Germania Campione del Mondo. Ancora. Chiunque conosca anche solo un pochino la storia calcistica, ma anche non calcistica, di questo paese, sa che il loro pregio maggiore e la chiave dei suoi successi risiede in un concetto semplicissimo: per loro non esiste il caso. Piegano gli eventi al loro volere, fanno andare le cose nella direzione che vogliono loro. Non sarà poetico, non sarà romantico, ma funziona.
Questo è il modello tedesco da imitare. Smetterla di piangersi addosso, di aspettare il treno che passa una volta sola, di ridurre tutto ad una questione di "fortuna", anatomicamente parlando. Estrarre per sempre dal DNA italiano il concetto di "Se non mi riescono le cose è sempre colpa degli altri".
La fortuna esiste. Solo che si può rendere molto meno influente di quanto crediamo noi.
Mentre ho ancora negli occhi una finale bellissima per lunghi tratti, combattuta e parecchio incerta, mi resta solo l'amaro in bocca per la vergogna del Pallone d'oro Mondiale a Messi. Esattamente cosa ha fatto, oltre che decidere partite al minuto 92 nel girone di qualificazione e sparire nella fase calda? Un assist contro la Svizzera, poi? Il nulla. Fossi in Thomas Muller mi arrabbierei molto. Ma io sono italiano, lui è tedesco. Ecco perché io mi arrabbio e lui fa spallucce. Dopo i primi 20 ml ingurgitati dal boccale di birra neanche si ricorderà che esisteva quel riconoscimento. Sta di fatto che l'accanimento contro Messi, specie in relazione a Maradona, sta diventando una farsa. Uno che ha distrutto ogni record, ha vinto quasi tutto e più volte ed è diventato il miglior marcatore nella storia del Barcellona a 26 anni non sta "dieci categorie sotto Maradona", come ho sentito dire. Messi è quel tipo di calciatore che in Argentina chiamano "pecho frio". Per niente emotivi, che non sentono la maglia, che non lasciano il sangue sul campo, che non trascinano la squadra e non se la prendono sulle spalle. Messi un po' robottino lo è sempre stato. Basta vedere ieri nel post partita come la sua espressione non fosse diversa da quella di uno che ha appena calciato fuori una punizione a un metro dal palo. E aveva perso un mondiale. Questa è l'unica differenza con Maradona, perché sul campo lo ha già superato abbondantemente. Ma spesso non bastano le questioni di campo, non sono proprio sufficienti, il calcio è anche altro. O soprattutto altro.
Davanti alla Germania bisogna solo togliersi il cappello. Si sono messi in testa di voler tornare grandi e sono tornati grandi. Sono diventati moderni, hanno colto l'aria: hanno spedito in soffitta la loro storia, fatta di giocatori corazzati dallo straordinario atletismo e dalla forza mentale incrollabile, per seguire la corrente dei piedi buoni a centrocampo. Hanno creato così tanti centrocampisti dai piedi raffinati che alcuni li hanno dovuti mandare in panchina per mancanza di spazio in squadra. E quando li hanno buttati nella mischia hanno calato l'asso. È la dimostrazione di un paese vivo, che macina (in tutti i sensi e contesti) la concorrenza e prospera. Ecco perché ritengo inutile parlare di "modello da imitare" o "scia da seguire" o "prendere esempio". Non è il calcio, è una società e un ambiente in cui le cose funzionano. E quando le cose funzionano, un po' come da noi ai tempi di Italia 90, escono anche gli uomini, prima che i calciatori.
Muller prima della partita ha dichiarato che "se fosse necessario per vincere, tornerei indietro a marcare Messi. Lui corre tanto e io dovrò fare lo stesso, ma il calcio è così".
Il mondiale lo hanno vinto in quel momento. Provate a chiedere a qualche gangsta nostrano un sacrificio del genere. Scommetto che vi sentirete rispondere "ma no, mi annoio. Fatelo voi, prendetegli la palla e datela a me che poi ci penso io a segnare".
I fiori nascono nelle aiuole, l'erbaccia nella terra poco curata. Importare il modello tedesco da noi significherebbe cercare di coltivare fiori su una terra arida. È la terra da cambiare, prima di poterla coltivare.
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