Nell'epoca dei tweet, delle mille parole su qualsiasi argomento, a volte il rumore sovrasta la melodia, i commenti nascondono i fatti.
In 4 scontri diretti, contando anche l'Udinese a sorpresa, l'Inter va sempre in vantaggio e poi subisce sempre la rimonta.
Dopo i 4 gol dell'1 a 0, 11 gol incassati e uno solo segnato (il 2-3 nel derby), uno score che lascia poche scuse a disposizione di un allenatore, Inzaghi, sempre propenso invece a giustificare la frana a volte in modo imbarazzante.

L'Inter è una squadra fisica, non palleggia in modo raffinato, usa la sciabola e non il fioretto. E proprio fisicamente non ci siamo, dopo 15, massimo 20 minuti, gli avversari prendono il pallino, e chiunque ha la chance per la rimonta. La difesa imperforabile dello scudetto ora sembra svanita, Bastoni arranca, De Vrij rischia il posto, Skriniar forse si sente già parigino, Di Marco è l'unico che non molla, ma non può bastare. 
In attacco Lukaku si è ripresentato sovrappeso, e l'infortunio lo ha tenuto al palo. Lautaro agisce ad intermittenza, Dzeko e Correa, due punti di domanda.
Inzaghi ci mette del suo, alterna i portieri, uno a fine carriera, l'altro reduce da due anni senza calcio, poi a centrocampo mischia (male) le carte, scontentando tutti. 
Gagliardini come arma vincente è decisamente una visione difficile da condividere, anche se le alternative sono Chalanoglu e Asslani.
Giovani nemmeno l'ombra, l'Inter campione d'Italia primavera vende Casadei al Chelsea, presta o svende gli altri e punta sui Darmian, sui D'Ambrosio, Mkhitaryan, Acerbi, e cara grazia che è riuscita a liberarsi di Vidal, Sanchez, Vecino, altrimenti sarebbero macerie.

E veniamo all'aspetto societario: Zhang jr, l'uomo delle grigliate e dello champagne, poi sparisce sei mesi, deve rendere 900 milioni di euro in 12 mesi, tra bond societari e prestiti "personali", e la società ha tuttora un passivo di 10 milioni al mese (e rotti). Zhang vattene, scrive la Nord, e lui se ne andrebbe anche, se qualcuno volesse il suo posto. Marotta, vecchio lupo di mare, governa la barca a vista, ma forse si immedesima con l'orchestra del Titanic, suoniamo ma avviciniamo alle scialuppa. Sarebbe il momento di fare gruppo, ma il gruppo proprio non si vede.
Lo sponsor che non paga è la ciliegina sulla torta di un anno che non promette bene, come recita la legge di Murphy, tutto quello che può andare male... sicuramente ci andrà.

Inzaghi out forse è lo slogan adatto per l'allenatore sempre fuori dall'area tecnica. Ma qualcuno gli spieghi che le partite durano 90 minuti, sono decise dagli episodi, ma ci deve essere una logica in partenza. Sostituire gli ammoniti, cambiare un esterno con un esterno più scarso non sono scelte da Inter, forse non vanno bene neppure alla Lazio.
Ora 12 partite decisive. Poi la stagione si ferma. San siro è  sempre pieno, anche se l'umore non è più festoso, e potrebbe diventare nero.
Arriva il Barcellona, ricordi di triplete. Sarà riscossa? Mourinho è in zona, si è preso tre punti, ed è  tornato a Roma.
Inzaghi, se ci sei, batti un colpo!