NOTA della redazione per i blogger: per il mese di febbraio, sono stati sospesi i voti agli articoli, ecco perché tutti i blogger ricevono una bassa valutazione con il voto 1; vogliamo dunque chiarire che non è un giudizio negativo al pezzo qui proposto. Grazie per continuare a scrivere su VxL.


Quando si parla del Torino, della sua storia e della sua anima, credo sia doveroso iniziare dal Grande Torino, splendido interprete, più di qualsiasi altra formazione, del significato dei suoi colori e dei suoi valori . Dopo la sua scomparsa rimase nel cuore di tutti gli sportivi italiani, come la squadra di club con valenza nazionale.
Quell’infausto giorno di maggio l’aereo del Torino, di ritorno da Lisbona dopo un’amichevole con il Benfica, si schiantò contro una parete della Basilica di Superga: morirono tutti! Non avrebbero dovuto essere lì, la rotta originale era per Milano. Accadde così, pochi minuti dall’atterraggio, quasi a casa! In un attimo scomparve tutto ciò che fu e ciò che poteva essere. Un lampo che riverberò su Torino, lasciando un segno indelebile nei cuori. Ognuno ricordò per sempre il momento in cui seppe del disastro. I soccorsi furono pronti, ma non vi fu alcun superstite e le vittime furono trentuno: i Campioni, tecnici della squadra, giornalisti ed equipaggio.

Le esequie che la città tributò al Grande Torino furono impressionanti. Una folla immensa ed attonita  si radunò nelle vie e nelle piazze della città, per l’ultimo saluto a Capitan Valentino ed a tutta la sua squadra. Tutti gli abitanti della città più  altri venuti da lontano, in tutto oltre 600.000 persone, erano presenti allo sfilare del corteo funebre. La gente era dappertutto, persino aggrappata ai camini di Piazza S, Carlo,  nei corsi tra due ali di folla in assoluto silenzio, tale da poter udire i piccoli scoppiettii delle pietre frantumate dalle ruote dei Carri Funebri. Chiudeva il corteo il Conte Rosso, la corriera impiegata per le trasferte vicine, che volle accompagnarli alle ultime dimore, in cui molti ancora riposano uno accanto all’altro, rinnovando al visitatore lo strazio per l’ immane tragedia.
Il corteo si concluse, la folla si intrattenne a lungo, quindi mestamente si ritirò lasciando sparuti gruppetti di persone che si attardavano non riuscendo a capacitarsi dell’accaduto, immersi in infiniti ricordi. A sera la luce cambiò e un cupo tramonto ammantò le Alpi Occidentali della corona montuosa che circonda la città di Torino. Un tramonto che tinse di granata ogni cosa e che, con il calar della sera, dovette costituire una sorta di ammaina bandiera  listata a lutto dal crepuscolo che inesorabilmente chiuse quella inconcepibile giornata.

Lo stato d’animo e il sentimento di tutti gli sportivi italiani, all’indomani del dramma di Superga del 4 maggio 1949, fu espresso, dal rimpianto Giovanni Arpino, poeta, scrittore e giornalista Torinese, tifoso della Juventus, ma appassionato del Grande Torino, con la sua poesia “Me Grand Turin” che inizia cosi:
“Russ cume el sang fort cum el Barbera vöj ricordete adess, me grand Türin ….”

I Colori di cui parla Arpino sono quelli emblematici della passione e dell’amore, del sangue e della forza d’animo.
In queste sue parole, scritte in lingua regionale piemontese, espressione dell’anima della propria terra, identifica la Squadra leggendaria nei colori significativi del suo modo di essere, pura essenza di tutte le compagini granata, inserita profondamente nella storia della sua città, cui è intimamente legata prima, durante e dopo la Tragedia di Superga.

A partire dal 63° anniversario, per commemorare quei Campioni e le altre vittime, la Mole Antonelliana, simbolo della città di Torino, si illumina di granata. Fu istituita anche la Giornata della Memoria Granata, quando il Grande Torino divenne ufficialmente parte del Patrimonio Culturale della città. Successivamente, la colorazione granata della Mole fu integrata con il logo del Toro Rampante, simbolo tanto della Città Sabauda quanto del Torino FC fin dagli inizi. Infatti il Toro Rampante è rimasto scolpito sul più antico reperto del Filadelfia, il basamento del pennone porta bandiera a fianco dell’ingresso, l’unico  intatto dal 1927 fino ai nostri giorni.

Ma quale motivazione, quale significato avevano questi colori e perché fu scelto proprio il granata, così emblematico ed intimo nella storia di Torino?
Per comprenderlo dobbiamo ripercorrere sia la storia del Torino FC che quella dell’ antica città Sabauda, adagiata sui tre fiumi il Po, la Dora Riparia e la Dora Baltea, vicino ai quali si svolsero le antiche vicende della prima capitale del Regno d’Italia.

