Mauricio Pochettino è furente. La sua sofferenza è evidente. In casa Tottenham, a poche ore (questa mattina) dalla conclusione  il calciomercato della Premier League è stato molto avaro. Minaccia addirittura di fare solo l'allenatore, senza nessun interesse per chi arriverà. Poi ci ripensa e telefona di persona a Paulo Dybala contro qualsiasi etichetta e forma.

E' solo l'ultimo dei casi in cui gli allenatori soffrono la mancanza di managerialità nella costruzione della propria squadra. Facendo attenzione a non confondere il buon senso con l'ovvio desiderio dei tecnici di vedersi recapitare top players con contratti milionari, occorre dire che questo fenomeno è in importante crescita. E' notizia di oggi, anche se storicamente non è la prima volta, che il presidente De Laurentiis abbia dichiarato alla Gazzetta dello sport: "Mercato? Ho la mia idea, Ancelotti un'altra, Giuntoli un'altra ancora...". Solo il "sergente" Antonio Conte sembra essere stato accontentato dalla dirigenza interista. 

Gli esempi si sprecano, inutile elencarli tutti. Rimanendo nei piani sensati di un calciomercato fatto di scelte ponderate, anche milionarie ma funzionali ai piani tattici degli allenatori, si può notare che tecnici capaci non riescono a esprimere il loro potenziale perché non liberi di operare in modo autonomo sul mercato. Serve precisare che esiste la figura del direttore sportivo che dovrebbe essere quel trait d'union previsto tra la società che gestisce il patrimonio e il settore sportivo che invece si deve preoccupare del risultato. Ma, ahimè, spesso essi sono figure alle quali si delega la buona riuscita di un affare, schiacciati dalle richieste degli allenatori e le disponibilità delle proprietà. Manca quindi la figura che ricopre un ruolo di responsabilità totale, un amministratore delegato del reparto sportivo.

Alla SPAL succede, per esempio, che Leonardo Semplici che da sempre è persona moderata e attenta a non "sbottonarsi" troppo, dopo aver praticamente ripetuto come i rintocchi di una campana ad ogni intervista di aver bisogno di tre calciatori di categoria, uno per reparto, rilasci un'intervista a la Gazzetta dello Sport e si lasci andare a qualche dichiarazione un pò troppo "privata". Una su tutte l'interesse di Inter e Atalanta per l'algerino Fares. Lesta la rettifica del ds Vagnati, costretto a ironizzare dicendo che lui non ne sapeva nulla e che forse Semplici era stato contattato direttamente. Sembra adesso però che la notizia fosse fondata. Quindi è sicuramente uscita in una modalità non in linea con lo stile del coach e della società stessa. Forse uno sfogo dell'allenatore fiorentino? Tra le altre cose annunciando di aver avuto importanti offerte, non solo in Italia e che sta studiando l'inglese. Un preludio ad un saluto a fine anno o un monito a chi di dovere? Ovviamente certi "segreti da spogliatoio" non si sapranno mai.

Il calcio nostrano ha la necessità di chiarire a chi compete la gestione di una squadra di calcio. Se l'allenatore deve essere un semplice tecnico che lavora sul materiale umano che la società gli mette a disposizione o un team manager a tutti gli effetti. Nel primo caso avremmo sicuramente una figura adatta ad una certa visione del calcio, contratti brevi e frequenti cambi di direzione tecnica (stile Zamparini per intenderci).
Nell'altro caso ci si trova di fronte a gestioni più strutturate e longeve (stile Alex Ferguson per 27 anni alla guida del Manchester Utd) e con la volontà di impostare un rapporto di guida "aziendalistica" e manageriale della squadra, creando nuovo valore da calciatori cresciuti in un progetto di gioco. Su tutti l'esempio di Gian Piero Gasperini e l'Atalanta, capace di arrivare in tre anni nel calcio cehe conta, nel gran galà della Champions League.