Nell’era post-industriale nessuno di noi avrebbe mai pensato di vivere un’esperienza da romanzo fantascientifico: la pandemia del coronavirus.
Invece, è accaduto anche questo.
Si pensava che il secondo millennio avrebbe portato benessere, ricchezza e progresso, grazie e per merito dell’avvento della globalizzazione. Ci si immaginava un mondo dalle porte aperte, dove ciascun individuo in qualunque parte del globo si trovasse e si sentisse come a casa propria. Invece, gli ingenti flussi migratori che provengono da ogni parte del mondo mettono costantemente in crisi i territori, i popoli e i continenti.
L’idea di creare un unico diritto di cittadinanza facendo sì che ogni singolo individuo bianco, nero, giallo, musulmano, cattolico, induista, buddista, animista, slavo, indiano, europeo, africano, sud americano, orientale, godesse della condizione di essere cittadino del mondo. Invece sembra che realizzare questo progetto sia diventato impossibile, e tale idea da forte che era al principio del nuovo secolo sembra via via sbiadire nella dura e realistica difficoltà di ogni giorno. I conflitti tra stati non sono cessati, la povertà non è diminuita, e i muri tra i popoli anziché abbassarsi o addirittura essere distrutti si stanno alzando sempre di più. Siamo tutti contro tutti. E in questa guerra per la sopravvivenza dettata da questi giorni contagiosi e contagiati dal coronavirus, le persone seppur appartenenti alla stessa cultura e comunità, sociale o familiare, non possono nemmeno più abbracciarsi.

Nell’attesa che là fuori le cose migliorino, grazie all’estremo sacrificio dei medici, degli infermieri e di tutte le persone che operano nel settore sanitario, a me non rimane che restare chiuso in casa, così come ci ha detto il primo ministro italiano. Mi conforta che anche i calciatori abbiano sentito l’esigenza di invitare a le persone a rimanere a casa per non incrementare i contagi.

Dunque in questo periodo di esilio casalingo forzato mi sono messo a sistemare i libri, per non rischiare di essere fagocitato dal divano. Non credevo di aver letto così tanto, e soprattutto non credevo di aver investito una somma importante nei libri. Facendo passare tra le mani i libri mi sono accorto di non averli letti proprio tutti, ma di averne comprati un bel po’. La mania di comprare libri risponde alla sindrome dell’acquisto compulsivo lettoris. È una specie di malattia che ti spinge a possedere il libro, a tal punto che non sei disposto nemmeno a prestarlo. E’ capitato che un mio caro amico me ne chiedesse uno in prestito, io anziché darglielo, gliel’ho comprato. Non ho resistito.

Ebbene tra i libri che mi scorrevano tra le mani, me n’è capitato uno che non pensavo nemmeno di aver comprato. Un volume dalla copertina scura e cartonata color cuoio. All’apparenza mi sembrava un volume antico, uno di quei volumi per collezionisti di libri antichi. Comincio a sfogliarlo e in effetti le pagine sono gialle e sottili. Temo di rovinarlo. Lo annuso e starnutisco, e per non spargere germi per la casa, dato il periodo, decido di concentrarli tutti nell’insenatura del gomito e di stamparli sulla mia camicia. Oltre alla polvere cerco un profumo di antico tra le sue pagine, ma trovo solo acari e schifezze varie. Però il volume mi incuriosisce e lo sfoglio finché incomincio a leggerlo.


Adesso vi racconto la storia.

In un vicino passato l’Ac Milan – Buonty è salpato alla volta della zona Europa, sotto il comando del capitano Ivan Gazidis. La sua missione era quella di portare il vascello rossonero nella “terra del calcio che conta”. Questa regione calcistica che si trova nel vecchio continente è dominata dall’affascinante regina dalle grandi orecchie e dalla sua sorella minore la principessa dal collo lungo. La loro bellezza è tale da ammaliare qualsiasi giocatore di calcio, ma non solo, persino ai raccattapalle si illuminano gli occhi quando sentono la trionfale marcia della terra del calcio che conta. L’obiettivo del viaggio intrapreso dall’Ac Milan Buonty era quello di poter arrivare in questa terra per accaparrarsi il tesoro costituito dai diritti televisivi e dagli sponsor commerciali che garantiscono una grande somma di denaro per ringiovanire o rafforzare l’equipaggio del bounty.

Salpato AC Milan – bounty dopo alcune settimane di viaggio deve affrontare subito le difficoltà del viaggio.

Il primo imprevisto è lo scoglio Giampaolo. Nessuno dell’equipaggio pensava che il vascello potesse arenarsi in quella zona di bassa classifica. Ed è proprio quando il vascello stenta a navigare per l’inerzia del proprio equipaggio e per l’incapacità del proprio timoniere che ha origine lo scontro tra il cinico e spietato Gazidis e i suoi sottoufficiali: Boban, Maldini e Massara.

Il conflitto tra il capitano e i sottoufficiali si fonda sulla rotta che deve seguire il vascello rossonero. Gazidis vorrebbe arruolare marinai giovani e pieni di voglia di fare, vorrebbe contare sul loro ottimismo. Mentre i sottoufficiali vorrebbero inserire nell’equipaggio degli uomini di esperienza, uomini capaci di mettersi al servizio dell’equipaggio e dei più giovani, insegnando loro ogni trucco e soprattutto in grado di forgiare il carattere dei ragazzi, trasmettendo passione e voglia di vincere. Boban, Mladini e Massara dimostrano molto interesse per i propri uomini condividendo con loro ogni difficoltà, lo spregiudicato capitano Gazidis, invece, mostra solo interesse per le plusvalenze e i ricavi della società passando sopra a tutto e tutti pensando al proprio avanzamento di carriera.

