Esattamente 8 anni fa l'Inter diventava la squadra campione d'Europa, l'apoteosi di un ciclo vincente iniziato nel 2005 con l'accoppiata Coppa Italia-Supercoppa che sarebbe volto al termine dalla notte di Madrid a poco più di un anno con la Coppa Italia vinta contro il Palermo all'Olimpico. Proprio all'Olimpico, l'Inter è finalmente tornata a gioire per un obiettivo raggiunto, a 7 anni da quell'ultimo trofeo alzato dagli uomini di Leonardo, qualificandosi in Champions League a più di 6 anni dall'eliminazione inferta dal Marsiglia agli ottavi di una competizione che i nerazzurri negli anni a venire non avrebbero più neanche sfiorato.
Sesto posto nel 2012, nono posto nel 2013, quinto posto nel 2014, ottavo posto nel 2015, quarto posto (non sufficiente per l'ingresso in Champions) nel 2016, settimo posto nel 2017: sesto posto medio nelle ultime sei stagioni.

Questo purgatorio senza fine è stato interrotto da Luciano Spalletti, chiamato a risollevare l'Inter dopo la prima sciagurata stagione sotto la gestione Suning, grazie al successo al cardiopalma contro la Lazio, diretta concorrente per l'accesso alla coppa continentale più importante.

Ecco un'analisi del rendimento e dell'operato di tutte le componenti nerazzurre, dalla rosa all'allenatore, dall'area tecnica alla proprietà cinese di Suning. 

LE PAGELLE

1 - SAMIR HANDANOVIC 6,5: il suo zampino sulla stagione dell'Inter è presente sia nel bene che nel male. In più occasioni salva la squadra con grandi interventi e riflessi (come a Crotone e a Cagliari) ma in altrettante occasioni palesa un principio di involuzione attraverso mancate uscite e posizionamenti statici. Contro Sampdoria, Sassuolo e Juventus commette lo stesso identico errore: rimanere piantato sulla linea a centro porta lasciando scoperto il primo palo. Contro i bianconeri corona una prestazione horror rimanendo immobile su tutti i gol e addirittura scansandosi in direzione palo dalla traiettoria del pallone messo in mezzo da Cuadrado, in quel caso sarebbe invece bastato restare fermo per impedire la rimonta juventina. All'Inter dal 2012, merita questa Champions per aver dovuto assistere inerme agli scempi di linee difensive inadeguate, forse però è il caso che l'Inter cominci a guardarsi intorno per reperire un nuovo portiere che garantisca affidabilità nell'arco di tutta la stagione anche attraverso fondamentali di cui l'ormai 34enne sloveno difetta: il gioco con i piedi, una personalità più spiccata per guidare la retroguardia e le uscite alte per sbrogliare situazioni potenzialmente pericolose.

27 - DANIELE PADELLI S.V.: para due rigori al Pordenone negli ottavi di Coppa Italia, contribuendo ad evitare all'Inter una figuraccia di dimensioni cosmiche.

46 - TOMMASO BERNI S.V.: all'Inter dal 2014, non ha mai neanche sfiorato il prato verde. Uomo spogliatoio.

2 - LISANDRO LOPEZ S.V.: 45 minuti contro il Bologna e nulla più, colma il buco del quarto centrale in rosa che era costato 2 punti in Fiorentina-Inter di inizio gennaio. Non sarà riscattato dal Benfica per 9 milioni.

7 - JOAO CANCELO 7: dopo un girone d'andata di apprendistato diventa fondamentale per l'attuazione di quella difesa a tre e mezzo tanto cara a Spalletti che gli consente, sprigionando il portoghese a tutta fascia da vero regista difensivo, di accentrare Candreva e creare nuove soluzioni offensive. Piedi da trequartista e incaricato di quasi tutti i calci piazzati, mostra anche buoni progressi difensivi e meriterebbe un riscatto che da utopistico ad agosto scorso è diventato sempre meno improbabile ma non per questo meno difficile economicamente. Un mancato riscatto a causa dei 20 milioni più bonus spesi per il dirimpettaio Dalbert sarebbe un vero peccato.

