Tutto finì all'alba dei festeggiamenti per il 29° Scudetto 2005/2006 in quel di Bari, poi vilipeso dall'accaparramento interista successivamente alla vicenda Calciopoli.

Fiumi di parole ed epiteti per celebrare la gogna dei Tre Moschettieri Giraudo, Moggi, Bettega, messi a nudo dalle intercettazioni che portarono alla condanna in B della titolata Juventus. Non si è mai fatta piena luce sulla vicenda, addirittura si è paventato che è stata proprio la proprietà a tramare contro i suoi amministratori per invidia, anche se l'intrigo coinvolse l'Inter per le procurate intercettazioni e il Milan per la gang degli Assistenti di Linea (Meani?).

Moggi rivendica ancora l'innocenza di chi doveva difendersi dal sistema primeggiando, un po' come Craxi qualche anno prima, l'Inter prende le distanze dalle accuse a Facchetti Presidente e dalla prescrizione, gli juventini reclamano lo Scudetto Cartonato Nerazzurro (37 sul Campo): evviva la giustizia sportiva!

Ma era una Juve granitica. Fuori e dentro il Campo da Gioco. Scremando dal limo delle accuse, pure millantate, molto può essere ricavato e sintetizzato in due punti fondamentali:
l’organizzazione economico-finanziaria di bilancio;
la qualità tecnico-agonistica in campo.

In un contesto in cui vigeva il mecenatismo dei Moratti e dei Berlusconi, per fare due dei nomi più illustri, la Triade seppe opporre l’oculata gestione della compravendita dei giocatori, allestendo rose di primordine che Mr. Lippi e poi Capello avrebbero condotto con la sapienza dei migliori dell’epoca. Adesso rientra nella normalità, ma in Italia ha fatto da battistrada. Basti l’esempio di Zidane nel 2001, venduto a cifre record per ricomprare i vari Buffon, Nedved, Thuram, i vincenti di poi.

Lo Stadio. Naturalmente i ben informati ostentano la congiuntura favorevole, alludendo a procurata, che ha permesso di bypassare certi paletti burocratici, gli stessi che impediscono attualmente a parecchie Società italiane di acquisire strutture in proprio. Ci sta, ma fatto sta che anche in questo caso “i Famigerati” ci sono arrivati lustri prima degli altri, portando in dono ai posteri quel gioiello inaugurato da Capitan Conte (lo resterà per sempre?), strapazzando un Parma inebetito.

E come non elogiare una squadra irraggiungibile per le rivali, che nel 2006 annoverava:
Buffon Chiellini Thuram Cannavaro Zambrotta Emerson Nedved Marchisio Camoranesi Del Piero Trezeguet e quei Vieira e Ibrahimovic, stelle con cui inaugurare le stagioni d’oro dei Mancini e dei Mourinho.

Un modello dirigenziale che Agnelli ha voluto sovrapporsi, eliminando certi rami per lui vetusti (Marotta), e affidandosi ai fidati e rampanti Fabio & Pavel. Con loro sta emulando le evoluzioni degli esimi predecessori, esasperando ma evolvendo diversi aspetti legati sia alla sfera economica, frustrata dall’ineffabile FFP, nonché trascinando il valore sportivo ai livelli massimi europei, per primeggiare coi Club di alto lignaggio spagnoli, tedeschi, francesi ed inglesi, soprattutto per merito di un fatturato possibile anche per il germe piantato dai “Germani”.


Ai posteri l’ardua sentenza. Per superare i vecchi, ai nuovi non rimane che rifarsi all’immarcescibile motto bianconero: ”Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta” e portare a casa l’Innominato, quel Trofeo che manca ormai da tantissimo, per cui sangue fu versato, e mettere così a tacere quel “Rumore dei Nemici” che aleggia, ma anche quello intestino dei sodali.