Il piccolo Benevento sgangherato e raffazzonato gioca da squadra e la capolista di Serie A che arriva dall'ovvio ridimensionamento Champions ad opera di una squadra vera come il Real, piena di giocatori veri che nelle grandi sfide non nicchiano e si nascondono ma si esaltano, facendo la differenza sul campo invece che oltre il terreno di gioco, prevale per un larghissimo penalty sul gordo Higuain. Naturalmente nessun VAR ha ritenuto d'intervenire sui soliti falli proibiti della retroguardia bianconera nel pieno della propria area di rigore.

Anche oggi ai mezzi giocatori juventini è piaciuto vincere facile: contenti loro...

Solite manfrine in campo, solita tracotanza, solita subalternità del direttore di gara, solito strabico uso del VAR, di cui finalmente il club torinese con capogruppo di diritto olandese non si lamenta più: e perché mai dovrebbe lamentarsene?

Poi si chiedono perché non vincono in Champions, al di là della manifesta inferiorità tecnica, di gioco e tattica, riaffermata dall'interposta intelligenza calcistica di Zinédine, uno che raglia poco e sa come si mette un calciatore in condizione di rendere al meglio, come si nota della dedizione in campo dei suoi interpreti: particolarmente quando il gioco si fa duro.

Il Benevento degli eccessi anche questa volta dimostra che c'è differenza tra giocare pulito e giocare corazzati. A noi continua a piacere che si giochi pulito anche a costo di non raccogliere risultati adeguati. Ad altri piace vincere solo nel cortile di casa che fuori le tutele si allentano ed i valori veri emergono, tragicomicamente, qualcosa di collocabile tra Tafazzi ed il ragionier Ugo Fantozzi.
E gli sguardi si abbassano, la tracotanza sparisce e i risultati non arrivano, puntualmente, come orologi svizzeri di altissima manifattura.