La parola d'ordine per i club di calcio dell'epoca moderna è crescita, crescita del fatturato. Il Financial Fair play è stato introdotto dall'Uefa perché considerato un valore per il calcio. Il proposito è quello di rendere il football oltre che passione anche ragione, musica e parole di Michel Platini. Uno stimolo alle società per imparare ad autofinanziarsi e quindi fare prevalere il buon senso imprenditoriale al mecenatismo. Una risposta alla sentenza Bosman della metà degli anni '90 che, a differenza del passato, ha consentito ai calciatori di andare a scadenza di contratto per poi accasarsi in altro club, muovendosi liberamente all'interno dell'UE, avvalendosi della facoltà di trattare ingaggi e durata dei contratti senza condizionamento alcuno. Contratti che si sono via via allungati e appesantiti divenendo una sciabola sul capo di ogni società calcistica. Una lievitazione degli ingaggi che ha gonfiato anche il costo dei cartellini producendo una degenerazione del costo manodopera. Successivamente trasferimenti costosissimi, come nel caso di Cristiano Ronaldo passato dallo United alla corte di Perez ed altri episodi eclatanti, hanno convinto l'Uefa a stringere i tempi. La risposta che il FFP si prefigge e' obbligare i club, altrimenti penalizzati, a pagare con regolarità fornitori, lavoratori e autorità, e diminuire al tempo stesso le pressioni sulle richieste salariali, sulle commissioni e sul costo dei trasferimenti; anche l'inflazione nel mondo del calcio deve risultare contenuta. Raziocinio economico ed auto sostenibilità sono due concetti cari all'Uefa da aggregare, nel limite del possibile, ad un incremento infrastrutturale ed un lavoro di sviluppo dei settori giovanili. Il tutto finalizzato ad un accrescimento tecnico del materiale umano e ad una crescita sana del sistema calcio nel quale ogni club sia però impossibilitato a spendere più di quanto non abbia introitato. Fatturato e crescita, due termini che si incastrano perfettamente nella logica del pareggio di bilancio e nella produzione di utili aziendali perché è di questo che parliamo, di Aziende. Un'azienda deve avere un progetto, che nella fattispecie dev'essere calcistico per un club di A, imprescindibile da aspetti economici e aggregativo/sociali, non distinguibili ne separabili ma indirizzati verso un cammino parallelo al fine di una convivenza inesorabile. Un club per avere una crescita auspicata deve seguire una logica strutturale sulla quale basare il progetto tecnico. E la struttura sarà costituita da un mix di competenza, esperienza, ambizione, opportunità e buonsenso. Un organigramma societario funzionale prevede, nelle sue cariche decisionali, un presidente, spesso il proprietario, e a seguire, un direttore generale, in grado di occuparsi del controllo dei conti, del budget, della comunicazione, del controllo dello sviluppo e del raggiungimento degli obiettivi. A cascata il direttore sportivo con competenze tecnico-economiche, che in sede di mercato coadiuvera` il lavoro del direttore generale e quello del direttore tecnico, carica questa che può coincidere con il responsabile e coordinatore scouting, figure quest'ultime più vicine al campo e meno ai numeri. Il focus è rivolto a cariche decisionali, come detto, perché lavorando in logiche di virtuosismo aziendale dovranno interfacciarsi tra loro anche in ottica del rispetto del FFP. I membri societari devono decidere la linea tecnica da intraprendere e questa deve sposare lo spettacolo che spesso fa rima con risultato. E per il tipo di spettacolo da inscenare è determinante la scelta del tecnico per idea di gioco e mentalità. Uno spettacolo gradevole non può prescindere da una grande organizzazione e da un'identità precisa di squadra. Quindi, dopo aver individuato l'allenatore, è necessario acquisire calciatori con caratteristiche propedeutiche all'adempimento dei compiti da affidare loro. Non per forza campioni conclamati. Anzi, il campione dev'essere il gruppo, un gruppo che dovrà funzionare come un'orchestra in cui il direttore