La fine del calciomercato è giunta per la prima volta a metà agosto, in concomitanza con l'inizio delle gare di campionato: un fatto senza precedenti nella storia recente della Serie A, forse anche - finalmente - perché a molti sono rimaste sullo stomaco le comparsate di giocatori con una maglia ad agosto ed un'altra a settembre, e per coloro i quali non conoscessero il regolamento, un trasferimento a stagione già iniziata comporta l'impedimento ad essere trasferito nel corso della sessione di mercato seguente (quello invernale, per intenderci), avendo già militato in due clubs.

Questo calciomercato ha emesso verdetti contrastanti, ma tutto sommato rinfrancanti per la credibilità di un campionato che nell'ultimo decennio ha stentato a tenere il passo, limitatamente ai trasferimenti in entrata, sia di quello inglese che di quello spagnolo: ne è conseguito un notevole aumento del divario tecnico con la Serie A a lungo boccheggiante, a conferma del fatto che la mancanza di investimenti generi, alla lunga, uno scadimento generale. Quest'anno, però, un clamoroso sussulto ha prodotto un effetto domino senza precedenti: l'acquisto di Cristiano Ronaldo, per circa 100 milioni, da parte della Juventus, cui hanno fatto seguito altrettanti colpacci, in particolar modo a Milano, la città dalla bacheca internazionale più pingue, da anni lontana dalle zone di vertice.
L'Inter, grazie ad un "guizzo" all'ultima giornata (vittoria nello scontro diretto contro la Lazio) che le ha consentito l'accesso alla Champions e lo scongiuramento di un'ennesima rifondazione, ha provato a colmare il gap mettendo mano al portafogli come non accadeva dai tempi del Triplete. L'ottimismo generale è giunto fin sulle rive dell'Arno: la Fiorentina, invece di cedere in blocco, ha preferito mantenere intatta l'intelaiatura della squadra che un anno fa ha sfiorato l'accesso all'Europa League, con l'aggiunta di vari promettenti elementi, tra cui, fiore all'occhiello, v'è Marko Pjaca, esterno sinistro in prestito dalla Juventus. 

PENSIERO STUPENDO - Sembra ancora che manchi qualcosa a questo centrocampo, che nello scorso campionato ha meravigliato appieno tifosi e critica d'élite: nella fattispecie, la serie positiva avviatasi a fine campionato, all'indomani della scomparsa di Capitan Davide Astori, ha permesso di individuare i fattori, gli elementi vitali di una squadra che tra toppe e rammendi, smantellamenti e ritocchini, ogni anno sembra smarrire un'identità propria. La nevralgia dell'undici viola, dell'assetto di una schierata che Stefano Pioli ha alla bell'e meglio saputo amalgamare, per quanto concerne la mediana non potrà prescindere dal trittico Benassi-Veretout-Gerson.
Quantomeno, le amichevoli estive sembrano aver delineato la probabile formazione, l'ideale configurazione da adottare nel corso dell'anno, per innescare le fucilate che il novello trio delle meraviglie Pjaca-Simeone-Chiesa dovrà tirare. Il sommo ispiratore Badelj è finito alla Lazio, e di un giocatore così, che a modo suo ha contribuito al raggiungimento del secondo posto della Croazia ai mondiali, si sentirà non poco la mancanza. Un tassello venuto meno dall'apporto non indifferente, dacché le sue doti tattiche gli permettevano di spaziare sia da mediano che da mezzala pura, rimediando a più riprese alle falle che il tourbillon di formazioni messe in campo evidenziava in tutta la loro pericolosità. Dabo, onesto tappabuchi a gara in corso, e soprattutto Cristoforo (che stupisce come dopo due stagioni sotto le minime aspettative al di là dello scarso impiego non sia mai stato ceduto né a titolo definitivo né in prestito), non sono elementi adatti a mettere in sicurezza il reparto dal primo minuto.
I nuovi acquisti Norgaard ed Edmilson, poi, sono tutti da verificare: io personalmente, nutro qualche diffidenza nei confronti dello svizzero classe '96 giunto in prestito via West Ham. Mai, però, mi sarei spinto ad azzardare quella che potrebbe essere una genialata che i Della Valle potrebbero architettare per sistemare definitivamente il centrocampo: seppur numericamente a posto, le incognite restano eccome. Il mercato dei free agent, quello riguardante i giocatori svincolati, annovera nomi interessanti assieme ad altri da tempo bollati come "bolliti": ma recentemente alla lunga sfilza di nomi si è aggiunto Claudio Marchisio: da tempo fuori dai piani tattici di Massimiliano Allegri, al di là dell'infortunio che due anni gli comportò la perdita del posto da titolare, il 32enne centrocampista torinese è ufficialmente libero, e si vocifera di un suo trasferimento all'esterno, con il campionato statunitense in pole.
Da tempi immemori la Major League Soccer è considerata una vetrina per le leggende in pre pensionamento che decidono di lasciare l'Europa per una realtà meno allenante ma ugualmente remunerativa: qualche mese fa è toccato a Zlatan Ibrahimovic sposare la causa del Los Angeles Galaxy. Meno recenti, ma non meno importanti i trasferimenti, proprio dalla Juventus, di Pirlo (New York) e Giovinco (Toronto): quest'ultimo non è considerato "anziano", ma ad un campionato fortemente concorrenziale come la Serie A ha preferito centralità nel progetto e ingaggio.

