C’era una volta la Serie A 2019/2020, un torneo che dopo tanti anni era ritornato ad essere uno dei più affascinanti e seguiti di tutto il panorama mondiale. Il dominio della Juventus doveva fare i conti con la riscossa di due grandi squadre, Lazio e Inter, che dopo anni di delusioni e amarezze avevano, finalmente, raggiunto quel livello tale da poter competere contro la corazzata bianconera. Una corsa a 3 per il lieto fine, un’annata storica da inserire negli annali del nostro calcio. Tre squadre appaiate al primo posto della classifica e divise da tre sole lunghezze. Tutto sembrava filare per il verso giusto, per un percorso intrepido e imprevedibile, ma che sicuramente non avrebbe lasciato l’amaro a nessuna di esse, consapevoli di averci provato con tutte le proprie forze.

Ma come ogni bella storia narrativa che compete, arriva l’esordio, quell’avvenimento tanto peculiare che rompe l’equilibrio modificando il contesto in atto. Il nuovo quanto brutto e negativo fenomeno del Coronavirus impervia la nostra amata Nazione: il paese si blocca, viene regolamentato alla nuova calamità, negozi, bar, discoteche, manifestazioni sportive e culturali si fermano per salvaguardare la salute dei cittadini (che vada chiaro è la cosa più importante, nonostante il grande ed eccessivo allarmismo mediatico dell’epidemia). Anche il calcio, quarta azienda in Italia, deve necessariamente subire delle variazioni.

Ecco allora che subentra una nuova sezione della nostra storia, quella legata per tradizione a peripezie e mutamenti. Come giusto che sia, il 23 febbraio, pochissime ore dopo lo scoppio del caso, si decide per il rinvio delle 4 partite interessate alle aree focolaio maggiormente colpite dal virus (Lombardia, Veneto e Piemonte), non si giocano: Inter Sampdoria, Torino Parma, Atalanta Sassuolo, Verona Cagliari. Il campionato si riduce per la salute delle persone, decisione ineccepibile.

Ma dal lunedì successivo, ecco che si entra nel cosiddetto Spannung, ovvero il momento di massima tensione della storia. Una settimana quasi surreale e del tutto indecifrabile, che oscilla tra opposte e differenti visioni: porte chiuse, porte aperte, rinvio. Tra uscite di non rimborso in caso di porte chiuse, salvaguardia della salute pubblica e integrità del campionato, si arriva, finalmente, alla giornata di giovedì, con una decisione unanime: nelle aree interessate dal Virus, le partite saranno disputate a porte chiuse, compresa la delicata sfida-scudetto Juventus-Inter. Il momento di massima tensione e allerta, tuttavia, è alle porte ed ecco che trova la sua incredibile vanificazione nella mattinata di sabato 29 febbraio. La decisione di tre giorni prima viene revocata, niente partite a porte chiuse ma immediata sospensione dei match nelle aree focolaio.

Uno spannung quasi inverosimile che trasforma la bella e invitante storia iniziale in un clamoroso racconto del brivido, enigmatico e senza un’apparente via d’uscita. Un’altra giornata saltata significa slittamento di due turni in un calendario già intasato di suo con squadre costrette ai super straordinari nei mesi successivi. Prevale la linea della salvaguardia dell’immagine del paese all’estero, di un possibile danneggiamento, soprattutto nel vedere il Derby d’Italia, con più di 170 paesi collegati, senza il clamore dei tifosi. Il pretesto del Coronavirus e della salvaguardia dei cittadini si trasforma in una deviante scusa per celare ciò che, invece, è il vero motivo del rinvio, ovvero la perdita di denaro e nient’altro. Si sapeva, il calcio era ormai da tempo diventato business, nonostante il romanticismo di noi tifosi appassionati di quel pallone rotolante. Ma tutto ciò è, probabilmente, la goccia che fa traboccare il vaso…

Una bellissima storia rovinata, un campionato quasi o del tutto falsato, un lieto fine, “lieto”, soltanto a metà.