La bufera del fair play finanziario impedisce al vascello di rinnovare l’equipaggio e di attrezzarsi secondo le reali esigenze imposte dell’impresa. Il cinico capitano Gazidis tenta di imporre il proprio comando assoluto agendo nell’ombra e mettendo in cattiva luce l’operato dei suoi subalterni.

Il vascello approdato nella terra del nord si imbatte nella Dea che lo annienta. L’equipaggio è scosso dalla terribile sconfitta e la situazione per Boban, Maldini e Massara è drammatica che rischia di affondare se non si accorre al riparo. Gazidis tentenna è consapevole che attuando le proposte dei tre sottoufficiali la sua posizione verrebbe sminuita e si ritroverebbe delegittimato. Non può permettere che quei tre possano sottrargli il potere e pertanto si oppone con tutte le forze all’ingaggio di nuovi naviganti esperti. I tre però non si lasciano intimorire dal loro superiore e di loro iniziativa ingaggiano due vichinghi, uno di origini danesi, simile a Thor, per la capigliatura e lo sguardo freddo e sicuro, e l’altro, pari a un Dio, per il carisma e le dimensioni. Gazidis è colto di sorpresa dall’arrivo di questi due uomini, e pensa a una strategia alternativa all’insaputa dei suoi sottoposti.

I due vichinghi nel frattempo si integrano con il gruppo dei marinai e aiutano i compagni a spingere con le loro forze il più avanti possibile il vascello rossonero. I loro compagni contagiati dal loro entusiasmo si impegnano mettendo anima e corpo negli sforzi quotidiani e così il vascello rossonero avanzando arriva a intravedere la terra del “calcio che conta”.

Ma giunge una notizia improvvisa a destabilizzare l’ambiente. Gazidis è disposto a cambiare il timoniere e il sergente Pioli sarebbe a farne le spese. Dopo tutto l’impegno nel tenere il timone del vascello rossonero, sembra che gli venga impedito di raggiungere la terra del calcio che conta trovandosi, come Mosè, a non poter entrare nella terra promessa. Il nuovo timoniere per Gazidis dovrebbe essere Rangnick, un caporale di seconda seria che ha studiato in terra di Germania. Più che un vero marinaio all’equipaggio sembra un accademico, uno dei moderni scienziati pieni di teoria che dicono di saper fare tutto, ma che in realtà hanno raggiunto modesti risultati.

Boban non ci sta a tradire il proprio equipaggio allora dichiara a tutti i suoi uomini quali sono le reali intenzioni del loro comandante. Gazidis si trova da solo contro tutti e teme un ammutinamento. Teme di perdere il comando: non gli resta che eliminare Boban, Maldini e Massara. Si ma come fare? Non può eliminarli tutti e tre, in tal modo si esporre troppo andando incontro al peggio. Decide di non dare scampo a Boban ritenendolo il vero responsabile delle dichiarazioni diffamatorie che ha rilasciato davanti a tutti gli uomini del vascello rossonero. Lo accusa davanti all’equipaggio di aver disonorato le nobili leggi della comunicazione aziendale vascellare, avendo parlato pubblicamente senza aver prima concordato con i suoi superiori il discorso. Boban stizzito reagisce controbattendo al dispotico Gadizis di essere un uomo libero e che la libertà di parola è un diritto che nessuno gli potrà impedire di esercitare, nemmeno con la forza.

Il vascello intanto dopo aver affrontato diverse peripezie tra successi e disgrazie, arriva l’incrociatore di una delle tre repubbliche marinare più potenti: l’incrociatore di Genoa con alla guida Sir De Nicola. La situazione è tesa. Dopo lo scontro con Boban, Gazidis ha cercato in tutti i modi di rassicurare l’equipaggio, ma gli uomini del vascello rossonero sono dalla parte di Boban. E con il Genoa c’è il tracollo: il vascello rossonero viene trafitto dalle bordate del veloce incrociatore rossoblu. Per l’equipaggio di Pioli avrebbe dovuto essere una passeggiata sconfiggere quello di De Nicola. Invece gli uomini dell’incrociatore rossoblu saccheggiano la nave dei rossoneri. Gli rubano via il bottino.

L’equipaggio rossonero comincia a litigare tra di loro. Il vichingo svedese prende a parole Gazidis, il quale sembra non voler più contare suoi suoi uomini per approdare nella terra del calcio che conta. Agli uomini del vascello rossonero non resterà che mettersi in salvo, ciascuno sulla propria scialuppa. Boban andrà all’alta corte della giustizia suprema per esporre i fatti e far sentire le proprie ragioni e malgrado tutto otterrà anche un nuovo incarico nei palazzi della terra del calcio che conta. Gazidis nonostante tutto otterrà il comando assoluto del vascello rossonero ma su di lui rimarrà l’onda negativa di aver indotto con il suo comportamento scorretto e cinico l’ammutinamento degli uomini del vascello rossonero.

 

La morale della storia un po’ me l’ha aspettavo e infatti il racconto finisce esattamente con queste parole:

la marina ti ha dato i gradi, ma non ha ottenuto la nostra stima.

Ma le parole che maggiormente mi hanno colpito sono state:

siete in prigione ora, ma non rinchiusi, ma esclusi.

 

Queste parole le ho trovate adatte a descrivere la nostra situazione di emarginati a causa del coronavirus, perché ora più che mai ciascuno di noi nel suo stato di isolamento è escluso all’altro. Da Milanistaconvinto mi domando per quanto tempo dovremo rimanere esclusi?