Si è discusso tanto nelle ultime ore del ruolo di Zaniolo nella Roma di Mourinho. La vittoria a Genova con il talento giallorosso in panchina per 90 minuti, unita alle voci di un presunto diverbio col tecnico nella settimana di preparazione alla partita, ne hanno messo in discussione la posizione.  
Nelle interviste post-gara il tecnico portoghese ha parlato di una scelta puramente tecnica, e ha chiarito che già dal match di Conference di questo giovedì ci sarà nuovamente spazio per Zaniolo. Analizzando la disposizione della squadra capitolina a Marassi, è facile intuire il perché sia giusto dare credito alle parole dello Special One. 

La Roma, così dice il suo mister, è una squadra costruita per giocare con la difesa a 4, ma l’emergenza totale nel ruolo di terzino sinistro (assenti Spinazzola, Vina e Calafiori) ha fatto ricadere la scelta su un 3-4-1-2 abbastanza flessibile. In questo modulo per Zaniolo ci sono teoricamente quattro diverse caselle in cui posizionarsi, ma nessuna cucita su misura per il giocatore che è oggi. 
Vicino a Veretout per i freddi numeri, ma in realtà in verticale rispetto al francese, a centrocampo ha giocato Mkhitaryan, svolgendo un lavoro diligente in fase difensiva e di cucitura tra mediana e attacco in quella offensiva, aiutando la squadra nel palleggio e dando qualche strappo come in occasione del primo gol quando necessario. 
Il trequartista, Pellegrini, aveva un ruolo se possibile da interpretare in modo ancor più intelligente e riflessivo. Doveva aprire spazi per i compagni, proporsi in aiuto a Veretout e ai centrali in impostazione, occupare il centrodestra formando una catena che desse ampiezza al gioco con Karsdorp e Mancini e marcare a uomo il regista avversario, cioè Badelj.  

Zaniolo è un giocatore di corsa, strappi e il cui sacrificio difensivo da inizio stagione è encomiabile, ma per farlo rendere al meglio è necessario semplificare i suoi compiti e permettergli di giocare d’istinto e in spazi aperti, l’opposto di quanto fatto domenica dai centrocampisti della Roma. 
Discorso simile si può fare per il ruolo di quinto di sinistra, quello coperto da El Shaarawy. Il faraone è una scelta più pratica in quella posizione perché la conosce meglio, interpreta la fase difensiva con sapienza nelle letture e inoltre permette a Mourinho di avere almeno un uomo a piede invertito, quasi una necessità nel calcio moderno.  
Un’opzione da non scartare per il futuro sarebbe stata vedere Zaniolo da seconda punta, al posto di Shomurodov. L’uzbeko ha caratteristiche più consone a una partita giocata contro una squadra schierata e votata alla difesa come il primo Genoa di Sheva, e contro il Venezia il doppio centravanti aveva fatto vedere buone cose. In gare più aperte però, avvicinare l’ex-primavera dell’Inter alla porta e al centro del campo, mettendolo in condizione di fraseggiare più e meglio con Abraham e di guidare le transizioni senza dover partire da troppo indietro potrebbe rivelarsi una mossa vincente. 

Quanto detto fino ad ora non deve far credere che Zaniolo sia un lusso o un giocatore sacrificabile, in primis perché la Roma come detto è pensata dal suo allenatore per un modulo in cui Nicolò è un punto fermo. Soprattutto, non ci si deve dimenticare che il ragazzo viene da due anni in cui non ha praticamente mai giocato e questo ne condiziona non tanto la tenuta fisica ormai ritrovata, ma il livello di interpretazione e comprensione del gioco.  
Si sono riversate così tante aspettative su di lui che si tende a dimenticare che parliamo di un giovane di soli 22 anni che ha subito una frenata estremamente brusca nella sua curva di apprendimento. Mourinho in questo senso è il tecnico migliore per sistemarne i difetti e permettergli di acquisire nuove conoscenze che possano renderlo utile in schieramenti e situazioni di gioco diverse. Serve però pazienza, così come serve pazienza nei confronti delle sue prestazioni. 
I numeri per ora sono deludenti, in Serie A nessun gol né assist, e nel frattempo la Roma ha trovato in altri interpreti come Pellegrini maggiore continuità e importanza. Nell’ultima gara da titolare, quella col Bodo/Glimt, c’è stato anche qualche fischio e mugugno riferito in particolare a un pallone non passato ad Abraham. Tante volte però Zaniolo è stato decisivo con quello che sa fare meglio. Le sue progressioni palla al piede, la sua grinta, la sua capacità di guadagnare calci di punizione in zone pericolose.  
La chiave adesso per Nicolò è non fossilizzarsi, né sui gol che mancano né sul proprio modo di giocare credendo di essere già un giocatore fatto e finito.
Il tempo c’è, e la Roma è disposta ad aspettare quello che per lei è un enorme patrimonio.