"Ciao Marianna!" " Ciao Massimo! Ti presento la mia carissima amica Ottavia, stamattina abbiamo deciso di accompagnare prima te a vedere i quadri, e poi andremo noi al nostro Liceo Artistico, tanto mi ha detto la segreteria che prima delle 11 i nostri non usciranno!" " Bene, piacere, Massimo...molto lieto... Ottavia!...quanto tempo è che conosci Marianna?!" " Ah... Massimo, da diversi anni, eravamo alla scuola media quando ci conoscemmo ed ora siamo al penultimo anno di Liceo, anche se in questi mesi l'ho frequentato ben poco..."  "...e come mai!?"  "Perchè mio padre, ex funzionario di teatro si è fissato, si è messo in testa di vedermi in futuro recitare su di un palcoscenico...e così mi ha iscritto all'Accademia Nazionale di Arte Drammatica Silvio D'Amico..." "...Ahhh..bene... e allora ti vedremo presto.... a teatro?!"  "...Beh, ci spero... per la sua soddisfazione...ma anche per la mia ...ci sto lavorando giorno e notte!"  " Io te lo auguro con tutto il cuore Ottavia...sei una bella e brava ragazza...meriti di ottenere tutto quello che hai desiderio di diventare!"
Dunque Marianna era la mia ragazza ai tempi del mio primo vero grande impegno della maggiore età: gli esami di maturità, in quegli anni, per noi maschietti, ne sarebbe susseguito un secondo ancor più impegnativo, il servizio di leva! Passai quasi tutto il mese di luglio a sostenere le varie prove di esame  tra scritti, orali e laboratorio confortato tutte le sere dai suoi rilassanti abbracci. La sua cara amica invece, Ottavia, fresca allieva dell'Accademia Teatrale, dopo quella mattina non ebbi più occasione d'incontrarla, di persona intendo, la vidi invece proiettata sugli schermi di molti cinema, a partire dall'anno successivo quando il suo talento venne evidenziato al fianco di un famoso film girato con un celebre cantante tra le campagne di un ridente  paesino abruzzese.
Correva l'anno 1967, quella mattina era mercoledì 14 giugno e tutti e tre eravamo in attesa dell'autobus 96 che ci avrebbe condotto al Trullo, un quartiere nelle vicinanze dell'Eur, dove era ubicato l'Istituto Tecnico Industriale Guglielmo Marconi. Quando arrivammo nel cortile dell'Istituto due miei compagni di classe Aldo e Antonio mi guardarono con aria canzonatoria, vedendomi accompagnato da due giovani donzelle... ed Aldo mi esclamò: "...A  Max...ma nun te smentisci mai!!...voj esse sempre er mejo...eh?!"  "...ma dai...Aldo...questa è Marianna, la mia ragazza, e quest'altra è una sua amica, Ottavia!" Mentre i miei compagni conversano con le due ragazze, io mi reco nel corridoio della sala professori dove sono affissi i quadri. Scorro rapidamente le varie sezioni, Meccanica, Elettrotecnica ed ecco la nostra specializzazione: Telecomunicazioni....una sola sezione, era una disciplina nuova, istituita da soli due anni al fianco della già collaudata " Elettronica "...la nostra classe era la 5a D... vedo tutti ammessi, tranne due scritte rosse "Respinto". Si trattava di Garcea e Mammana, gli unici due ragazzi a non essere ammessi agli esami di maturità, l'uno per scarso profitto, l'altro per le numerose assenze accumulate, per loro purtroppo solo la ripetizione dell'anno scolastico, mentre tutti gli altri compagni, e cioè 25 su 27, eravamo stati ammessi ai prossimi esami di maturità.
Dopo dieci minuti eravamo tutti e tre alla piazzetta del Trullo, di fronte ad un bel chiosco il cui barman stava miscelando tre grattachecche con vari gusti di sciroppo, il melange era molto variegato dalla classica menta, all'orzata, all'amarena, al tamarindo...ah... mi sembra di avvertirne ancora il suo sapore...fresco, succoso... una vera delizia! E con il sole già alto che illuminava i nostri bicchieri, interrompemmo la nostra piacevole conversazione, stava sopraggiungendo alla fermata l'autobus per il ritorno. Alla stazione Trastevere le due ragazze si prepararono a scendere per prendere la linea 44 che le avrebbe condotte in Corso Vittorio Emanuele presso il loro Liceo Artistico. Salutai Ottavia, l'abbracciai fortemente, lei mi disse di star sereno e mi augurò di superare brillantemente i prossimi esami. Marianna, sul predellino dell'autobus  prima di lasciare la mia mano mi ricordò: "Ciao Max, ci vediamo stasera al solito posto, vero?!"  "...No..Marianna...questa sera ho un impegno con il mio amico Claudio...sai ha comprato un ingranditore fotografico...e vado da lui, voglio anch'io cimentarmi nell'arte dello sviluppo delle foto!...Ti spiace se ci vediamo domani?" " ...no Max...figurati, buon divertimento...un bacio!"

