Sono ormai passate più di 24 ore dalla fine della partita che ha sancito, per la seconda volta consecutiva, l'esclusione della nazionale italiana dai mondiali. E l'amarezza non accenna a diminuire. A quattro anni di distanza sembra non sia cambiato nulla. Oggi come allora non siamo riusciti a vincere il girone di qualificazione diretta e non ci resta che sperare nei ripescaggi tramite i playoff, sempre più cervellotici, di marzo. Tra l'altro con il rischio di pescare nuovamente la "bestia nera" Svezia che non sembra neanche essere l'opportunità peggiore vista la presenza tra le squadre in corsa del Portogallo di CR7 e della Polonia di Lewandoski. La cocente delusione del momento rischia anche di farci essere ingiusti verso un c.t. e dei giocatori che solo 4 mesi fa ci portavano sul tetto d'Europa, al culmine di un cammino partito dalle qualificazioni, passato attraverso la Nations League e terminato a Wembley, che ci aveva visto giocare un bel calcio, sempre propositivo e mai rinunciatario contro qualsiasi avversario, magari soffrendo ma senza mai sfigurare. Una squadra arrivata a 15 vittorie e 37 risultati utili consecutivi. Risultati del genere non arrivano solo per fortuna. Chi dice che sono arrivati contro squadre modeste non tiene conto che sono gli stessi avversari modesti che adesso ci mettono in difficoltà. Eppure, anche per tutti questi motivi, l'esclusione fa ancora più male. Anche perché la Svizzera non può essere certamente paragonata alla Spagna che 4 anni fa ci estromise da Russia 2018. Magari non più le "Furie Rosse" capaci di vincere tutto tra il 2008 e il 2012, ma pur sempre una nazionale di tutto rispetto. Qualcosa di sbagliato nel post-europeo dev'esserci stato. Forse l'eccessiva riconoscenza del mister nei confronti degli uomini riusciti a centrare l'impresa tra giugno e luglio scorso? Nonostante l'evidente calo di forma di alcuni di loro? A occhio e croce direi di sì se vediamo i giocatori convocati e impiegati negli ultimi incontri. Praticamente tutti quelli della spedizione europea, con poche eccezioni (dovute più che altro agli infortuni) e quasi mai mandati in campo con minutaggio significativo. Il Mancio, che passa per un c.t. attento ai giovani per aver convocato Zaniolo che ancora non aveva debuttato in serie A, in realtà non sembra impiegarne poi molti. Se ha tutti gli uomini a disposizione le sue scelte si orientano sempre sugli uomini più esperti.
Fatta eccezione per Donnarumma tra i pali, la difesa è ancora affidata al duo Bonucci-Chiellini (71 anni in due), con i loro inevitabili acciacchi e logici scadimenti di forma, con Acerbi (33 anni) prima alternativa e solo le briciole per Mancini (96) e Bastoni (99). Sulla fascia destra si alternano Florenzi (91) e Di Lorenzo (93), mentre a sinistra Spinazzola (93) e Emerson (94). Pochissimo spazio per Calabria (96) che ormai da un paio di anni si segnala come uno tra i migliori terzini della serie A, nel sempre più convincente Milan di Pioli. A centrocampo regnano incontrastati Jorginho (91) e Verratti (92), con al loro fianco Barella (97), il più giovane tra i sicuri titolari della nazionale (e a quasi 25 anni fa già ridere definirlo giovane), che lasciano pochissimo spazio a Locatelli (98), Pellegrini (96), Tonali (2000) e Pessina (97). L'attacco, che è un problema abbastanza evidente, vede come unico punto fermo Insigne (91) con Chiesa (97) che solo all'Europeo ha vinto la concorrenza di Berardi (94) e con il ruolo di centravanti in ballottaggio tra Immobile (90) e Belotti (93), in attesa di Zaniolo (99) ormai più in infermeria che in campo e di Kean (2000), sperando che inizi a dedicarsi più al campo e meno all'acconciatura e ai balletti per le esultanze. Insomma, una squadra per niente giovane. Si potrebbe obiettare che i giovani non giocano molto nei rispettivi club di appartenenza, cosa verissima per carità, ma se neanche in emergenza come contro l'Irlanda del Nord (senza Immobile e con un Belotti francamente impresentabile) si rischia affidandosi ai ragazzi allora deve essere anche un problema di mentalità. Ieri sera a Belfast l'Italia doveva vincere e anche con diversi gol di scarto per stare sicura. Ebbene, piuttosto che affidarsi a Scammacca o Raspadori (ma non doveva essere lo Schillaci dell'ultimo europeo?). Il mister ha preferito affidarsi al falso 9 Insigne, contro una squadra chiusa a riccio con una difesa a 5 e 10 uomini sotto la linea della palla, che per di più non aveva subito alcuna rete nelle precedenti gare casalinghe del girone. Probabilmente i due ragazzi del Sassuolo non sarebbero riusciti ad evitare la beffa, ma se non si provano in un tale contesto allora quando? Luis Enrique è stato capace di lanciare titolare Gavi (2004, potrebbe essere figlio di Bonucci e Chiellini) in semifinale di Nations League proprio contro di noi, ricavandone una prestazione sontuosa da parte del ragazzino che aveva giocato meno di 300 minuti da professionista al Barca. Cosa che aveva già fatto con Pedri e ancora prima con Ansu Fati (entrambi 2002). Saranno tutti fenomeni loro non c'è dubbio, ma possibile che da noi non ne esca mai uno?

Non tutto è perduto, visto che c'è ancora la roulette russa dei playoff per poterci qualificare alla manifestazione del Qatar del prossimo novembre ma per riuscirci Mancini deve mettere da parte la gratitudine e seguire un po'di più le indicazioni del campionato affidandosi ai giocatori più in forma del momento anche se non sono più giovanissimi o appartenenti a squadre non di prima fascia. In questo campionato infatti si stanno segnalando alcuni giocatori che potrebbero essere utili alla nazionale. Penso a Dimarco dell'Inter (un'arma anche per i calci piazzati), Cataldi della Lazio, Zappacosta dell'Atalanta (una freccia sia a destra che a sinistra), Pobega del Torino (a proposito di convocati non utilizzati), Frattesi del Sassuolo, Saponara, rinato con Italiano a Firenze, Soriano sempre tra i migliori al Bologna, Caprari e Pinamonti che sembrano aver trovato continuità di rendimento a Verona e Empoli. Ovviamente sperando che gli eroi di Wembley recuperino dai loro infortuni e si presentino a fine marzo in ottima forma.
Dai Mancio, ce la possiamo ancora fare!