Fuoriclasse in Italia? Non ce n'è quasi più traccia, e non da oggi. Serve un rilancio del sistema calcio italiano, per non fermare definitivamente gli ingranaggi già arrugginiti della macchina del pallone in difficoltà a produrre utili e talenti. Qualche misura è stata adottata negli anni scorsi, ed anche gli otto italiani obbligatori per rosa, in gran parte provenienti dal settore giovanile, sono una spinta al movimento. Ma non basta. Serve ricreare l'humus per lo sviluppo, l'individuazione del talento e la maturazione mentale-tecnico-tattica del soggetto obiettivo. Fondamentale è un passo indietro sulla maniacalita' molto italiana indirizzata alla tattica per fare un focus su tecnica ed educazione. Anche la fisicità, criterio di valutazione sempre molto incidente, dev'essere parzialmente accantonato, almeno in una prima fase. Parliamo di ragazzini di 12-16 anni. Ora, per aiutare concretamente il rifiorire di giovani talenti, è necessario imporre l'aumento della quota di italiani Under 20 nelle rose della prima squadra, nel numero minimo di 6 su un totale minimo di 10, al fine di rendere indispensabile per i club il lavoro e lo sviluppo del settore giovanile. Questo step dev'essere sostenuto da norme ad hoc molto rigide, e regolate da altrettante pesanti sanzioni pecuniarie che fungano da deterrente alla volontà di eluderle. Un passaggio obbligato dovrà riguardare i parametri d'investimento sul vivaio in rapporto al fatturato di ciascun club. Alzare l'asticella degli investimenti tanto nell'individuo che nelle infrastrutture. La mia indicazione, a grandi linee, prende spunto dal sistema tedesco che, adattato alla realtà nostrana, deve avere in progetto l'istituzione di centri federali territoriali (CFT) nei quali si possa integrare il lavoro effettuato dai club di appartenenza, siano essi club professionistici o dilettantistici, e sedute di stampo federale specifiche di allenamento e stage, per approfondire lo studio sull'atleta e per dargli un'impronta professionale finalizzata alla crescita tecnica. Questi centri federali territoriali dovranno sorgere in punti strategici della penisola in modo da risultare facilmente raggiungibili, per distanza, da ciascun calciatore obiettivo, e in modo che il ragazzo non subisca un trauma dovuto al prematuro sradicamento dal territorio d'origine. Verificata la conformazione del territorio e, per risultare un sistema efficiente, è necessaria l'istituzione di un adeguato numero di centri federali dislocati nella penisola (non inferiore a 300 per non costringere spostamenti superiori ai 100-120 km) ed in grado di ospitare qualche migliaio di adolescenti ogni anno. Inoltre si dovranno realizzare 4/5 centri federali d'élite atti ad ospitare i soggetti con maggiori potenzialità e credenziali calcistiche futuribili e di età non inferiore a 15 anni, usciti dalla scrematura effettuata nei CFT, perché ne diverranno la casa e la scuola. Tale prospetto di capillarità di CFT, dovrà risultare fondamentale nella verifica costante della crescita del giovane anche sul piano educativo oltre a rendere più concreto il lavoro del talent scout, che non potranno farsi sfuggire il talento ancorché grezzo, e di tecnici federali che avranno così il modo di studiare con attenzione i ragazzi, e verificarne le reali potenzialità e crescita passo dopo passo. Necessario sara' poi un accordo di base tra club e federazione sulle metodologie di allenamento finalizzate ad improntare un sistema gioco calcio quasi unificato per sistemi di allenamento, preparazione atletica e lavoro sul piano tecnico. I risultati di un'opera tanto ambiziosa e lungimirante non si vedranno nel breve ma bensì nel medio-lungo periodo poiché trattasi di una evoluzione del sistema calcistico che si scontrerà con una mentalità italiana molto radicata e campanilistica e poco incline al cambiamento. E se i tedeschi, con mezzi economici rilevanti, hanno impiegato un decennio per vedere i primi risultati, in Italia giocoforza i tempi saranno più dilatati. Peraltro questo sforzo federale dovrà essere corroborato da normative che aiutino a trattenere l'adolescente presso i nostri club anche dopo il compimento del sedicesimo anno di età, a tutela di una crescita secondo canoni di normalità e che consenta al club di vedere il frutto del proprio investimento. Un percorso necessario, a mio avviso, per il rilancio del calcio nel nostro paese che non può prescindere da figure competenti, in ogni settore, ai massimi livelli e finora trascurate soprattutto a livello di giovanili.