Erano le 20.30 di quel mercoledì 14 giugno quando l'arbitro Bernardis di Trieste fischiò il calcio d'inizio della finale della 20ma edizione di Coppa Italia tra Milan e Padova.
Queste le formazioni:
Milan: Belli, Anquilletti, Schnellinger, Maddè, Trapattoni, Baveni, Mora, Rivera, Amarildo, Lodetti, Fortunato, Allenatore Nereo Rocco.
Padova: Pontel. Cervato, Barbiero, Frezza, Barbolini, Sereni (54' Gatti) Carminati, Bigon, Morelli, Fraschini, Novelli. Allenatore  Humberto Rosa.                                                                     Come nell'edizione del precedente anno vinta dalla Fiorentina ai danni del Catanzaro, andò in finale una compagine della serie cadetta. Quel giorno fu il Padova di Albertino Bigon a sfiorare l'impresa, per i colori del club biancoscudati, in quella storica partita contro i Rossoneri di Nereo Rocco che aveva nel corso del campionato sostituito in panchina l'ex calciatore allenatore del Milan Arturo Silvestri.                                                       La squadra del Padova piazzatasi 6a nel campionato di serie B, vinto quell'anno dalla Sampdoria, fu l'autentica mattatrice nella 20ma edizione della Coppa Italia eliminando nell'ordine Venezia, Palermo, Varese per poi scontrarsi ai quarti con la prima vera big del torneo, il Napoli di Altafini. Il Padova passerà in vantaggio con un gol di Morelli, ma per i partenopei pareggierà Josè al 65', sarà solo all'ultimo minuto che Quintavalle, siglando la rete decisiva garantirà ai padovani l'accesso alla semifinale contro l'Inter di Facchetti, Mazzola e Suarez. All'Appiani il 7 Giugno si assisterà ad uno scontro pirotecnico, ci sarà una pioggia di gol, al doppio vantaggio biancoscudato opera di Carminati e Morelli, risponderanno i Nerazzurri con Suarez e Mazzola, ma sarà Carminati, 9 in pagella, a regalare al Padova la vittoria e l'insperata finale a Roma contro il Milan.
Ma qualcosa per il Padova s'incepperà in quella finale, come racconterà ad un cronista il suo allenatore argentino Humberto Rosa al termine della gara: "Come abbiamo perso quella finale?...Semplice, eravamo senza tifosi, da Padova non si è mosso nessuno, senza dirigenti e perfino senza il medico della squadra. Pensate che i biglietti omaggio li ho regalati ai tifosi del Napoli, accorsi a Roma per tifare la nostra squadra. La verità è che la Coppa Italia è stata snobbata sia dalla città che dalla nostra dirigenza. Quando arrivi secondo ti danno un trofeo d'argento che non c'è nemmeno nella bacheca del Padova e visto che non interesserà  proprio a nessuno lo esporrò nella libreria di casa mia. Se ci avessero concesso quel rigore su Bigon all'inizio, forse la partita avrebbe preso un'altra piega....ma si vede che era già scritto così .....". Come del resto gli preannunciò il veterano Lello Scagnellato poco prima della gara dicendogli: " ...guarda Humberto...che la gara la vincerà il Milan...così è già stato scritto!".