13 - ANDREA RANOCCHIA 6,5: seppur da rincalzo, come primo cambio della coppia centrale titolare, la miglior stagione in nerazzurro. Due gol, il 2-0 al Benevento nella partita della svolta per il finale di stagione e lo 0-1 a Udine, poche sbavature e una determinazione che raramente aveva mostrato nella sua negativa parentesi da capitano. Sfortunato in occasione del gol annullato per la sua posizione di fuorigioco ai quarti di Coppa Italia contro il Milan e dell'autogol di Genova quando Skriniar gli tira addosso un pallone che Handanovic avrebbe dovuto chiamare. Il suo ingresso per l'angolo decisivo a Roma fa saltare le marcature biancocelesti regalando all'Inter il ritorno in Champions. Rigenerato da Spalletti, ora potrebbe rimanere in rosa non per emergenza come a fine agosto scorso ma da quarto centrale su cui fare affidamento senza più i vecchi patemi.

21 - DAVIDE SANTON 4: Ausilio lo riporta all'Inter nel gennaio 2015, Mancini lo mette sul mercato pochi mesi dopo ma alla fine rimane, come quando nell'estate 2016 viene ceduto al Sunderland e al Napoli ma in entrambi i casi non supera le visite mediche. Spalletti prova a recuperarlo ottenendo inizialmente discrete risposte, ma poi viene tradito con una manciata di punti persi per evidenti errori tecnici: Udinese, Roma e infine Juventus, punti che potevano costare la Champions. 

25 - JOAO MIRANDA 7: per lunghi tratti il baluardo che aveva portato l'Atletico di Simeone campione di Spagna (il cui ciclo era iniziato anche grazie al suo gol di testa al Bernabeu in finale di Copa del Rey) a un minuto dalla Champions League. Non sbaglia nulla negli scontri diretti, la concentrazione cala contro avversari inferiori che lo portano a giocare con eccessiva confidenza e sufficienza. In scadenza di contratto tra un anno, sarebbe importantissimo trattenerlo a Milano per disputare la Champions nonostante l'arrivo di De Vrij. Un Joao in forma Mondiale, capitano del Brasile, da confermare con o senza prolungamento di contratto almeno per un'ultima stagione.

29 - HENRIQUE DALBERT 5: trattato per due mesi da Ausilio e Sabatini prima di pagarlo 20 milioni più bonus, doveva essere il cavallo della fascia sinistra, invece si è rivelato timido e impacciato. Frenetico nell'eseguire movimenti difensivi al punto da rinunciare a esibire la spinta che lo aveva contraddistinto al Nizza, il suo acquisto non solo non si rivela valore aggiunto ma addirittura comporta una perdita di punti notevole perché Spalletti non si fida di lui e prova a puntare su Santon. Con l'arrivo di Asamoah, due gli scenari per il brasiliano: riserva del ghanese con un anno di apprendistato alle spalle oppure una cessione che certificherebbe il suo ingresso nella lunga lista tra i terzini sinistri colpiti dalla maledizione nerazzurra.

33 - DANILO D'AMBROSIO 6,5: ottimo nella prima parte di stagione nell'asse di destra con Candreva, se la cava anche quando Spalletti lo dirotta a sinistra promuovendo Cancelo. Fase difensiva quasi sempre impeccabile, non gli si può certo chiedere di arrivare sul fondo e crossare come Maicon, infatti recita alla perfezione il ruolo di terzo centrale da terzino che rimane stretto. Fondamentale nei calci piazzati, pesantissimo il suo gol contro il Genoa allo scadere e l'1-1 dell'Olimpico in mezza rovesciata ad anticipare Strakosha. Ormai stabilmente nel giro della Nazionale con Mancini che non ha mai nascosto la sua stima per lui.

