C'è un dolce tipico di questo periodo che a Roma chiamano bignè, ed è un'altra cosa proprio, e a Benevento e Napoli zeppola di san Giuseppe, abbastanza simile per preparazione nelle due città campane, nelle varianti al forno e fritte. I puristi ed io con loro riteniamo che la zeppola di san Giuseppe è fritta, rigorosamente, e quella al forno è una concessione alla glicemia, impreziosita dall'amarena sulla farcitura di crema pasticciera. Ma l'amarena compare anche su quella fritta e sulle repliche mignon, che a Roma sarebbero poco più piccole di quelle per loro ordinarie: ma si sa, tutti i sud sono di loro più generosi. Adolfo Gaich, col 7 di Carmelo Imbriani stampato sulle spalle ed il dichiarato fastidio per l'evocazione di una certa Germania impressa tra nome e cognome, ha messo l'amarena sciroppata sulla zeppola fritta di san Giuseppe, che è un ulteriore omaggio al silenzioso ed operoso santo patrono, oltre che dei moribondi, della Chiesa universale, dei papà e degli artigiani ed una nobilitazione dell'impasto del basamento mai unto - che asciutto dev'essere - e che sale come le colonne tortili dell'altare maggiore di San Pietro, a sostenere la farcitura di crema pasticciera, che ripete il verso della pasta choux che la struttura.

  • Per capirci, quelle pubblicate da Carletto Mazzone su Instagram sono al forno [auguri!]

 https://www.instagram.com/p/CMmefejBie5/

  • Queste qui linkate in foto somigliano molto a quelle della tradizione beneventana

https://www.teleclubitalia.it/78603/ricette-e-sapori-della-nostra-buona-terra-zeppole-di-san-giuseppe-fritte-e-al-forno/

Ora, che il ragazzo ci sapesse fare si capisce dal curriculum, che l'ha costantemente tracciato nel giro delle nazionali argentine, e pure dal suo primo gol italiano infilato al "Picco" di Spezia, il 6 marzo scorso, su appoggio nello spazio di Nicolas Viola in area sulla destra, accovacciamento dell'avversario e finalizzazione stretta sul primo palo in rapida successione, più di fino che di potenza. Quello allo Stadium parte da un intercetto su incomprensibile cambio di gioco in orizzontale di Arthur, pressato alto da Viola, artigliato da Gaich che, contenendo di sportellata il tentativo di contrasto di Danilo, piazza strettissimo sul palo di sinistra dal limite dell'area, dritto per dritto di forza e di precisione, da sinistra rispetto al dischetto del calcio di rigore, bruciando il tentativo di scalata di Bonucci e di parata di Szczesny. Gol da attaccante puro: intuizione, partendo dal versante opposto fuori area per interrompere la linea di passaggio di Arthur, difesa della palla dal ritorno di Danilo, preparazione del tiro indietreggiando verso la lunetta, colpo forte e piazzatissimo in torsione semirovesciata tra Danilo e Bonucci a fil di palo, imprendibile per Szczesny.

Ovazione e costernazione, come sempre nel calcio, e nella vita. Con una venatura di rispetto al dolore che erompe dal momento in cui, appena giunto alla Strega dal CSKA Mosca sul finire della sessione di mercato di gennaio, l’ex San Lorenzo - il club di cui è tifoso papa Francesco - era subito rimasto colpito dall’affetto mostrato dai tifosi del Benevento per l’ex capitano Carmelo Imbriani, scomparso alle 6.45 del 15 febbraio 2013 nel reparto di Ematologia dell'Ospedale "Santa Maria della Misericordia", a Perugia, per l'acutizzarsi del linfoma di Hodgkin. E per onorarne la memoria, fin da subito stabilendo un legame ancestrale e particolarissimo coi suoi nuovi colori, decideva di rinunciare alla maglia numero 23, che s'era appena fatta assegnare, per prendere la numero ‘7’ del ragazzo di San Giovanni di Ceppaloni che giocò anche a fianco di Maradona nell'azzurro più azzurro che fu:
un'impronta di genuina empatia argentina che mai assume i caratteri melanconici del fado portoghese, da Amália Rodrigues ad oggi.  

  • Amália Rodrigues, "Gaivota" - https://youtu.be/aiZ__8HSZsE

Due ultime notazioni. La scorsa settimana Oreste Vigorito toccava i primi 15 anni di presidenza del Calcio Benevento, inaugurata senza scaramanzia il 17 marzo 2006 rilevando il club in C2 ed al cui fratello Ciro è intitolato lo stadio della città, probabilmente in ragione della sua genuina passione per le imprese calcistiche ed il valore pedagogico dei vivai, dalla famiglia gestiti con cura maniacale e ben al di là del valore patrimoniale assunto nel tempo: a sostituire Gaich allo Stadium è subentrato Giuseppe Di Serio, diciannovenne punta centrale, e in panchina siedevano Christian Pastina, ventenne centrale difensivo che ha già esordito in A questa stagione contro l'Atalanta ed è stato impiegato con l'Inter, insieme al diciassettenne portiere Igor Lucatelli, tutti già nei ranghi delle giovanili beneventane. Non poteva immaginare, Vigorito, miglior festeggiamento della sua epopea giallorossa e la distanza interposta al lungo stazionamento in terza e quarta serie, prima di strutturarsi come società professionistica di primo livello, nella sostanza dal primo approdo in massima serie, tre anni fa, dal filotto di due promozioni consecutive dalla Lega Pro alla A, e coi record dei record assoluti conseguiti la scorsa stagione in B per ogni possibile primato di categoria, nonostante il rilassamento a coronamento di una promozione giunta a sette turni dalla conclusione del campionato cadetto. 

Si può dire che la scommessa juventina di un allenatore per l'autogestione suggerita dai vecchi della rosa, a conclusione del non idilliaco interludio di Maurizio Sarri, si deve ritenere fallito. Andrea Pirlo ne porta solo marginalmente le responsabilità, che radicano dal sontuoso contratto di fine corsa accordato a CR7 ed al suo furbissimo procuratore Jorge Mendes, che ha finito per scassare le già non floride casse bianconere, nonostante i reiterati giochi di plusvalenze fittizie e di sponsorizzazioni tratte dal cortile di casa piuttosto che da un mercato che ti scelga per calcolo di effettivo ritorno economico, come meglio di me illustrerebbe Marco Bellinazzo. Ma anche esito prevedibile dei condizionamenti ambientali sulla A che, come sempre succede, sacrificano al conseguimento di tituli sportivi farlocchi una reale contendibilità che, al contrario, rafforzerebbe la reputazione di tutto il movimento ed insieme la propria caratura competitiva internazionale: che ha appena tagliato il traguardo del quarto di secolo senza toccare palla a livello Champions League e, come per contrappasso dantesco, giù li rami, che quest'anno sono sette secoli che il Sommo Poeta defunse senz'anche mai tuttora morire.