Dopo un primo tempo con un leggero predominio padovano e l'episodio del rigore contestato, nel secondo tempo la squadra di Rocco scenderà in campo con un diverso atteggiamento e dopo soli 5' sarà Amarildo che s'inserirà puntualmente al centro dell'area di rigore freddando con un secco diagonale l'incolpevole Pontel, e i 40' restanti saranno solo un monologo rossonero. Quello di Amarildo Tavares da Silveira, attaccante brasiliano proveniente dal Botafogo che dopo il Milan militò in Fiorentina e Roma prima del ritorno in patria dove concluderà la sua carriera da calciatore nel 1974 nelle file del Vasco de Gama,  sarà il gol vittoria del Milan e della prima Coppa Italia della sua storia. Il Presidente Federale Pasquale consegnerà nelle mani di capitan Gianni Rivera il trofeo che solleverà verso il cielo tra gli applausi di tutti i tifosi Rossoneri tra cui il sottoscritto ed il suo caro amico Paolo, anche lui un romano tifoso del Milan. Ricordo di avere indossato quella sera un maglioncino di cotone a strisce rosse e nere, ma orizzontali, me lo tolsi a fine gara e ne feci una bandiera, io a sventolarla dalle maniche mentre l'amico Paolo si occupava del sonoro, avendo portato una tromba d'auto con tanto di compressore,  l'aveva prelevata dall'officina del padre, elettrauto, (tifoso bianconero). Godemmo di una bella serata, attendemmo dietro lo stadio l'uscita del pullman del Milan e ci commuovemmo al suo passaggio, dai finestrini notammo che ricambiavano il saluto ai tifosi Rossoneri tutti i giocatori che con le luci dei lampioni si potevano intravedere tra i quali riconoscemmo Mora, Rivera, Lodetti, Amarildo e lo stesso Nereo Rocco con in testa il suo immancabile borsalino. Verso mezzanotte rientrammo nelle nostre case, ero contento da un lato per la vittoria di Coppa del Milan, ma scontento dall'altro, per aver detto una piccola bugia alla mia Marianna.... che poi perchè mai mentii?... Mah...non ne ho mai trovato una risposta plausibile, visto che a lei, del calcio, non fregava proprio un bel niente!

Iniziò il mese di Luglio e tutte le prove per sostenere gli esami di maturità terminarono intorno al 20, poi nella successiva settimana uscirono i verdetti. Quella volta andai a vedere i quadri da solo con il vecchio motorino di mio padre, Marianna era già andata al mare con la famiglia.  Dei 25 candidati della 5a D superarono la maturità nella prima prova, la sessione estiva, soltanto 7 di loro, gli altri 18, tra cui il sottoscritto dovette riparare nella seconda sessione, allora detta autunnale dato che si svolgeva a fine settembre. In quella sessione tutti, tranne 3 di noi, riuscirono a conquistare l'agognata maturità. In quella grigia mattina di fine settembre ci salutammo tutti ma con tanti sorrisi in meno a confronto della gioia sprigionata alla visione dei quadri di ammissione di 3 mesi prima. Forse nelle nostre menti era già scritto che veniva a chiudersi il più bel capitolo di storia nella vita di ogni ragazzo, la fine della scuola e con essa la sua adolescenza, uno dei periodi più belli e spensierati che la vita possa donareMa che quel ricordo sarebbe rimasto tale per ben 43 anni, nessuno tra noi poteva immaginarlo, invece fu proprio così. 
Nel Marzo del 2010 a Maurizio, un vecchio compagno di classe della mitica 5a D venne in mente tramite Facebook ed altri social di rintracciare i vecchi compagni di classe. Riuscì a radunarne soltanto 9, e ci ritrovammo tutti in una trattoria di Via Tiburtina dopo ben 43 anni, senza esserci mai più visti in tutto quel periodo
Per chi ne fosse incuriosito può trovare un mio articolo dal titolo: "Una pizza dopo 43 anni" scritto per VxL il 23.10.2019, dove racconto una storia nella storia che mi ha non poco commosso, solo al suo ricordo,  non riuscivo a trovare e scrivere le parole per descrivere, per la stima e l'affetto che nutrivo, la fine che purtroppo fece, a breve distanza da quella pizza il nostro povero Tunì M. aveva solo 62 anni! Amico nostro....che tu possa dimorare per sempre in pace! Siamo tutti noi convinti che un bel giorno potremo nuovamente ridere e scherzare, magari scimmiottando i nostri vecchi professori, attorno ad una buona pizza...a te piaceva molto la capricciosa..... e sarà tutta tua!!  Grande ...Tunì!!!

