È stata una partita un po’ bruttarella, il derby d’Italia. D’altronde, è difficile cavare spettacolo da un campo solcato contemporaneamente da Medel, Murillo, Miranda, Melo e compagnia bella (si fa per dire). Possiamo dire però, da un’altra prospettiva, che l’aver riportato a casa le ossa intonse può essere visto come un ottimo risultato per i giocatori bianconeri. A tal proposito, anche ieri il credente osservante Melo, tra una bestemmia e l’altra, è stato libero di picchiare chiunque, ovunque, quantunque. Quantunque non c’entra niente, ma è un avverbio che mi è sempre piaciuto. Tutto era partito con la sempre originale coreografia dei tifosi dell’inter: il triplete. Vi anticipo quella del prossimo anno: il triplete. E quella dell’anno dopo ancora: il triplete. Si riscattano però con la gigantografia della Banda Bassotti: chiaro esempio di autoironia. Evidentemente, hanno letto le numerose intercettazioni di Facchetti&soci e hanno capito come stanno le cose. Ma la vera notizia della giornata non è questa, la vera notizia è che i tifosi dell’inter sanno leggere. Tatticamente e tecnicamente non c’è stata storia, com’era lecito aspettarsi. Da un lato la Juve, coi suoi campioni e il suo gioco ragionato e frizzante, dall’altro un’accozzaglia senza capo né coda. Lo 0 a 0 si spiega soltanto con l’immondo catenaccio messo su dalla squadra di Mancini. Un tale catenaccio che quello di Nereo Rocco a confronto sembrerebbe il 4-3-3 zemaniano. A proposito, che fine ha fatto Zeman? Sta ancora lottando nei bassifondi del campionato svizzero? Poverino, chi l’avrebbe mai detto che anche senza Moggi sarebbe rimasto un perdente. Io l’avrei detto. Ma torniamo al Calcio serio, quello con la C maiuscola. Mercoledì, elettrizzante impegno Champions contro i temibili crucchi del Borussia Moncvattelapesca. Terzo ostacolo verso il primo posto nel girone. Terzo ostacolo sulla strada che porta a Milano. Sento già la musichetta, sento già i roditori in azione. Che bello essere juventini. L’Intenditore calcistico.