37 - MILAN SKRINIAR 8: la piacevole sorpresa dell'anno, arrivato in sordina dalla Sampdoria in un'operazione orchestrata alla grande da Ausilio, si ritrova subito a dover gestire la pressione interista senza risentire del salto compiuto. Tempismo perfetto negli interventi, quasi sempre puliti sul pallone al punto da aver collezionato pochissimi cartellini gialli, assoluta padronanza del proprio strapotere fisico, cinico davanti alla porta (4 reti, che avrebbero potuto essere 7 senza i legni colpiti contro Spal, Udinese e Napoli) e abile nel laser pass a pescare il giocatore tra le linee direttamente dalla propria trequarti. Impressionante per costanza di rendimento. Il suo urlo che rimbomba su San Siro dopo il gol scaccia fantasmi al Benevento è l'immagine di un'Inter che ha lottato, ci ha creduto e ha ottenuto ciò che voleva.

55 - YUTO NAGATOMO 6: sempre sufficiente quando chiamato in causa da Spalletti, fin quando resta ai margini per diverse partite e per non rischiare di perdere il Mondiale accetta di trasferirsi al Galatasaray dove diventa campione di Turchia.

5 - ROBERTO GAGLIARDINI 6: una prima parte di stagione in grande difficoltà, poi sale di prestazioni quando Spalletti gli affianca Brozovic sgravandolo di compiti d'impostazione libero di recuperare più palloni possibili e proporsi in fase conclusiva come ai suoi brillanti inizi. Non è stata la stagione della consacrazione, rimandato al prossimo anno con fiducia per il contributo apportato prima dell'infortunio che gli ha fatto saltare il rush finale di stagione.

8 - ALCANTARA RAFINHA 7: cambia il volto dell'Inter andando a riempire l'inquietante voragine sulla trequarti prima del suo arrivo. Gli servono un paio di mesi per recuperare una condizione accettabile dopo il lungo infortunio, poi non esce più dalla formazione. Gara dopo gara inizia a macinare assist, colpisce un palo a Torino e segna il raddoppio a Udine prima dell'inutile 1-2 al Sassuolo. Sublime la difesa del pallone e la tecnica con cui smista palloni al cashmere in verticale. Arriva nel momento di maggior difficoltà della squadra e si ritrova a ricoprire lo scomodo ruolo di salvatore della patria dopo quasi un anno di inattività agonistica, ne esce senza timore e con un senso si appartenenza mai visto. Come Cancelo, da riscattare.

10 - JOAO MARIO 4,5: doveva essere il colpo a effetto di Suning nell'estate dell'insediamento, si rivela superfluo prima e dannoso poi. Sufficienza indisponente e una grinta che rasenta lo zero, caratteristiche non certo tipiche di un campione d'Europa. Spalletti ci si affida da titolare contro la Spal e lui si procura un rigore, lo ripropone a Crotone e Bologna con esiti tragicomici e lo rispolvera dopo mesi di panchina nel derby di Coppa Italia quando si divora il gol qualificazione prima di proporre una partita da 3 in pagella a Firenze nel ruolo di Candreva. Ceduto in prestito al West Ham, contribuisce in minima parte alla salvezza degli Hammers in attesa di trovare una nuova sistemazione, che quasi sicuramente non sarà l'Inter. Mezzo voto in più per l'ingresso positivo nella ripresa di Roma ad agosto e per il corner battuto contro il Genoa per il gol di D'Ambrosio.

11 - MATIAS VECINO 6,5: è l'uomo del destino. Segna all'Olimpico ad agosto contro la Roma il gol della sicurezza, si ripete nel rematch di gennaio pareggiando allo scadere e completa la rimonta sulla Lazio svettando su Milinkovic Savic. L'Inter se la giocava con le romane per entrare in Champions, l'uruguagio le ha castigate entrambe ripagando abbondantemente l'investimento di 24 milioni della clausola pagata alla Fiorentina.

20 - IGLESIAS BORJA VALERO 6: un inizio di stagione più che sufficiente e un finale in netto calo, lo spagnolo ex Villarreal e Fiorentina si rende utile per palleggio ma non può più garantire grande rapidità d'esecuzione. Due gol, a Verona e Udine, per il pupillo di Spalletti.

