Se qualcuno pensa che la fine della più lunga striscia di scudetti consecutivi della storia della Serie A sia avvenuta ieri sera oppure in data 25 aprile con la matematica rinuncia al titolo, è gravemente in errore. La fine di questo ciclo, che sembrava inarrestabile, è datata sabato 29.09.2018. In quella che per me è stata una data importante, in cui mi sposavo con l'altra signora del mio cuore (la prima, altrimenti si offende) era anche il giorno in cui si affrontavano la Juventus (la seconda Signora del mio cuore) e il Napoli. Non potendo seguire la partita, barcamenandomi tra i tavoli degli invitati e i mal sopportati balli di gruppo, rimanevo aggiornato grazie ad amici e parenti che mi informavano in tempo reale. Così, al termine della partita finita 3-1 per la Juve, la giornata di festa era per me completa. In serata però venni a sapere che, nelle interviste post partita, Beppe Marotta aveva dato l'annuncio che al termine del suo contratto, da lì a un mese circa, il suo rapporto con la Juve si sarebbe chiuso definitivamente. Ma come? Non rinnovano il contratto all'amministratore delegato che ci ha dato tante soddisfazioni, artefice degli acquisti di Barzagli, Pirlo, Pogba, Evra, Llorente, Khedira, Vidal e Tevez a zero o per pochi spiccioli. E per quale motivo? Ricambio generazionale la versione ufficiale.
Ecco, quello è l'inizio della fine.
Da lì in avanti il presidente Agnelli è stato capace di prendere una serie di decisioni scellerate che hanno portato la squadra al punto attuale. Subito a ruota, la promozione del duo Paratici-Nedved a responsabili dell'area tecnica. I due geni capaci di convincere Agnelli che per trionfare in Europa fosse necessario cambiare la guida tecnica perché altrimenti, con il calcio difensivo di Allegri, la champions non sarebbe mai giunta. Quindi, saluti al tecnico che in 5 anni aveva portato in bacheca 5 scudetti, 4 coppe Italia 2 supercoppe Italiane e centrato 2 finali di champions perse contro i mostri. E per sostituirlo con chi? Qui Agnelli torna a metterci del suo, sbagliando in prima persona. Sì perché Nedved ha una mezza idea buona, quella di richiamare l'ex Antonio Conte disposto a mettere da parte i rancori e le incomprensioni del passato per tornare a Torino. Ma il presidente pone il veto. Le parole e le dimissioni di Conte del 2014 lui se l'è legate al dito. Per lui non c'è possibilità di riappacificazione. Quindi Conte si accorda con l'Inter, dove nel frattempo è andato anche Marotta, a ridare competitività ad una squadra in difficoltà da circa 8 anni, portandola in trionfo. E per la Juve chi sceglie? Chi se non Maurizio Sarri, il più acerrimo nemico dei bianconeri, non solo sul campo ma anche fuori con le sue dichiarazioni contro il palazzo, le maglie a strisce e gli scudetti persi in albergo. Ma il Che Guevara della panchina ci mette tutto il suo impegno e, nonostante il fatto che la squadra lo prenda subito in antipatia e sia incapace di eseguire le sue idee di gioco, porta a casa il nono scudetto consecutivo, seppur a fatica, una finale di coppa Italia persa ai rigori ed esce dalla champions agli ottavi contro il modesto Lione ma solo per la rete in trasferta dei francesi e dopo aver dominato il girone precedente. Il tutto in una stagione condizionata dal covid e con una squadra inadeguata alle sue idee di gioco.
Ma neanche questo basta all'infallibile trio che ancora una volta giudica la stagione insufficiente e opta per l'esonero del mister partorendo l'ennesima idea geniale. Alla guida di una squadra già in difficoltà, con alcuni giocatori alla prima esperienza in una big e senza la possibilità di fare amichevoli di preparazione precampionato, decidono di mettere un ex calciatore senza alcuna esperienza in panchina. Ma proprio nessuna. Né nelle giovanili né da secondo di un altro allenatore, con i risultati che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Per questo è giunto il momento che questa dirigenza tolga il disturbo.

È vero che dopo anni di successi è normalissimo toppare un'annata, ma tante sciocchezze infilate una dietro l'altra possono significare solo che il ciclo è finito anche per la dirigenza.