La figura dell'allenatore di calcio, negli anni, ha subito un restyling piuttosto netto e forzato dai mutamenti della società seguendone l'evoluzione e i dettami. Trenta, quarant'anni fa l'allenatore si riconosceva per personalità, idee tattiche e scelte tecniche, non certamente per l'abito, spesso una semplice tuta societaria, che riassumeva la semplicità dell'uomo di campo tanto naturale da potersi confondere con uno qualsiasi dei suoi calciatori. Quella tuta, tanto ben indossata dal vecchio Trap, valida per ogni occasione, dall'allenamento tra pochi intimi alla panchina nel match dell'anno. Era un calcio nel quale l'allenatore poteva essere un personaggio in virtù delle sue caratteristiche peculiari dentro e fuori al rettangolo di gioco, dal fischio, alle imprecazioni, dalle urla alle gesticolazioni ma il risalto all'immagine era trascurato perché non essenziale. Il personaggio risaltava dall'essere.
Nel corso degli anni la figura dell'allenatore, con immancabili eccezioni, nella propria evoluzione d'immagine, ha continuato un percorso parallelo alla moda e cultura della società che ha richiesto sempre forma e capacità di stare dentro schemi prefissati. Anche l'abbigliamento ne è stato inevitabilmente condizionato ed ha effettuato un percorso che ha portato a giacca e pantalone, completo o doppiopetto come agghindi istituzionali almeno nel momento del confronto con i media e di fronte al pubblico. Richiesto dal marketing, spinto dallo sponsor, sono sovente le società stesse a richiedere ai loro tecnici di avere un certo decoro. E non potrebbe essere altrimenti nella società moderna che vive tanto sull'immagine. Anche il calcio, che ha perso per strada il mecenatismo per lasciare il passo al business, si è dovuto adeguare. L'immagine al giorno d'oggi fa rima con affari ed uno dei più attenti rappresentanti del matrimonio di questo binomio è Roberto Mancini, uno che piace alla gente soprattutto alla gente che piace, sempre attento ai particolari nel suo essere elegante nell'abbigliamento e mai troppo scomposto negli atteggiamenti in pubblico.
Siamo di fronte ad un calcio meno romantico di un tempo e che necessita di vendersi bene, e per farlo anche l'allenatore è chiamato a contribuire. E non ingannino le tute ancora individuabili qua e la in provincia perché possono proprio perché provincia quindi, almeno in parte, con minor attenzione mediatica. O come Sarri, icona moderna di un calcio antico, che ha potuto imporre il suo look tuta e sigaro prima, durante e dopo la partita in provincia e trasferirlo in una panchina nobile senza dover cambiare forma perché voluto e pagato da un uomo che di personaggi se ne intende.
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