Eccomi di nuovo qui!
Ho trascorso un periodo complicato che mi ha tenuto occupato con ben altre questioni e lontano dalla spensieratezza del calcio parlato.
Oggi ritorno a scrivere e vorrei trattare un paio di argomenti che diamo tutti per scontati ma che scontati non dovrebbero essere.

Avrei potuto parlare dell’Italia che si è qualificata agli europei; del rigore non fischiato che ci ha spalancato le porte del torneo; del campionato che sta ripartendo dopo la sosta per le Nazionali, del meraviglioso derby della capitale (non) giocato ultimamente, dell'avvicendamento nella panchina del Napoli...
E invece no. Sarò anacronistico e, forse, polemico, ma, come dicevo, vorrei trattare un paio di argomenti che diamo tutti per scontati ma che scontati non dovrebbero essere.

La trans agonistica
Che cos’è?
La miglior definizione che potrei dare è: il nome che viene dato a comportamenti illeciti, giustificandoli, pur sapendo che tali comportamenti non verrebbero accettati in ambiti differenti.

Provo a spiegarmi meglio. È oramai prassi consolidata suddividere il pianeta in tre micromondi: il rettangolo di gioco; lo stadio e dintorni, in resto del mondo.
Si tratta di tre micromondi nei quali, pur in presenza della medesima giurisdizione e delle medesime leggi, le norme vengono applicate con modalità differenti.
Un esempio? Scoppia una rissa. Quali sono o potrebbero essere le conseguenze:
In campo. Potrebbero volare alcuni cartellini gialli ad indicare la fine delle ostilità. Mal che vada, un bel rosso a chi è più facinoroso di altri. Nella peggiore delle ipotesi potrebbe scattare qualche giornata di squalifica.
Nello stadio o nei pressi. DASPO. Non puoi frequentare lo stadio per un periodo determinato.
Nel mondo reale. Una bella denuncia che, nei casi più gravi, potrebbe essere contornata da varie aggravanti.
Perché tali disparità?
Ciò che avviene in campo resta in campo. Questo principio è avallato dal cosiddetto vincolo di giustizia sportiva che comporta l’obbligatorietà, per tutti i soggetti appartenenti all’ordinamento sportivo, di adire esclusivamente gli organi di giustizia sportiva in caso di controversie sorte in ambito sportivo. In altre parole, se mi dai un pugno durante una partita, non posso denunciarti, ma debbo “accontentarmi” di ciò che ha stabilito l’arbitro in campo ed il giudice sportivo fuori.
Ciò che avviene allo stadio è soggetto a norme speciali che dovrebbero avere come obiettivo quello di limitare la violenza negli stadi ma che troppo spesso sembrerebbero diluire la giustizia ordinaria.

Cosa c’entra tutto questo con la trans agonistica? Forse nulla, tuttavia non posso non notare che siamo tutti portati, chi più chi meno, ad accettare in fatto che lo stress da prestazione al quale sono soggetti i calciatori in campo, quelli in panchina, staff incluso, e, a volte, gli stessi dirigenti in tribuna, li autorizzi, o quantomeno giustifichi, in caso di comportamenti fuori dalle righe.
Ma quanto è grande ‘sto stress? Ma che vita difficile vivono questi poveri calciatori? Non è che dovremmo rivedere il loro contratto al fine di migliorar la loro stressante ed impossibile vita?
Pensiamoci. Il mondo è pieno di persone che hanno problemi sul lavoro, in famiglia, col vicino molesto, col capo arrogante, con i figli difficili... c’è chi il lavoro nemmeno lo ha. Chi non arriva a fine mese, chi è stato lasciato dal partner, chi vive un grave lutto, chi lotta con una malattia crudele...
Eppure... nessuno può giustificare con la trans agonistica il proprio operato. Siamo tutti pronti a giudicare e non giustificare l’operato altrui.
Provate voi a mandare a quel paese (si fa per dire) il vostro datore di lavoro palesemente davanti a tutti; penserà "poverino, è stressato, la trans agonistica...", o avvierà le pratiche per il licenziamento per giusta causa? 

In campo no. Nel nome della trans agonistica tutto o quasi è permesso.
Stiamo crescendo degli arroganti, privilegiati, viziati ed arricchiti uomini. Tanti piccoli Marchesi del Grillo insomma... Poi ci sorprendiamo quando ci voltano le spalle per curare un loro (spesso legittimo) interesse e gli diamo dei traditori, degli infami.
Forse, dico forse, dovremmo essere meno disposti a coccolare e difendere ad ogni costo i nostri beniamini ed iniziare, invece, a pretendere anche da loro quel rispetto che la società impone a tutti noi.


E da qui parto per focalizzare il secondo argomento:

Siamo lama o calciatori?
Sembrerebbe che, se non sputi in terra, non sei degno di calcare i campi di gioco. Questa cosa non l’ho mai accettata e mai l’accetterò!
Mi direte, ma loro corrono per 90 minuti! È normale che abbiano la necessità di sputare. Si, però i calciatori neanche entrano in campo che già sputano. Sputano anche i portieri che corrono ben poco. Sputano anche quelli che stanno in panchina! Sputano gli allenatori!

Ma perché?
Avete mai visto sputare un giocatore di basket? O un tennista? O un giocatore di rugby?
Pensate veramente che questi ultimi corrano meno dei calciatori?
E allora perché esiste un’intera categoria di sputatori professionisti?

Nel 2008 le Olimpiadi si sono svolte a Pechino. Le autorità cinesi, preoccupate di far bella figura con il resto del mondo, hanno promulgato con largo anticipo delle leggi che sanzionassero, tra gli altri, chi sputava in terra. Questo per “correggere” alcuni comportamenti ritenuti normali in patria ma malvisti all’estero.
Non si potrebbe pensare una soluzione analoga in ambito di giustizia sportiva volta ad eliminare una volta per sempre questa odiosa abitudine?
È mai possibile, dico io, che ci riempiamo spesso la bocca di frasi tipo “i calciatori sono dei riferimenti per i più giovani, un esempio...” e poi accettiamo che questo esempio continui a sputare in terra? Sono l’unico a cui questa cosa dà particolarmente fastidio?
E non mi venite a dire che non si può far nulla, che, se introducessimo una regola che sanziona il giocatore sputatore con un bel cartellino, le partite finirebbero tre contro tre...
Sono convinto che dalla seconda giornata i lama non scenderebbero più in campo e tutto si normalizzerebbe.
Ricordo che la più grande rivoluzione del mondo del calcio è avvenuta con l’introduzione della legge che vieta al portiere di toccare la palla con le mani in caso di retropassaggio. Una vera rivoluzione!
Cos’è accaduto di così eclatante? Un paio di punizioni dall’interno dell’area di rigore nelle prime giornate e nulla più. Si sono tutti adeguati. Portieri abituati sin dalla nascita a prendere sempre e comunque il pallone con le mani, semplicemente hanno smesso di farlo.
Pensiamo veramente che non sarebbero in grado di smettere di sputare?
Ma ve lo immaginate un calciatore a spasso per le vie della città con moglie e figli che sputazza ogni due passi? No? E allora sanno benissimo trattenersi da questo ignobile gesto! Sanno quando si può e non si può fare e di conseguenza si adeguano.
Perché, allora, non estendere anche al campo di gioco la territorialità dello sputo vietato?

Sono veramente curioso di sapere se sono l’unico che la pensa così. Voi che ne pensate?
Sarei felice di conoscere il vostro pensiero in merito.

Grazie e buon calcio a tutti.