assegna uno spartito a ciascun musicista e questi dovrà interpretarlo al meglio delle proprie capacità. In questo modo il singolo viene valorizzato dal gruppo ed il gruppo acquista valore dal contributo di ogni singolo. Figura strategica in questo contesto e' il responsabile scouting che pur essendo in parte elemento di campo, può far bene ai conti perché risorsa fondamentale nella scelta dei calciatori. Come responsabile di quest'area deve essere in possesso di una sorta di banca dati di calciatori di tutte le età e nazionalità, nonché della loro situazione contrattuale, e deve indirizzare gli osservatori ad una visione ravvicinata ed uno studio particolareggiato dei soggetti prefissati. Un ampio reparto scouting, apparentemente eccessivo nel numero addetti e per costi, può garantire uno studio approfondito di ogni soggetto. Le informazioni ottenute sui calciatori non considerati utili alle esigenze del club verranno rivendute a società non concorrenti e non in grado di coltivare e mantenere un reparto scouting di livello. Una sorta di agenzia conto terzi, e un modo per creare ricchezza. Un performante reparto scouting e' fondamentale anche per la capacità di individuare in anticipo sulla concorrenza prospetti più o meno formati italiani e stranieri, al fine di acquisirli ad un basso costo. Prospetti che integreranno la rosa o verranno valorizzati per poi essere rivenduti. Lo scouting dev'essere in grado di alimentare ogni categoria del settore giovanile individuando il talento che dovrà essere coltivato facendo leva su specifiche metodologie. L'obiettivo e`proprio quello di favorire lo sviluppo in casa dei futuri professionisti da innestare nella prima squadra. In quest'ottica e` importante l'attenzione continua prestata dal responsabile tecnico delle giovanili nella verifica della crescita di ciascun giovane individuo, e fondamentale l'attivita' del responsabile scouting nel registrare tutti gli step del percorso. Altri, non ritenuti idonei, verranno ceduti. Dagli anni '90 ad oggi in serie A la principale fonte di ricavi proviene dai diritti tv poiché rendono lo spettacolo pallonaro accessibile a tutte le famiglie. La concorrenza tra tv via cavo, digitali e satellitari ha contribuito ad entrate sempre maggiori nelle casse dei club, che di contro, si son dovuti adeguare a logiche di spettacolo spezzettato e diversificato in cui ogni calciatore è in parte protagonista quasi fosse una starlette. In questo scenario si inserisce anche la corsa allo straniero, sempre intrigante per il suo fascino misterioso, che ha contribuito ad ingrassare il business di club e tv. Il FFP, nei suoi propositi, è indirizzato anche ad una maggiore competitività delle squadre minori, fermo restando che esisteranno sempre club più ricchi e potenti di altri, che risulterebbe favorita nel nostro paese anche dalla cessione collettiva dei diritti tv, e renderebbe l'indotto delle scommesse sportive più allettante dato che il risultato sportivo risulterebbe difficilmente prevedibile. E le statistiche dimostrano che un bilanciamento delle forze in campo determina un maggiore interesse, il cosiddetto "competitive balance". Un interesse che va considerato come "pilota" per tenere sempre più viva l'attenzione verso il mondo del calcio, e finalizzato ad un aumento di utenza. Il progetto ambizioso di riportare le famiglie allo stadio per riproporre stadi caldi di tifo pacifico com'era un tempo, è un obiettivo basilare per sviluppare il fatturato dal botteghino e dall'indotto legato al merchandising. In quest'ottica, lavorando sul medio periodo, lo stadio di proprietà e' un'inevitabile ed allettante opportunità da sfruttare in quanto può risultare un fondamentale corridoio per trovare partners con cui condividere le spese per la realizzazione dell'opificio e gli introiti da esso derivanti. Lo stadio moderno può realmente consentire un salto di qualità, grazie alla possibilità di aumentare i ricavi diretti generati e, più in generale, il valore del marchio della squadra che lo possiede. Lo sfruttamento