Il giovedì europeo regala il secondo successo di fila e nella competizione ai giallorossi, ora a 6 punti, come prevedibile gli stessi dello Slavia Praga, addirittura vincente per 6-0 contro lo Sheriff, già battuto proprio dalla Roma nella prima giornata di coppa. Il livello del gruppo G era ben chiaro sin dai sorteggi, ma i risultati conseguiti da Roma e Slavia hanno certificato che il discorso qualificazione è pura formalità: resta da decidere la prima piazza, obiettivo che gli uomini di Mourinho hanno il dovere di conseguire per evitare il fastidioso playoff con una terza di Champions, match che nasconde sempre insidie, oltre ad essere un ulteriore doppio impegno di cui si fa volentieri a meno. Nonostante i ritmi blandi della prima frazione e un pastrocchio da brividi tra Mancini e Cristante in apertura, la gara non è mai in discussione, controllata perfettamente dalla compagine capitolina e messa in ghiaccio già al 21°, grazie alla rete di Lukaku, la tredicesima di fila per lui nella competizione.
E’ chiaro che Romelu è l’uomo del momento, ma la scena nella serata è tutta di Belotti, autore di una splendida doppietta e fautore anche della prima segnatura: suo infatti, il recupero palla che dà il via all’azione del vantaggio romanista.
Ottima prova anche per Celik, schierato nel ruolo naturale di terzino sinistro, si mette in evidenza per una buona corsa - favorito anche dal ritmo tutt’altro serrato della contesa - e sopratutto per gli assist vincenti serviti rispettivamente a Lukaku e a Pellegrini, quest’ultimo autore del momentaneo 3-0 con un bel tocco al volo a coronamento di un’azione magnifica della Roma.
Sfortunato poi il capitano romanista, subentrato nel corso della ripresa e costretto al forfait dopo una manciata di minuti, minuti in cui ha fatto in tempo a mettere il nome sul tabellino e a servire la palla del 4-0 a Belotti, diventando il testimonial ufficiale del “non importa quanto, ma come”. Proprio quando sembrava tornare in buona forma, ecco che l’ennesimo intoppo muscolare ci priva di un giocatore che ha dalla sua giocate importanti, purtroppo poche volte in condizione di mostrarsi per quanto valga realmente. Fatalità questa, che lega Pellegrini a svariati elementi della rosa giallorossa, purtroppo, soprattutto per questo motivo, spesso non all’altezza delle aspettative che naturalmente si creano quando sfogliando i nomi ci si rende conto del livello che potrebbe avere questa squadra, se solo non vivesse costantemente con la spada di damocle degli infortuni.
L’uscita di Pellegrini, se non altro ha fatto sì che il giovane Pagano si guadagnasse una mezz’ora abbondante di gioco, nella quale si è proposto bene sia nella manovra che quale possibile marcatore: il numero 60, desideroso di mettersi in mostra dinanzi al suo pubblico, ha cercato la rete in occasione di una prima respinta del portiere su tiro di El Shaarawy, trovando a sua volta l’opposizione dell’estremo difensore ospite, bravo in più di una circostanza ad evitare che i suoi sprofondassero in una disfatta oltremodo impietosa.

A rendere ancora più dolce la serata ai romanisti, l’esordio di Francesco D’Alessio, cresciuto con la lupa sul cuore sin da bambino: a fine partita, Jose Mourinho si è soffermato su questo aspetto, lasciando spazio al giovane di parlare ai giornalisti, e mostrando ancora una volta che il lato umano non è secondo alla caratura del tecnico:
Durante l’allenamento D’Alessio mi ha raccontato che quando aveva 7,8,9 anni veniva fuori Trigoria per vedere gli allenamenti e nessun allenatore gli aveva mai aperto. Così sono andato ad aprire i cancelli per lasciare entrare i bambini a Trigoria quel giorno. Francesco ne fu molto felice. Ora lui è qui, gioca nella Roma, in Europa League, all’Olimpico davanti a quanti… 50mila? 60 mila spettatori, tra cui i suoi familiari: complimenti!

Parole che non hanno lasciato indifferente il giovane calciatore, palesemente emozionato per le belle parole dell’allenatore e in generale per quanto accaduto solo pochi minuti prima. Appena entrato in campo, lo si vedeva cercare ossessivamente il “primo pallone ufficiale”, quello che per certi versi avrebbe reso reale il sogno di una vita, ovvero toccare anche solo una volta la sfera in una presenza “vera”, con la maglia della propria squadra del cuore: che bellezza!

Se i destinati all’esordio alla vigilia sembravano essere Mannini e Joao Costa, niente di più bello che vedere un ragazzino nato e cresciuto nella capitale, mettere piede nello stadio del cuore, l’ennesimo di una catena praticamente ininterrotta, che passa da Giannini a Totti, da De Rossi a Florenzi, Pellegrini, Bove e…D’Alessio. D’altronde, che il settore giovanile della Roma sia fucina inesorabile di talenti che si affermano a vario titolo nei campionati maggiori, è un fatto conclamato dalla storia. Se vogliamo, la differenza rispetto a periodi più o meno recenti, è che con Mourinho al timone sono sempre di più i giovanissimi che fanno spola tra primavera e professionismo. Il livello non altissimo della Roma rispetto a compagini allenate da Mou in passato, sicuramente rende questo compito più facile, ma se si va a ritroso nella storia dell’allenatore portoghese, ci si rende conto che si è sempre comportato in questo modo, al di la del valore degli uomini a disposizione. In fondo, cosa c’è di più gratificante per un allenatore, se non affermare “questo qua l’ho lanciato io, l’ho “fatto” io”, è grazie a me - oltre chiaramente al talento, la professionalità e altri fattori fondanti - che si è affacciato nel calcio che conta? Immagino che sia tra le motivazioni più forti che spingono un tecnico a continuare in un lavoro che impegna a tempo pieno, al punto da penalizzare - non poco - anche gli affetti personali. L'emozione di D'Alessio, per un uomo di sport, è lo sport stesso, e Mourinho adora vivere del trasporto emotivo che passa e gli passa la gente intorno. Non è un caso che a Roma stia così bene.