77 -  MARCELO BROZOVIC 7: la sliding door della stagione nerazzurra è la sua mancata partenza sul volo prenotato per Siviglia a fine gennaio. Spalletti lo trattiene quando capisce che Pastore non arriverà, gli affida la regia e l'Inter cambia faccia. Il croato assume addirittura un social media manager per ricucire un rapporto con la tifoseria ai minimi storici e diventa il leader che non ti aspetti. Un finale di stagione da centrocampista moderno, dinamico e completo. Epico davvero.

9 - MAURO ICARDI 8: la miglior stagione della carriera per il capitano nerazzurro, che realizza 29 reti in campionato proprio come Edin Dzeko sotto la guida di Spalletti. Il senso del gol è quello di sempre, straordinari i tempi di reazione con cui brucia i difensori avversari, notevole la leadership acquisita nei precedenti due anni con la fascia sul braccio, il sacrificio di abbassarsi a giocare qualche pallone in più coi compagni o addirittura salvare un pallone nell'area di rigore interista come contro il Genoa a San Siro sono il quid pluris che era mancato in passato. Non è e non sarà mai un attaccante di manovra, ma starà a Spalletti massimizzarne le doti realizzative da finalizzatore purissimo. I gol sbagliati contro Milan e Sassuolo potevano costare la Champions, ma nel momento di maggior tensione si è caricato tutta l'Inter sulle spalle procurandosi il rigore della speranza e spiazzando Strakosha dagli undici metri. Non sarà stato sufficiente per guadagnarsi la spedizione mondiale dell'Argentina ma il futuro è suo. Finalmente può giocare la Champions e affermarsi come attaccante di caratura internazionale.

17 - YANN KARAMOH 6,5: in una squadra allestita meglio per essere competitiva per il vertice magari si sarebbe trovato in prestito altrove a farsi le ossa, ma il giovane ex Caen ha rappresentato una ventata d'aria fresca e spensieratezza quando la depressione di un gruppo reduce da svariati fallimenti rischiava di prendere il sopravvento. Pochi minuti a disposizione ma quasi sempre incisivo con i suoi strappi nell'esordio contro il Genoa per espulsione e corner vincente procurati, e alla prima da titolare contro il Bologna, gara del primo gol in Serie A valso 2 punti ex post decisivi.

23 - CITADIN MARTINS EDER 6: forse non è quel ricambio offensivo che dà l'impressione di poter cambiare le sorti di una partita, ma la sua duttilità e il suo spirito di abnegazione lo rendono prezioso agli occhi di tutti gli allenatori che ha avuto, da Mancini a Conte e ora Spalletti. Però oltre alla generosità è riuscito a imprimere il suo marchio in questa Champions centrata dall'Inter grazie al rigore procurato a Bologna, il gol del pari contro il Torino e le due marcature consecutive contro Crotone e Bologna quando Icardi era infortunato. Se poi ci mettiamo che il suo ingresso a Roma ha permesso la combinazione vincente del rigore del 2-2 con quel lancio di prima intenzione per Icardi, allora la stagione dell'ex Sampdoria diventa immediatamente quanto meno sufficiente.

44 - IVAN PERISIC 7: trattenuto a Milano da Spalletti che ha voluto renderne un punto fermo della sua Inter prima che cedesse alle lusinghe di Mourinho e del Manchester United, il croato ripaga con 11 gol e 9 assist. Per un paio di mesi paga il fatto di non avere un ricambio all'altezza ed è costretto a spendersi anche senza essere in condizione, agendo perfino da mezzala. Terzino aggiunto e seconda punta, tutto questo è Ivan Perisic.

87 - ANTONIO CANDREVA 5,5: unica nota stonata nell'11 titolare di Spalletti, per caratteristiche poco compatibile con il gioco del tecnico di Certaldo che ha sempre portato i suoi esterni offensivi a realizzare reti in quantità industriale. Gli accorgimenti tattici lo hanno portato ad accentrarsi onde evitare il ripetitivo copione del cross ribattuto dagli avversari ma l'esterno italiano non è riuscito a segnare alcun gol in campionato, complice anche una buona dose di sfortuna (clamoroso il palo a portiere battuto contro il Verona). 8 assist tutti nella prima metà di stagione e la corsa sfrenata sulla fascia ne certificano abnegazione e impegno, nonostante gli innumerevoli fischi piovuti dagli spalti di San Siro.

