee e le supercoppe hanno marcato una linea che difficilmente sarà ripetibile. 
Da questo stato di estasiata visione di se, si è lentamente, ma inesorabilmente, scivolati nel rattoppo.
Acquisti sbagliati, frenesia del risultato e, probabilmente, magheggi contabili (che a detta di Gravina potrebbe essere prassi generalizzata), che han creato le dimissioni in blocco di un consiglio che era ormai l'ombra di se stesso e che era sempre più vitima delle figurine che ricordavano un glorioso passato che un futuro positivo. Allenatori cambiati come fossero calzini, progetti saltati e pianificazioni bruciate in nome di una linea economica progettuale confusa e contraddittoria. Giovani promesse bruciate sull'altare del McDonalds del calcio (tutto e subito ma indigesto e poco salutare), anziché spingere sulla pazienza e sui tempi da rispettare. Promesse acquistate e rivendute, rammaricandosi dell'esplosione di giocatori fuori confine, beandosi, ipocritamente, di aver fatto un affare economico ed invece perdendoci in investimento. Questa bulimia operativa, mischiata ad una disorganizzazione che era palese anche tra noi tifosi, alla fine ha creato il delitto perfetto. 
Adesso la paura corre sul filo dei ricordi (quali conseguenze a questi atti contabili?), e gli stessi ricordi, ai quali ci stiamo aggrappando come salvifici (Del Piero a fare il Boniperti di turno), stanno rendendo tutto talmente nebuloso e confuso da peggiorare solo le cose.

In tutto questo, però, mi sento di ringraziare un presidente, Andrea Agnelli, che ha avuto idee grandiose, ma che si è scontrato con colossi economici e politici ad ora, più forti e organizzati di lui (la deriva medio orientale del calcio con i soldi che piovono a più non posso, hanno spostato il baricentro del potere), e rischiando di azzardo, ha perso. 
Grazie presidente, malgrado gli errori ultimi, di averci ridato l'orgoglio dei colori dopo anni di torture e sfottò; di averci fatto sognare e ridere (oltre che piangere di gioia), per aver rimesso sui giusti binari una società ed una squadra che rimane, malgrado le voci spesso dettate da rabbia e frustrazione avversarie, una tra le più famosi al mondo. 
Questi ultimi 12 anni sono stati bellissimi, e le sofferenze ultime hanno solo decretato la fine naturale di un ciclo che, e qui la pecca è stata evidente, non si è saputo reindirizzare.

Adesso bisogna guardare avanti e sperare che dal cilindro esca fuori la magia che possa ridare fiducia ad un ambiente, al momento, molto spossato e provato. Bisogna risalire, anche nell'immagine, la china.
Al momento siamo additati come i soliti "ladri" ma, ripeto, in questi frangenti, i soliti sciacalli che vivono di luce riflessa, sono al settimo cielo. Riportiamoli alla loro abituale posizione in classifica, alle nostre spalle, eterni secondi.