Messo alle spalle il primo impegno settimanale, adesso si vola alla volta di Cagliari.
Il “nostro” Claudio Ranieri, guida una formazione in grande difficoltà di classifica, avendo raccolto solo due punti in questa prima parte di stagione. Dopo aver conquistato una promozione ai limiti dell’impossibile imponendosi man mano fino a mettersi dietro tutti, persino un Bari che pareva lanciatissimo verso la serie A, gli investimenti fatti per tenersi stretta la categoria, non sembrano essere all’altezza del difficile compito: Shomurodov e Petagna, per quanto calciatori abituati alla serie A, non portano in dote “sostanza”, quel numero di gol assolutamente necessario per mettere in cascina i fatidici 40 punti. Ad accompagnare il duo di neo-arrivati, c’è il velocissimo Luvumbo: l’angolano ha messo a segno già 2 gol, purtroppo in entrambi i casi, buoni solo per le statistiche del calciatore in questione: il primo, Zito l’ha realizzato al Dall’Ara, contro il Bologna, vedendosi poi ribaltare dal team guidato da Motta, vittorioso per 2-1; il secondo, molto bello, Luvumbo l’ha segnato contro il Milan, che manco a dirlo, si è poi imposto sugli isolani per 3-1. Vuoi vedere che il terzo…

Eh no eh! Zito! No! Ti auguro che il prossimo valga tre punti, ma stringiamoci la mano, e facciamo che sia dalla prossima! Sarà d’accordo anche Ranieri, che di certo non vorrà fare un torto proprio alla squadra del suo cuore. Alla domanda "sei ancora tifoso della Roma?" Ranieri ha risposto così: "Beh, il bambino che è dentro di me lo è sempre. Non l'ho mai nascosto e mai lo nasconderò. Poi sono un professionista e faccio il lavoro per le squadre che alleno, devo ammettere che sono ugualmente tifoso del Cagliari. Il Cagliari è la squadra del cuore dell'io allenatore."

L'ultima parte, cancella eventuali polemiche. Scherzi a parte, vincere nel “continente” come amano chiamare la Sardegna gli abitanti dell’isola, non è mai stato semplice, e per lo stesso Ranieri, questa potrebbe anche rivelarsi un’ultima spiaggia, perché questo mondo dimentica in fretta, e il tecnico testaccino, esonerato dopo aver vinto il campionato più incredibile della storia del calcio, lo sa benissimo. A Claudione, non possiamo che augurare ogni bene, e il “casteddu” se lo tenga stretto un uomo così! Un uomo autentico, che emoziona, se non per un gioco da strabuzzare gli occhi, per la passione, il fuoco che arde nel cuore di chi ama ciò che fa, di chi mette anima e corpo a disposizione della squadra che allena, non risparmiandosi in nessun caso.
Non lo farà domenica contro la sua Roma, e i romanisti che popoleranno il settore ospiti, come sempre, gli tributeranno il pieno d'amore e romanismo che merita "il bambino" che vive dentro il professionista, quel bambino che rivive negli occhi del... bambino D'Alessio, ai suoi primi passi nel calcio che conta.

Mettendo da parte i sentimentalismi, ulteriori passi falsi non sono contemplati: arrivare alla seconda sosta con appena undici punti, che per intenderci, è meno di quanto raccolto dal Lecce, è veramente inaccettabile, ma quel che è fatto non si può cambiare, il presente invece, è nelle nostre mani, e tornare nella capitale con i tre punti è di importanza cruciale. L’infortunio di Pellegrini, in un certo senso obbliga Mourinho ad affidarsi ad Aouar in mediana, e considerando che ieri gli ha concesso solo un tempo - a ragion veduta visto che il franco-algerino è sembrato compassato, molle, senza ritmo - diventa difficile pensare che in questo momento sia una prima scelta nelle idee del lusitano: e se fosse proprio Pagano a partire dal 1’? Non ci credo molto, sarebbe una bocciatura troppo pesante per l’ex Lione, anche se Josè non è uno che guarda ai nomi, ma al bene comune. Aouar comunque, resta un giocatore importante, e nelle prime gare sembrava persino imprescindibile nel gioco giallorosso, per cui in un modo o nell’altro bisogna fare in modo che sia un fattore in questa Roma, soprattutto lui, deve fare in modo di esserlo, perché come detto dall’allenatore nelle interviste post gara “non saremo noi ad andare verso Aouar, è lui che deve venire verso di noi”, facendo capire che il centrocampista non è ancora ben inserito nei meccanismi del 3-5-2 o 3-4-2-1 con cui notoriamente si schierano i lupacchiotti. Un riposato Dybala, la dirompenza di Bove e un Paredes che invece pare sempre più dentro al gioco della Roma, saranno le ancore a cui si potrà poggiare Houssem e con lui la Roma tutta, purtroppo ancora orfana di Smalling e di conseguenza di Cristante, costretto anche a Cagliari a sistemarsi in mezzo alla difesa. In tal senso, la sosta per la Roma arriva al momento giusto: l’ultimo sforzo, poi sarà tempo di nazionali, e nel frattempo si spera che Pellegrini, Sanches, Smalling e magari anche Llorente, riescano a trovare definitivamente “pace” e una condizione che non ne faccia dei perenni protagonisti dell’infermeria. 
Alla prossima branco.

Forza Roma Sempre!
Brancoromanista