Dalla prossima stagione,la città di Verona, sarà l'unica piazza ad avere nei campionati professionistici tre squadre, una per categoria. 

Quest'anno abbiamo assistito a tre storie totalmente diverse tra loro, ma anche accumunate da un fattore: la passione. Non posso che non partire dalla squadra che in qualche modo rappresenta la città, e che sicuramente ha dalla sua parte un tifo sicuramente di categoria superiore. Parlo ovviamente dell'Hellas Verona, capace in questi anni di grandi stagioni in serie A, ma anche di fallimenti incredibili (basti pensare agli anni della serie C). Una dirigenza che é passata di mano in mano a persone passionali e che hanno dato tutto per la causa ( perfino la vita, rif. Arvedi), fino ad arrivare all'imprenditore emiliano Maurizio Setti, capace di riportare il Verona in serie A, ma anche capace di poca trasparenza e poco attaccamento alla maglia. Gli errori di Setti sono stati coperti da un campione, che ha sostenuto da solo ( sublime anche il lavoro di Mandorlini) tutto il peso della piazza, e che a suon di gol ha salvato il Verona nei primi anni del ritorno nella massima serie. Finita l'era Toni (ridicolo il ruolo da dirigente offertogli) sono venuti a galla tutti gli sbagli e tutta la voglia di guadagnare del "magnate" dell'abbigliamento, che ha saputo tirare a se solo disprezzo e diffidenza da parte della tifoseria, unica vincitrice quest'anno, e unico punto di riferimento di una città che dall'anno prossimo dovrà nuovamente contare solo sul Chievo per rimanere nell'olimpo del calcio. I nomi per la prossima stagione sono buoni e di ottima esperienza, ma ormai il rapporto con la piazza é totalmente inclinato e irrecuperabile e solo un cambio al vertice riporterebbe quell'entusiasmo, perso con le mancate risposte a semplici domande sul bilancio dell'Hellas Verona in questi anni. 

Fantantonio se lo aveva immaginato

Questa é stata la frase che in questi ultimi mesi é sulla bocca di tutti i tifosi e tutti gli appassionati, e che sta sicuramente destando discussione e scalpore. Credo sia aldifuori di ogni ragione pensare davvero che un giocatore possa abbandonare in quella maniera (ricordiamoci la sceneggiata degna di Dawson's Creek) la squadra, solo perché si era immaginato una retrocessione annunciata. Negli anni abbiamo ammirato il talento cristallino del barese, ma ne abbiamo anche criticato la fragilità mentale ,e a questo punto perfino psicologica. Credo ci sia sempre in limite, seppur sottile, ad ogni cosa e forse una salvezza anche all'ultima giornata del Verona, grazie al barese avrebbe avuto un sapore diverso che una fuga in quel modo.

Altra storia invece quella del Chievo, che se domenica manterrà la categoria (cosa assai probabile ) avrà fatto il suo ennesimo miracolo sportivo, con una punta quest'anno di thrilling nel finale. L'addio a Maran é solo figlio di qualche anno piuttosto anonimo sul mercato e dal punto di vista del vivaio, incapace di sfornare talenti (De Paoli a parte ). La grande esperienza di D'Anna e il ritorno ad essere uomini di qualche pezzo pregiato della squadra sono stati manna dal cielo in queste ultime tre partite e il futuro si potrà programmare con più serenità. La "piazza" che non crea alcuna pressione creerà un nuovo varco nel sistema cielo, ma attenzione a non commettere gli stessi errori, i quali stavano quest'anno per mettere in serie difficoltà il presidente Campedelli che dal punto di vista della passione e dell'attaccamento alla maglia, non deve invidiare nulla ai vari Berlusconi e Moratti.