Il Torino FC fu fondato il 3 dicembre 1906, in Piazza Solferino angolo via Pietro Micca, nei locali della birreria Voight, dove adesso si trova un bar. Una targa sulla parete di una saletta  ricorda questo avvenimento. In quel luogo fu sottoscritto l’atto che sanciva la nascita del Torino FC tramite la fusione della Torinese FC con giocatori e dirigenti provenienti dalla Juventus, guidati dallo svizzero Alfonso Dick. Questa squadra era il risultato di diverse fusioni precedenti con altre squadre torinesi, la prima delle quali fu “L’internazionale Torino” fondata nel 1887, Presidente  il Duca degli Abruzzi.
Subito dopo la fondazione, il Torino FC assunse i colori sociali della Torinese, con una maglia a bande verticali  nere e arancione. La scelta non si dimostrò felice. Quei colori erano gli stessi degli  Asburgo, acerrimi nemici dei Savoia dopo il Risorgimento e ovviamente non graditi ai Reali.
Occorreva trovare un altro colore adatto. Si pensò all’azzurro, tipico colore Sabaudo, che però poteva essere confuso con quello della Nazionale. Furono ipotizzate altre soluzioni. Fonte d’ispirazione fu l’Assedio di Torino del 1706, imposto dai Francesi nell’ambito della guerra di Successione Spagnola, di cui si commemorava il bicentenario proprio in quell’anno, il 1906. Molte furono le iniziative per ricordare quell’avvenimento e celebrare i suoi eroi primo fra tutti Pietro Micca.
La tradizione racconta come dopo numerosi mesi di lotte e sofferenze, ad agosto, i Piemontesi fossero arrivati allo stremo delle forze e dei rifornimenti. A fine Agosto, Vittorio Amedeo II Duca di Savoia,  attendeva disperatamente rinforzi quando arrivò suo cugino, il Principe Eugenio di Savoia, e le sue milizie austriache mercenarie. I due comandanti salirono sulla collina di Superga, osservarono il campo di battaglia dall’alto e concordarono un attacco con un’azione simultanea di tutte le loro truppe.

Lasciando Superga, Il Duca Vittorio Amedeo II, consapevole che solo una vittoria poteva salvare il suo popolo, espresse il famoso Voto “Se i Piemontesi vinceranno, farò erigere qui un magnifico tempio” anticipando la costruzione di S. Maria delle Grazie, futura Basilica di Superga.
Il 6 settembre, le truppe alleate Piemontesi e Austriache diedero battaglia fin dalle prime ore del mattino. Il combattimento, cruento, si protrasse fino al 7 settembre, quando le truppe Austriache, vicino a Lucento, riuscirono, poco dopo mezzogiorno, a sfondare il fronte degli assedianti francesi mettendo in fuga i nemici. Proprio in quel momento si verificò un episodio epico. La battaglia aveva sollevato un gran polverone che aveva impedito al Duca di Savoia, sebbene vicino al punto cruciale, di osservare la manovra di sfondamento, e quindi occorreva avvertirlo. Fu inviato come messaggero un Dragone dello squadrone del Savoia Cavalleria. L’intrepido cavaliere dovette attraversare le linee nemiche, ancora molto battagliere, che lo avvistarono e lo crivellarono di colpi. Il Dragone fu colpito anche al collo dalla cui ferita sgorgò copioso il sangue, che tinse di granata la cravatta rossa del cavaliere. L’eroico Dragone riuscì a raggiungere il Duca di Savoia, dandogli la notizia della vittoria, poi cadde da cavallo e spirò.
Il Savoia Cavalleria, per ordine del Duca Vittorio Amedeo II, in onore del suo eroe draconiano, da quel momento e per sempre, collocò sulla giubba un bordino granata rosso sangue che nel tempo assunse forme diverse fino alle ultime mostrine granata.

Fra i fondatori del Torino FC, due secoli piu tardi, in pieno clima di rievocazione, qualcuno si ispirò a questa ben nota tradizione del glorioso squadrone Sabaudo, probabilmente anche in Onore del Duca degli Abruzzi, Presidente Onorario; cosicchè propose che anche le maglie della squadra diventassero granata. Assumere quel colore con la motivazione di ricordare il Dragone tenace, coraggioso e foriero di vittoria, nel solco delle tradizioni Piemontesi, significò legare il Torino FC all’evento piu celebre vissuto dalla città fino a quel tempo e, in senso sportivo, essere sempre portatore di vittoria. La scelta del colore granata, secondo questa ipotesi, ebbe una base storico – romantica consona alla cultura della città di Torino nel 1906.
Per completezza occorre citare un'altra ipotesi, secondo la quale la maglia del Torino assunse il colore granata per similitudine alle maglie della squadra svizzera del Serviette, di cui erano tifosi alcuni soci fondatori. Personalmente ritengo questa alternativa poco pertinente  allo spirito dell’epoca.
In tempi recenti, i colori della Torinese furono ripresi piu volte per la cosiddetta terza maglia del Torino.
La storia del Torino FC si intreccia fortemente con quella della sua città. Ciò renderà indissolubile il legame tra la Squadra, la Città di Torino ed i suoi abitanti.

Sia la città come la squadra del Torino hanno attraversato momenti molto difficili, in cui hanno rischiato di soccombere a marosi tempestosi molto forti, talvolta letali, abbatterono uomini e giocatori simbolici ed importanti, affrontando situazioni pericolose e rischiose, dove occorre essere non solo del Toro, ma da Toro.