Se si dovesse partire per un viaggio immaginario nell'Italia del pallone, si dovrebbe decidere quale percorso seguire.
Sono decine le città da visitare, ognuna dotata di impianti sportivi in cui si riversa ogni settimana una gran parte di pubblico e di fan accaniti per sostenere la propria squadra. Ci sarebbe il tour delle squadre dilettanti che meriterebbe un articola a parte, dove troveremmo strutture con un recinto in rete e paletti di sostegno affiancati a stadi anche da 20.000 posti in cui si perdono le voci dei tifosi. Ci sarebbe il tour dei team professionistici cadetti in cui ci si potrebbe trovare al cospetto di stadi scalcinati e della metà del secolo scorso. Ma in questo articolo tratteremo per comodità solo la serie A del calcio.

20 squadre iscritte al campionato principale del calcio in Italia, 17 stadi in tutto lo stivale, alcuni recentemente costruiti (4 di cui Cagliari che presto avrà una nuova sede), alcuni recentemente ristrutturati (3 tra cui Ferrara e Bergamo in sistemazione), altri vecchi (5), molti fatiscenti (5). Nuovi progetti per le principali città come Milano e Roma con aspetti in via di sistemazione, forse Napoli ma chissà. In ogni caso ad oggi, considerando strutture moderne e accettabili dal punto di vista della fruibilità, degli impianti, dei servizi e di tutti gli aspetti necessari a garantire al popolo sportivo uno spettacolo soddisfacente e sicuro, solo parte di quelli nuovi o meglio ristrutturati, la conta si ferma sulle dita di una mano. Troppo pochi per un paese che ha come economia trainante quella del pallone.

Eppure bisognerebbe analizzare i motivi per cui il grande movimento di capitali, immensi se si pensa ai numeri, che vengono investiti in questo campo, non vengano spesi per le infrastrutture necessarie al godimento di uno spettacolo sempre più amato dagli spettatori.

Lo stile americano insegna che impianti di questo genere vengono costruiti con i concetti di "città dello spettacolo" con spazi dedicati allo sport, agli spettacoli di complemento, ai centri commerciali, luoghi in cui non si acquista solo il momento sportivo ma tutta una serie di interessi che ruotano intorno all'evento stesso. Ecco quindi che la partita di calcio diventa momento di aggregazione con amici, famiglie, nell'ottica della condivisione di passioni e istanti di serenità. Oltre a tutto ciò si potrebbe vedere anche il vantaggio della particolare concentrazione di spazio di concentrazione sociale che renderebbe più facile il controllo a tutti gli organi preposti: sicurezza, viabilità, ecc.

Quali sono i progetti in corso? Come detto solo Torino ha due impianti nuovi, di cui solo uno con le caratteristiche appena descritte e lo stesso vale per Sassuolo e Cagliari (almeno fino al nuovo stadio vicino al mare). Milano si sta muovendo ma ancora non sono chiari i dettagli del progetto, Roma vive di tentativi più o meno politici, Napoli come detto è ancora nel limbo. Ma rimangono Genova e Firenze, per le città storiche di A, che sono ferme al nulla di nuovo, poi Bologna con Saputo che ha presentato un progetto ma di sola ristrutturazione, Ferrara che ha nuovi problemi pare solo di forma normativa, Bergamo in ristrutturazione importante, Udine con uno stadio bellissimo ma senza strutture di complemento. Gli altri stadi di Brescia, Parma, Verona e Lecce sarebbero da ristrutturare.

Occorrerebbe una legge, un organo di controllo e coordinamento, occorrerebbe che il calcio non vivesse più in quel limbo, un pò figlio e un pò no del Coni, un pò signore e in alcuni casi un pò cafone. Servirebbe attenzione, se veramente la si vuol dare senza proclamazioni e parole vane, allo sport per eccellenza in Italia.
Quell'eccellenza che è parte trainante dell'economia come è stato detto.