Il mediano, quella tipologia di calciatore che nell'immaginario collettivo è il lottatore infaticabile della zona nevralgica del campo, il giocatore più sacrificato e sacrificabile in nome del gruppo. Spesso un calciatore intelligente, altre volte un calciatore disciplinato, altre ancora un calciatore come altri o più dotato di altri, spesso un duro che deve durare atleticamente per mantenere intatti gli equilibri della squadra. Il mediano per antonomasia è colui che in campo sfrutta ogni sua caratteristica per favorire e facilitare le giocate dei compagni, un lavoro spesso oscuro e poco riconoscibile. Un ruolo per soggetti fondamentalmente umili e disposti a portare la croce senza pretendere dei riconoscimenti pubblici. Il mediano per definizione è colui che agisce in prossimità della linea di metà campo e ha compiti diversi in base alle caratteristiche intrinseche del giocatore e alle necessità della squadra. Il mediano è l'elemento del gruppo chiamato a correre infinitamente per supportare i compagni della terza linea nel respingere gli attacchi avversari e per ridurre le fatiche dei colleghi più offensivi nell'espletamento delle loro azioni. Al giorno d'oggi il mediano si può definire semplicemente centrale, interno, o laterale in base al modulo adottato dalla squadra, alla mansione richiestagli, e alle caratteristiche proprie e degli avversari diretti. Il mediano, in talune situazioni, lo possiamo ritrovare anche in posizione di esterno o di difensore piuttosto che attaccante aggiunto ma conoscendone le caratteristiche resterà pur sempre un mediano. E' sempre piu' difficile individuare un mediano, nel suo significato originario, perché anche al meno dotato tecnicamente vengono richieste mansioni diversificate per una logica di calcio totale sempre meno individualistico. Non è insolito ritrovare un mediano nel post carriera in ruoli tecnici. L'esperienza maturata nella zona fulcro del gioco permette a queste figure di sviluppare e affinare una visione d'insieme del calcio superiore ad altri. Due tra questi, similari per caratteristiche fisiche, molto differenti per qualità tecniche assolute, hanno militato nel massimo campionato italiano tra la metà degli anni '90 e questa prima parte del nuovo millennio. Il primo, Vieira, un transalpino di colore è rimbalzato tra club del Bel paese e club britannici mentre il secondo, Del Vecchio, italiano, ha percorso in lunghezza tutto lo stivale da Bergamo a Catania, con varie tappe nell'intermezzo in tutte le divisioni professionistiche e oltre. Patrick Vieira, calciatore senegalese naturalizzato francese, ha lasciato segni tangibili nella storia del calcio mondiale. Colonna portante della nazionale transalpina più vincente della propria storia, un mondiale ed un europeo, ha militato in club di caratura internazionale tra Italia e Inghilterra e con questi si è aggiudicato vari titoli e trofei nazionali dopo un inizio di carriera in un club minore francese. Centrocampista centrale, interno o laterale in base al modulo di gioco attuato dal tecnico, ha saputo abbinare una quantità da eccellente interditore e ruba palloni, talvolta esagerando nella durezza del contrasto procurandosi molteplici sanzioni disciplinari, ad una visione di gioco lucida ed ispirata che unita a piedi educati e sensibili gli hanno permesso di fungere all'occorrenza da play basso. Vieira, un destro naturale in grado di destreggiarsi facilmente con il mancino, dal fisico longilineo elastico e potente, non esplosivo, ma rapido nel far mulinare le lunghe leve in progressione anche palla al piede. Il grande tempo d'inserimento offensivo con o senza palla, gli ha consentito di essere un pregevole rifinitore ed un preciso finalizzatore. La sua altezza, superiore al metro e novanta e il "coraggio" in campo, gli hanno permesso di risultare temibile e talvolta letale nel gioco aereo offensivo e determinante nel pulire la propria area. Il suo innato acume tattico e la spiccata personalità lo hanno reso un punto