Innanzitutto quella di Morata non la definirei terza scelta. Oggi si usa molto nel calcio la parola "progetto", spesso anche abusandone.
Stavolta la uso anch'io, per spiegarmi i motivi per cui si è passati, nella ricerca del centravanti da affiancare a Ronaldo, da Dzeko a Suarez, per ritornare sul bosniaco e finire su Morata.

Il primo progetto di gioco di Pirlo prevedeva Dzeko punta inamovibile insieme alla stella portoghese, e tutto il resto a girargli intorno. All'improvviso dalle macerie catalogne spunta l'opportunità Suarez: avrebbe sicuramente incrementato esponenzialmente la caratura offensiva, soprattutto in campo europeo, che è quello che conta in questo momento alla Juve. L'incameramento avrebbe avuto l'effetto di scorie radioattive legate al rapporto con Ronaldo, ma Luis era abituato a dialogare con campioni di quel calibro e anche dalle caratteristiche simili a quelle di Dybala. Sarebbe stato un incastro notevole, qualora fosse riuscito.
La fretta fu cattiva consigliera. Neanche ci si poteva aspettare, però, il dipanarsi dell'impasse sull'asse Roma-Napoli, per cui alla fine la scelta è ricaduta sull'alternativa al progetto iniziale, che definiremo con la Formula: E=mc2.

Il progetto abbracciato è una delle più famose equazioni della Fisica: Edin (E) Dzeko è uguale a Morata (m) moltiplicato Chiesa (c), al quadrato delle sue possibilità.
Non più l'ariete buono che scardina le difese, lo scudiero che permette poi al Condottiero di irrompere e realizzare, piuttosto una masnada di folletti danzanti nell'area avversaria. Sì perchè è possibile aggiungere Dybala e Kulusevski, nonchè Ramsey, per un attacco che può prevedere Chiesa esterno, Morata centravanti di manovra, come si diceva un tempo, Kulusevski o Ramsey di raccordo e Dybala e Ronaldo gli altri rebbi del tridente.
Modulo pretenzioso, che non si preoccupa del tallone d'achille mostrato nella partita contro la Roma, cioè la prevenzione delle ripartenze avversarie, allorquando il dispositivo difensivo traballava a più non posso rispetto ai traccianti orchestrati dai ragazzi di Fonseca.
Eppure questo traspare nelle intenzioni, confidando forse il Maestro nella disponibilità al sacrificio di almeno tre dei folletti citati, in modo direttamente proporzionale alla consapevolezza delle proprie capacità d'insegnamento.
Chiesa, Morata e Kulusevki, ma anche il Ramsey delle prime apparizioni, mostrano caratteristiche dinamiche e duttilità, mentre il centrocampo a due non prescinde dalla corsa e l'atletismo, quelli che possono benissimo infondere i vari Bentancour, McKennie, Rabiot e Arthur. Insomma, gli ingredienti ci sono per vedere una Juve veloce e aggressiva. La ricetta prevede anche però le giuste dosi, onde evitare pietanze solo teoriche.

Difesa alta, scivolamento dei terzini, aggressività nel recupero palla, pletoricità di uomini offensivi, un campione di realizzatura, sono tutti elementi che fanno pensare a squadre mitiche di altri tempi, dall'Ajax di Cruijff al Barca di Guardiola, ma anche l'ultimo Bayern vittorioso, dal collettivo monstre. Ma tutto questo si riuscirà a vedere nel rettangolo vero di gioco, quello profumato d'erba?

Parecchi cominciano a essere gli scettici, nonostante Pirlo fosse molto accreditato nell'ambiente. Del resto la formula appartiene alla branca della relatività, per cui ogni situazione è valutabile rispetto all'osservatore.
C'è chi punta sul rinnovato entusiasmo del gruppo, liberatosi dalla cappa di tristezza che induceva la presenza di Sarri, il quale non si è mai completamente amalgamato con un ambiente di cui era stato fiero avversario.
In realtà la mancanza di esperienza nel ruolo del nuovo allenatore, benchè incastonato nel "Jgroup" come un diamante sull'anello, solleva perplessità legittime relative alla tenuta nella continuità di risultati, foriera di entusiasmi e leggerezza, le armi migliori da mettere in cascina e da utilizzare per parare i momenti di crisi.

L'impressione è quindi una nemesi dagli esiti estremi: sfacelo subito, con Pirlo senza panettone, oppure azioni alle stelle, con gli ingranaggi che pian piano si oleano a dovere.
COVID-19 permettendo.