99 - ANDREA PINAMONTI S.V.: 45 minuti contro il Pordenone, altri scampoli a Genova con l'Inter in emergenza e stop. La sensazione è che abbia buttato un anno, restando in prima squadra prima e rifiutando la cessione al Sassuolo poi. Il futuro è in una medio piccola di A per ritagliarsi uno spazio importante e dimostrare all'Inter, che crede in lui, di valere quel milione di euro percepito d'ingaggio per aver assistito da spettatore al ritorno in Champions dei nerazzurri.

ALL. LUCIANO SPALLETTI 8: la perfetta rappresentazione dell'allenatore da piazzamento. Se l'Inter è in Champions League, gran parte dei meriti sono suoi. In fase di presentazione disse di volere dai giocatori dell'Inter ciò che lui aveva lasciato per allenare loro: la qualificazione in Champions. E la ottiene con una rosa reduce da un settimo posto più qualche aggiunta, sicuramente non all'altezza delle promesse che gli erano state fatte. Luciano però si è rimboccato le maniche e ha tirato fuori il meglio in termini tecnici e temperamentali. Ha commesso i suoi errori in alcune fasi della stagione ma si è calato alla perfezione nella realtà interista che ora lo riconosce come il suo condottiero, l'uomo a cui affidare le chiavi dell'Inter per tornare oltre che competitiva, anche vincente.

PIERO AUSILIO 6: le sue dichiarazioni sulla rosa competitiva hanno fatto storia nel corso di tutta la stagione. La rosa, oggettivamente corta e scarna di soluzioni in più reparti, non era all'altezza di Roma e Lazio da un punto di vista della profondità e della qualità, ma affidarla a Spalletti è stata una scelta vincente. Paradossalmente, rincalzi come Eder e Ranocchia si sono resi utili proprio agli sgoccioli dell'ultima partita contribuendo a strappare il pass per la Champions. Conta il risultato, ottenuto certo con estrema fatica, ma in questo ha avuto ragione lui. Dalbert e Santon incidono negativamente in un'analisi sull'operato del ds nerazzurro, ma vanno riconosciute le intuizioni Rafinha e Skriniar. Ottenuto l'obiettivo stagionale, deve ora seguire la strada tracciata e operare in totale sintonia con Spalletti per far sì che la qualificazione in Champions non sia exploit ma traguardo minimo anno per anno al fine di innestare un circolo virtuoso. Essersi mossi in anticipo sulla concorrenza portando a casa Stefan De Vrij, Kwadwo Asamoah e Lautaro Martinez è segno che il terzo anno di gestione Suning possa nascere all'insegna della programmazione e della logica, esattamente quello che è mancato due anni fa quando l'Inter di Mancini ottenne il quarto posto.

SUNING 6: dopo il primo anno "esplorativo" di azzardi non ripagati, è arrivato il secondo anno più razionale di autofinanziamento con l'obiettivo di massimizzare il materiale a disposizione. Impeccabile il lavoro extra campo, non del tutto soddisfacente quello sulla gestione sportiva della squadra. La strada delle sponsorizzazioni e dell'aumento dei ricavi è quella giusta, adesso però serve saper sfruttare al meglio il primo anno di Champions in termini di appeal, economici e comunicativi. Urge piena sintonia con allenatore ed area tecnica, ancor prima di una trasparenza e una chiarezza nei confronti della prima tifoseria d'Italia per presenze allo stadio che un anno fa sono colpevolmente mancate. Insomma, che Lazio-Inter rappresenti lo spartiacque tra l'Inter di transizione sofferente e una nuova Inter pronta a risalire le gerarchie italiane ed europee, dove si ripartirà rispettivamente dal quarto posto e dalla quarta fascia con l'obiettivo di stabilizzarsi e via via crescere. Economicamente e sportivamente.