Sembra che il calcio in Italia goda di ottima salute. Il presidente Gravina, presente alla nona edizione di "ReportCalcio", presentata ieri mattina a Roma nella Sala Koch del Senato, ha valutato l'impatto economico del calcio in Italia come trainante l'economia del Paese. In realtà un'analisi più attenta mostra un settore e uno sport in profonda crisi economica. Certo il panorama degli operatori economici principali, quelli che hanno investito nella serie regina, la Serie A, risulta ben strutturato e finalmente robusto. Sono lontani gli anni in cui il calcio in Italia era padrone dei migliori talenti internazionali e le squadre di club erano ai vertici delle Coppe continentali e intercontinentli. Oggi però non è più nemmeno il periodo in cui si è venduto tutto e tutti hanno capitalizzato le ultime ricchezze a disposizione: gli imperi di Milano dei patron Berlusconi e Moratti, la Juve di Gianni Agnelli ma anche il Perugia di Gaucci per fare esempi meno altisonanti. Dopo questo periodo le società di Serie A si sono ristrutturate e, chi più chi meno, hanno organizzazioni certo meno capaci economicamente ma più forti a livello comunicativo, strutturale e dotate di organigrammi moderni e ben composti. Chi sta veramente meno bene è la serie cadetta: sono sempre di più le società in crisi che vengono letteralmente messe in discussione da un attento processo di controllo di efficienza da parte della Lega B che è a capo del calcio italiano di Serie B. La Lega Pro, la vecchia serie C, paradossalmente è quella ancor messa peggio.

In questo scenario si apre la stagione 2019/2020. Analizzando per ora solo la Serie A possiamo dire che il male del calcio sta minando dalle fondamenta anche la sua categoria regina. Da essa dipende l'immagine stessa di questo sport che ha bisogno però a cascata delle categorie inferiori. Le rose delle società sono piene di calciatori in esubero o che non sono più utili alla causa ma che sono a contratto e che difficilmente possono trovare collocazione in un team di serie B o serie C. Si può dire che il sistema è già al collasso perchè alcune importanti realtà del panorama sportivo che per anni hanno sviluppato la giusta politica di far crescere i propri atleti in squadre satellite della cadetteria, adesso si ritrovano in organico calciatori di cui non sanno letteralmente che farsi. E' bene ricordare che questo è stato il sistema virtuoso che finora ha consentito ad esempio all'Atalanta di arrivare ad un importante traguardo come quello della Champions League ottenuta lo scorso anno.

Quale il futuro? E' difficile da dire. E' notizia recente che anche i broadcaster internazionali, Sky e Dazn su tutti, stanno perdendo abbonati e a stretto giro, probabilmente, diminuiranno il loro contributo economico alla torta dei diritti televisivi. Si studiano nuovi modi di recuperare fondi extraterritoriali ma il processo è lungo e non sarà indolore. Ricordando le polemiche delle finali dei campionati e coppe nazionali giocate dall'altra parte del globo, occorrerà ripensare ad un nuovo modo di vedere il calcio. Nella migliore delle ipotesi, s'intende.