Il 1967, un anno importante non solo per me, per il conseguimento della mia maturità, ma per tanti altri accadimenti che coinvolsero più parti del mondo. Alla Camera s'inizierà a discutere il disegno di legge Loris Fortuna quella che solo qualche anno dopo l'Italia, con un Referendum, approverà come Legge del Divorzio. Inoltre in Parlamento si discuterà la riforma dell'Università. Tanti giovani studenti, e non solo in Italia ma in mezza Europa, scenderanno in piazza, faranno occupazioni, alzeranno barricate per difendere il diritto di tutti.  Iniziarono allora tutti i fermenti ed i protagonisti del Sessantotto che attireranno sempre più proseliti e consensi per poi, nell'anno successivo sfociare nella materializzazione dei disegni di gran parte delle rivendicazioni scolastiche manifestate. Anche in America s'intensificano le rivolte studentesche a dissenso del proseguimento della guerra in Vietnam. Numerosi giovani americani si rifiuteranno di rispondere alla chiamata di leva e si rifugeranno in Canada. Il 9 Ottobre viene ucciso dalle truppe governative di un governo militare fantoccio appoggiato dagli americani Ernesto Cheguevara, capo dei guerriglieri in Bolivia, strenuo, eroico lottatore per l'indipendenza del suo paese. Amato e discusso, il "Che" rimarrà a lungo il simbolo della lotta contro le dittature, lo sfruttamento, la fame e le sofferenze. Saranno a milioni i vessilli con effigiato il suo viso che sventoleranno in tutte le manifestazioni dell'intero pianeta. E infine mi piace ricordare di quell'anno la data del 3 dicembre dove a Città del Capo il  45nne chirurgo sudafricano Cristian Barnard eseguì per la prima volta nella storia della medicina un'operazione d'avanguardia, il cuore di un essere umano deceduto viene asportato e trapiantato in un altro uomo.  Il cuore era di una donatrice, Denise Darvall una ragazza 24nne deceduta a seguito di un incidente stradale, mentre la persona che ricevette il cuore era un 54nne  Louis WashKansky, diabetico con già tre infarti avuti. L'intervento durò ben 8 ore ed ebbe una eco a livello mondiale e nell'anno successivo vennero effettuati con successo oltre 60 trapianti cuore.  A guastare quella gioia e quella conquista medica subentrò purtroppo la morte del povero Louis solo 18 giorni dopo il trapianto, ma le sue condizioni generali erano molto compromesse, come lo erano anche le condizioni del mio cuore, sentimentalmente parlando, nello stesso mese del '67. Marianna mi aveva lasciato, si era invaghita del suo professore d'inglese, un uomo appena laureato... molto più alto e... bello di me! Lei fu seria e schietta nel dirmelo, apprezzai quest'atteggiamento, ci lasciammo con un semplice saluto come due sentinelle al cambio turno.  Ma quella sera non cenai, mi si formò un groppo alla gola, dissi a mia madre che non avevo fame, lei capì che  stavo mentendo... no, ma per discrezione non aggiunse altro, anzi mi ricordò di allestire albero e Presepe, mancavano pochi giorni a Natale. 

Verso le 21 rientra dal suo turno pomeridiano all'agenzia di stampa, papà Renato. Capisce subito dal mio sguardo che ci fosse qualcosa nell'aria che non andava bene. Mi si accostò, poggiò una mano sulla mia spalla e mi disse: "Massimo!...qualcosa non va!?"  " ...beh...sì papà...sai ...Marianna mi ha lasciato...si è innamorata del suo professore d'inglese!"  "...ahh...mi spiace...figliolo...ma sai come si dice a Roma..." Morto un Papa se ne fà un altro!"  "....già ma andrebbe tradotta in inglese...!"  "...ahhh...l'inglese tuo padre non lo conosce...ti posso dire come si dice in francese....ma a che servirebbe!?" "...proprio a niente papà...però serve per sdrammatizzare...almeno rido un po'...la cosa m'intristisce...sai ho appena 19 anni e già mi merito, secondo te le prime corna!? ...ma non è un po' presto!!...ma guarda che figlia di z......!!!"  " ...shhhh...no!!...non così figliolo .... non pensarlo nemmeno per un attimo... la vita è lunga... vedrai....morto un Papa..." "...ahhh...allora come si dice in francese?!...dai dimmelo... sennò m'innervosisco... per non dire di peggio...!!"  "Un Pape meurt quand un autre est fait!"  "...dai ... andiamo a mangiare... mi ha detto mamma che sei digiuno!...dai!!...vedrai... tutto si aggiusterà!... presto passerai sotto casa sua con una nuova ragazza... dai... sei bravo, educato, colto... papà ti vuole bene!! " "Anche io...papà!"
E mi stampo' un bacio sulla fronte.

Un abbraccio
Massimo 48