All'inizio dell'estate quella dell'under 19 era la spedizione azzurra giovanile che avevo cerchiato e sulla quale contavo maggiormente per un risultato importante, per varie ragioni.

Da un lato le altre nazionali si portavano dietro tante incognite: l'under 17 è sempre imprevedibile, l'under 20 era stata costruita in fretta e furia dovendo fare i conti con innumerevoli defezioni e l'under 21 non aveva mai impressionato nel corso del biennio, palesando anzi limiti significativi.

Al contrario, la truppa di mister Alberto Bollini giungeva a Malta dopo aver superato in modo convincente un girone tosto nella fase Elite che comprendeva i padroni di casa della Germania (Battuti 3-2) e il sempre temibile Belgio. Aggiungendo a questo la presenza tra i convocati di alcuni vicecampioni del mondo Under 20 (Faticanti, Pisilli, Esposito, Lipani) e di prospetti reclamizzati e ambiti sul mercato (Chiarodia, Missori, Ndour, D'Andrea, Vignato...), ecco che le premesse di fare bene c'erano tutte. Ad aumentare le mie aspettative c'era anche il fatto che gli azzurrini erano stati inseriti in un girone all'apparenza abbordabile (Malta, Portogallo e Polonia) ed erano sicuramente favoriti per agguantare almeno una semifinale.

Proprio per questo ero rimasto deluso dalle prestazioni offerte dalla squadra nel girone. Certo, contro Malta la vittoria non era mai stata in dubbio, ma gli azzurrini avevano mostrato limiti in zona realizzativa, riuscendo a cogliere il gol solo grazie ai calci piazzati.
Tuttavia va detto che, evidentemente, la disfatta contro il Portogallo non era indicativa del livello della nostra nazionale, che in 11 contro 11 stava riuscendo a mantenere la situazione in equilibrio. Bisogna però anche constatare che i lusitani avevano ampiamente meritato la vittoria, sovrastandoci dal punto di vista fisico anche in parità numerica e mettendoci in difficoltà con il loro pressing asfissiante . Anche il fatto di aver mollato negli ultimi minuti concedendo due gol mi era sembrato un brutto segnale, visto che aveva rischiato di compromettere la qualificazione alle semifinali per via della differenza reti.

Contro la Polonia, poi, i ragazzi di Bollini non avevano per nulla impressionato. Certo, i polacchi non avevano combinato granchè, trovando il gol solo per un grave errore del portiere Mastrantonio, ma non è che gli azzurrini avessero fatto molto meglio, riuscendo a strappare la qualificazione per il rotto della cuffia (per il maggior numero di gol segnati) solo grazie ad un fenomenale spunto individuale di Vignato.

Ad essere primo responsabile delle difficoltà della squadra era, almeno secondo me, proprio mister Bollini, le cui scelte apparivano cervellotiche e inefficaci. In particolare l'allenatore azzurro continuava a schierare giocatori fuori ruolo: Regonesi difensore centrale, Missori terzino sinistro, Lipani vertice basso del centrocampo a tre, Hasa ala destra. È vero che c'erano state alcune indisponibilità, ma molti ragazzi non sembravano trovare le giuste distanze o le giocate adatte.

La svolta è arrivata con la partita di semifinale contro la Spagna. Il rientro a pieno regime del capitano Faticanti a portare equilibrio a centrocampo è stato fondamentale, ma Bollini ha avuto l'intuizione risolutiva disegnando il suo modulo ibrido, intermedio tra il 4-3-3 e il 4-4-1-1. Il nuovo sistema di gioco ha esaltato le caratteristiche di Hasa, libero di muoversi e cercare palloni tra le linee in fase di possesso e pedina tattica importante in fase di non possesso.
Il talento della Juventus è emerso come il leader tecnico degli azzurrini smazzando 3 assist tra semifinale e finale e in generale diventando spina nel fianco delle difese avversarie.
A beneficiare del nuovo assetto tattico sono stati anche Kayode, che ha potuto sfruttare la sua esuberanza fisica per imperversare sulla destra, e Vignato, che sul lato opposto poteva sia associarsi con Hasa che puntare gli avversari all'1 contro 1.
Un'altra scelta decisamente azzeccata è stata quella di inserire Alessandro Dellavalle al fianco del cugino Lorenzo al centro della difesa: i due hanno formato una coppia difensiva fisica e attenta, capace di imbrigliare per lunghi tratti alcuni dei migliori talenti offensivi del continente.

Insomma, ci sono grandi meriti da riconoscere ad un allenatore e ad un gruppo di ragazzi capaci di maturare e migliorare nel corso di un torneo così breve e di disputare le proprie migliori partite al cospetto degli avversari più temibili.

Contro  Portogallo e Spagna questa Under 19 ha messo in campo tutto quello che ci si può aspettare da un gruppo di giovani: qualità e idee in fase offensiva, tenacia, ordine e applicazione in fase difensiva ottima tenuta atletica e fisica, cuore e lucidità nel reagire ai gol subiti e nel difendere il vantaggio acquisito. Ovviamente non è stato tutto perfetto, ma gli errori a 18-19 anni ci possono e ci devono stare: quello che conta è la capacità di capire e imparare dai propri errori e secondo me è proprio quello che ha fatto la differenza per questa Under 19, sconfitta dall'Estonia all'inizio del percorso di qualificazione e poi capace di interrompere un lunghissimo digiuno di vittorie a livello giovanile.

Nel 2003 era arrivato l'unico altro successo in questa categoria e un anno più tardi l'under 21 aveva conqustato l'ultimo nostro trofeo giovanile prima di quello di ieri sera. In mezzo erano arrivate 8 finali perse consecutive a livello (3 con l'Under 19, 3 con l'under 17, 1 con l'under 21 e 1 con l'under 20). Inoltre non credo di dover ricordare a nessuno che quest'anno le nostre squadre, tra club e nazionali, non abbiano avuto molta fortuna con gli atti finali.
Spero che questo successo possa portare nuovo entusiasmo al nostro movimento: magari non avremo i campioni, ma i buoni giocatori ci sono. Sta alle nostre squadre puntare su di loro e metterli nelle condizioni di crescere in contesti di calcio moderno dal punto di vista fisico, tecnico e tattico. In un mondo in cui i nostri club non possono permettersi di comprare i campioni come in passato, valorizzare i talenti nostrani può e deve valere la pena.

Concludo con una considerazione che all'apparenza ha del contraddittorio: proprio nell'anno in cui il Lecce vince il campionato primavera schierando pressochè solo giocatori stranieri, la nostra nazionale vince gli europei nella categoria di riferimento del massimo campionato giovanile. Sembra assurdo e anch'io trovo difficile conciliare ragionevolmente questi fatti che pero', alla prova empirica, coesistono.

Beh, del resto siamo la nazionale campione d'Europa e contemporaneamente abbiamo mancato la qualificazione a due mondiali di fila. Le nostre squadre di club fanno fatica per tanti anni poi raggiungono tre finali europee nella stessa stagione e finiscono per perderle tutte. Le nostre nazionali giovanili hanno successo, ma i ragazzi trovano poco spazio: contraddizione non è forse la parola chiave di quest'epoca del calcio italiano?

Con tutto il mio cuore di tifoso italiano: COMPLIMENTI E GRAZIE RAGAZZI!