commerciale del “brand” è la nuova frontiera di un calcio a caccia di ricavi. Annessi allo stadio, potenziali fonti di ricchezza sono i ristoranti, i bar, gli skybox, gli store, i musei ed i cinema che creerebbero posti di lavoro ed ulteriori entrate, anche infrasettimanali o lontane dall'evento sportivo. Ma il tutto, come detto, è inevitabilmente condizionato dalla mission di riportare le gente allo stadio garantendo uno spettacolo decoroso in un ambiente sicuro. La sicurezza dentro gli stadi, in Italia, è un problema annoso e apparentemente irrisolvibile. Investire su un sistema di sicurezza privata con il diritto di perquisizione e di fermo creerebbe già una struttura meno rischiosa, piu` efficiente, piu`attrattiva, con un ritorno molto forte in termini di fidelizzazione. Dotare ogni persona di una sorta di bancomat "del tifoso" pemetterebbe di garantire l'unicità del possessore anche in acquisto biglietti, posto a sedere e nel consumo di tutti quei prodotti legati allo stadio nonché un accesso veloce alla struttura che consentirebbe di snellire il processo di controllo. Un'obiettivo sfidante che prevede un forte cambiamento di mindset culturale. Una via percorribile per contenere i costi e favorire l'accrescimento del fatturato passa attraverso l'opzione dell'acquisizione di un club da paesi esteri, l'Inghilterra, di seconda o terza categoria per usufruire della bassa tassazione sulla manodopera che va ad aggiungersi ad un pianeta calcio ideale per favorire l'accrescimento tecnico e di cassa. Questo investimento può essere visto anche in un'ottica di interscambio di giocatori con il club italiano. L'Udinese in tal senso ha investito in Inghilterra e Spagna. Sul fronte italiano un punto di attenzione va dato al campionato primavera che raramente sviluppa calciatori pronti per affrontare la massima serie senza che questi subiscano duri contraccolpi psicologici al cospetto di palcoscenici sempre esigenti. Talvolta anche i primi della classe hanno serie difficoltà nell'affrontare il salto di categoria, ed ecco che la palestra utile alla maturazione e formazione atletico-mentale può completarsi nell'inferno della Lega Pro o della cadetteria. In questo senso è fondamentale l'acquisizione di un club nel quale poter innestare i giovani prospetti da affiancare a califfi delle categorie minori affinché i "primavera" si possano forgiare senza la pressione mediatica di un club di A. La perdita di competitività economica del calcio italiano deve indurre le società sportive ad un taglio dei costi che in prima istanza può essere identificato nel salary cap (tetto salariale) al fine che il bilancio consuntivo non si discosti troppo dal bilancio preventivo ben sapendo che le variabili in un'azienda sportiva sono tante ed inevitabili. Tra queste, il merchandising, sia in Italia che all'estero, che risente inevitabilmente dei risultati sportivi ottenuti dal club. Sponsor e marketing sono le voci che vanno studiate, mantenute e possibilmente incrementate ma anch'esse sono influenzate nelle contrattazioni dalla variabile sportiva. Il raggiungimento di traguardi di spicco e' una spinta sostanziale per strappare contratti economicamente rilevanti ma lo può essere allo stesso modo un progetto di investimento chiaro, lungimirante e ben strutturato. La mission per il club pilota sarebbe quella di riuscire a far breccia in nuovi mercati dal grande bacino d'utenza, com'è il continente asiatico, ma per raggiungere certe platee bisogna per forza affermarsi a livello internazionale. La notorietà si esporta da sola ed attira investitori che necessitano di visibilità. In un contesto di mercato economico-finanziario complesso com'è quello attuale non si può solo aspettare. Il processo di cambiamento è duro da affrontare ma necessario per virare verso un nuovo modo di fare impresa per un calcio di valore. La vera sfida aziendale e' avere la capacità oggi di innovarsi; e l'innovazione non è solo un insieme di idee ma la capacità di cogliere le opportunità scrutando ciò che gia' ci circonda.