Il calcio italiano è incapace di crescere e tenere il passo delle principali Leghe europee. Dati di fatto. Calcio italiano che ha cominciato ad aprire ad investitori stranieri. Superato il tempo dei magnate innamorati, o presunti tali, pare aver avuto inizio una svolta economica orientata al capitale straniero per far fronte ad un arretramento del nostro movimento pallonaro rispetto ad altre realtà calcistiche del vecchio continente. Arretramento che affonda le proprie radici in aspetti economici, organizzativi-progettuali e politico-sociali. Ed ecco perché sono necessarie, per tentare di risollevare i club italiani, figure derivanti da realtà più aperte e moderne, più inclini a valorizzare tutto quanto li circondi ma sempre con un occhio attento all'innovazione. Il tutto finalizzato a coniugare interessi personali con l'accrescimento tecnico del club affinché si crei un circolo virtuoso che porti gloria e soldi, e dai soldi ulteriore gloria. Come da imput Uefa almeno per la parte economica e magari tecnica.
Il calcio italiano è ancorato ad un sistema economico dipendente dai proventi derivanti dai Diritti Tv mentre merchandising, marketing, sponsorizzazioni, incassi da botteghino, player-trading ed altre strade per sviluppare il fatturato vengono percorse con scarsa incisività. Piuttosto, si predilige la linea dei tagli, spesso insufficienti per dare una sistemata ai conti nel medio periodo e comunque inutile in ottica crescita. L'imprenditore straniero, che vede il club calcistico come investimento atto a produrre ricchezza e fama, ristruttura il club secondo logiche di competenza ed inserisce figure professionali preparate in ogni ramo aziendale sviluppabile per favorire l'incremento del business e per rientrare in tempi stretti dell'investimento, e cominciare così a guadagnare. E più crescono i ricavi più innesti potranno esserci nella squadra per favorire la crescita tecnica all'interno di un circuito economico che segua criteri di logicità e lucida ambizione.
Esaminando la struttura manageriale di molti club appartenenti al gota del calcio italiano, risalta immediatamente all'occhio la disorganizzazione causata da uno spirito imprenditoriale irrazionale, che tende ad accorciare la catena dei ruoli e delle competenze affinché la proprietà possa in ogni momento intromettersi e condizionare le scelte dei sottoposti. Così facendo, progetti intrapresi e condivisi vengono abbandonati dall'oggi al domani senza logica manageriale, ma frutto dell'istinto o dell'umore del momento. E quindi figure competenti e selezionate attentamente vengono delegittimate e rese quasi inutili, e lo stesso progetto inizialmente programmato non potrà aver successo.
Il manager straniero è risoluto al raggiungimento dell'obiettivo prefissatosi e quindi percorre la strada studiata e condivisa con i suoi collaboratori senza tentennamenti e senza condizionamenti ambientali, ai quali però qualcosa dovrà concedere, al fine di trarre dall'investimento i maggiori profitti, siano essi monetari che sportivi. E senza perseguire cliché e sistemi vincenti standardizzati ma calandosi nella realtà del club, procedendo risoluti all'obiettivo privi di paraocchi. Anche le figure storiche che implicano aspetti affettivi devono produrre secondo il mandato affidato loro altrimenti vengono estromessi in nome della sostenibilità economica ha la precedenza su tutto.
Progettualità che inquadra nelle infrastrutture una necessità primaria, e tra queste lo stadio di proprietà come priorità perché concepita come casa del tifoso, in un panorama sociale gestibile con misure di sicurezza atte a convertire maleducazione e violenza in convivenza e momenti di svago e di spettacolo oltre ad un tifo propositivo. Implicita la guerra organizzata al tifoso violento che viene visto come un male da estirpare, ad ogni costo. Un quadro che non può non attirare sponsor e favorire la crescita degli incassi, non solo del botteghino.
La burocrazia italiana, che sfinisce molti imprenditori nostrani, pur sofferta dall'imprenditore straniero, non ne limita l'ambizione perché il progetto perseguito non viene mai concepito in un'unica opzione ma con più scelte e con una determinazione vincente. Perché l'investimento deve fruttare!
Ben vengano capitali e imprese straniere a risollevare il calcio italiano involuto in se stesso e privo d'iniziative, un vantaggio per il sistema calcistico nostrano e per il tessuto sociale ed economico.
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