C’era un volta un calcio fatto di bandiere, di calciatori che legavano la propria carriera ad una squadra, firmando contratti in bianco come Del Piero, Javier Zanetti, Totti e Maldini. Questa era la strategia che spesso adottava l’allora presidentissimo della Juventus Giampiero Boniperti. Calciatori che "giocavano per un tozzo di pane", per il piacere di giocare ad un meraviglioso sport come il calcio.

Tutto questo adesso è cambiato: il calcio è in gravissima sofferenza economica, a causa dell'emergenza Covid che ha diminuito le vendite dei biglietti al botteghino e conseguentemente anche i mancati introiti derivanti dalle sponsorizzazioni. Questo è un problema per i presidenti delle società che prima hanno investito e che adesso cercano di avere un ritorno economico dei loro sforzi. In questo si aggiunga anche l'arrivismo dei giocatori che percepiscono stipendi faraonici e l'ingordigia dei loro procuratori. Tutto ormai gira intorno alle loro figure, alle ingenti somme delle commissioni che percepiscono per ogni mossa dei loro assistiti, alle cifre astronomiche che richiedono per ottenere i rinnovi dei contratti con il club di appartenenza oppure per traghettarli verso altri lidi qualora non dovessero rientrare nei piani tattici degli allenatori. La domanda sorge spontanea: come trovare un punto di equilibrio a questa condizione? Come diminuire il potere in mano ai procuratori ed ai giocatori e tornare ai vecchi tempi? Beh, la soluzione non è facile da trovare. La maggior parte dei calciatori di oggi, già quando segnano il primo goal, quando addirittura esordiscono in Serie A è come se si sentissero arrivati e pretendono sempre più soldi dalle società di appartenenza, pena il trasferimento. Il caso emblematico di quest’anno è senza dubbio quello dell’ex portiere del Milan Gianluigi Donnarumma, attualmente in forza al Paris Saint Germain, che ha deciso di lasciare i rossoneri per uno stipendio più alto, di tradire un club importante, che gli ha dato l’opportunità di esordire in A e di crescere, diventando campione d’Europa con l’Italia solo per guadagnare di più, rinunciando alla gloriosa maglia del Milan ed all’amore viscerale dei tifosi che lo consideravano come un beniamino, come il loro prossimo capitano. Tutto ciò, su input del suo potente procuratore Mino Raiola. E questo non è l'unico caso: ormai, non esiste più il calcio dell’attaccamento alla maglia, ma solo quello dell’attaccamento ai soldi.
Come si può raggiungere un equilibrio e fare in modo che questa situazione non degeneri? Le soluzioni che potrebbero essere messe in atto per cercare di risolvere queste problematiche dovrebbero essere quelle di porre dei limiti sia alle squadre per quanto riguarda gli ingaggi dei calciatori, ormai troppo esagerati, sia mettendo a freno le potenti commissioni richieste dagli agenti per far spostare o meno i loro assistiti. Ci vorrebbe piú rigore, più attenzione nei controlli per quanto riguarda il fair play finanziario certe volte tirato in ballo, ma spesso raggirato.
Come può una squadra come il Paris Saint Germain spendere quattrocento milioni di euro in un solo mercato ed offrire un sacco di soldi di ingaggio ad ogni calciatore? Non dovrebbe essere possibile trovare delle scorciatoie per aggirare le limitazioni poste, invece queste si trovano facilmente, complice l'assenza di un un organo di vigilanza. Un organo pronto a condannare chi trasgredisce, pronto a porre paletti sulle operazioni di compravendite dei calciatori. La situazione nella quale ormai siamo dentro ha infatti portato ad un incremento sostanzioso delle valutazioni e degli ingaggi, ad un esborso economico sempre più consistente per strappare i campioni dalle loro squadre. A che pro? Quasi tutti hanno debiti, non riescono a pagare e sono costretti a rivedere al ribasso tutti gli accordi presi precedentemente. Poche sono le squadre virtuose, come il Milan che offre una determinata cifra per il rinnovo di un suo campione e che non ricorre ad accordi sottobanco. Servirebbe anche un po’ più di programmazione da parte dei direttori sportivi. Questi non devono farsi mettere sotto dai procuratori, non devono accontentarli in tutto e per tutto per forza. Nel calcio, infatti ci sono persone legate solo ai soldi e persone che guardano oltre: all’attaccamento alla maglia, all’attaccamento morboso verso un posto anziché un altro, all’attaccamento verso un ambiente che ti regala emozioni e non solo soldi. È questo che si deve cercare di fare. Ne va del futuro di uno sport straordinario, che sempre più sta perdendo la propria identità, a causa di alcuni personaggi che vi sono dentro.