di riferimento stabile per i compagni e talvolta ha saputo interpretare con gran rendimento il ruolo del play basso e frangiflutti. Ha palesato forte personalità anche nella scelta, non sempre facile, di vestire tutte e tre le maglie dei club italiani più titolati e poi lasciarli. Al Milan, molto giovane, sbarco' con entusiasmo, ma l'eccessiva concorrenza in prima squadra e le difficoltà di ambientamento con alcuni compagni nella primavera rossonera, lo spinsero ad accettare le lusinghe di Wenger. Giunto all'Arsenal si affermò definitivamente nel grande calcio in nove stagioni cariche di successi in terra britannica, e poi ritorno’ in Italia di bianconero vestito con un campionato vinto sul campo, poi revocato ed assegnato al suo successivo club, l'Inter. In quest’ultimo vinse tre scudetti consecutivi ma una lunga serie d'infortuni gravarono sulla sua titolarita' e ne minarono il futuro in nerazzurro. Di qui il ritorno in Inghilterra questa volta al Manchester City, dove riuscì a ritagliarsi ancora una volta un ruolo da protagonista vincente prima del ritiro dal calcio giocato. Ma al City e' rimasto come dirigente e poi allenatore dell'under 21 dei citizens e, durante una partita dei suoi ragazzi, si è reso protagonista, nel luglio 2014, della decisione di ritirare la sua squadra dopo aver ascoltato insulti razzisti nei confronti di un suo ragazzo in terra croata. Un suo nuovo successo. Da sempre combattente in campo ed ora anche fuori dal rettangolo di gioco. Gennaro Del Vecchio, ex calciatore professionista, ha fatto la gavetta militando in numerosi club, dai dilettanti alla serie A, arrivando a vestire, anche se per un'occasione soltanto, la maglia della nazionale. Una sorta di zingaro del calcio nostrano che indosso' le maglie del Melfi, del Giulianova, del Castrovillari, del Catania, del Catanzaro, del Perugia, del Lecce, dell'Atalanta e del Grosseto. Ma fu nella Sambenedettese nel 2003, schierato da centrocampista centrale nel 442 nella mediana in linea del neo tecnico Colantuono, che s'impose definitivamente all'attenzione del grande calcio. Tal vetrina risulto' infatti il suo trampolino di lancio per il salto di categoria anche grazie all'affiliazione alla famiglia Gaucci. Rivestì sempre un ruolo da centrale o interno, escludendo una parentesi felice sampdoriana, in cui spesso funse da collante tra seconda e prima linea in un attacco 1-1. Agi' anche da interno nel centrocampo a 5 alla corte di Mazzarri dopo aver trovato il proprio spazio già nella gestione Novellino. Il suo percorso lo vide far ritorno brevemente agli ordini di Colantuono in quel di Bergamo ma la sua avventura da professionista si concluse a Bari. Tra i ruoli da lui sostenuti da evidenziare la posizione di esterno nella seconda linea a quattro. Un esterno di posizione date le sue caratteristiche. Ragazzo vitale mai domo dal carattere estroverso e nervoso, forse talvolta poco incline ad accettare le decisioni arbitrali, un destro naturale, longilineo asciutto fisico elastico, gran faticatore di centrocampo, abile nell'interpretazione delle due fasi di gioco. Discreta la velocità di base meglio in progressione, buona precisione balistica dalla media e lunga distanza, grande capacità di portare il pressing con puntualità favorito da un innato dinamismo, ottimo senso della posizione e visione di gioco di rilievo. Tecnica non eccelsa. Duro nell'affondare il tackle. Cursore incontrista verticale nell'azione con e senza palla. Abile nel gioco acrobatico, con un' alta media realizzativa derivante da un'apprezzabile freddezza sotto rete e una naturale facilità di coordinazione. Ora il mediano nato nelle giovanili del Barletta è rientrato alla base con il ruolo di responsabile dell'area tecnica. Il mediano, per i sacrifici profusi come semplice soldatino o come cuore di un gruppo, per disponibilità ed interpretazione delle fatiche e delle emozioni altrui, sviluppa una sensibilità particolare che gli resta per la vita, appunto... la vita da mediano.