I problemi fisici di Marchisio sono ormai alle spalle, e l'ottimo precampionato di un anno fa ha fatto credere ai più che il Principino fosse prossimo al ritorno in grande stile. Così però non è stato, e oltre a legare più saldamente con la panchina che con il campo, è giunta la risoluzione consensuale del suo contratto proprio alla fine delle trattative. Un'azione ragionata, in un certo senso rispettosa nei confronti del giocatore: la scelta, da parte della dirigenza, di non cederlo ad una diretta rivale sembra quasi più dettata dalla volontà del giocatore stesso. Mai dire mai, però: non sono scemate del tutto le ipotesi di una permanenza in Italia, in Serie A, e tra le squadre che potenzialmente potrebbero necessitare dell'apporto di Marchisio vi è proprio la Fiorentina. Perché proprio i Viola? Innanzitutto, è un club dalle alte ambizioni: la risposta l'ha data il mercato. Poi il precedente: Marchisio ha già militato ad Empoli, poco lontano da Firenze, e le possibilità di un ritorno da quelle parti potrebbero stuzzicarlo.

...CUORE NON DUOLE - La Juventus ha defenestrato Claudio Marchisio in concomitanza con la chiusura del calciomercato. Del resto, la strategia adottata dalla dirigenza goeba è stata chiara sin dal principio: chi non è funzionale al progetto finalizzato a vincere, è tagliato fuori. Non sono bastati a confermarlo nemmeno i romanticismi, tra cui 25 anni di militanza ininterrotta nel club bianconera (eccezion fatta per un prestito ad Empoli) e soprattutto quell'italianità sempre più sconosciuta nel nostro campionato. La Juventus, storicamente fornitrice di "blocchi" alla Nazionale, costituiva un'eccezione in tal senso. Le spontanee dichiarazioni d'amore nei confronti della sua squadra, circa l'impossibilità di giocare in Italia in una squadra che non sia la Juventus, potrebbero essere revisionate al più presto: Marchisio non è anziano, ha ancora l'età, il fiato, ed una visione di gioco impareggiabile. Firenze e la Fiorentina non potrebbero che giovargli, e in un contesto tranquillo come il capoluogo toscano non potrebbe essere che il benvenuto.
Occhio non vede, cuore non duole: 
sia per i tifosi della Fiesole, acerrimi rivali della Juventus, che in fondo finirebbero per vedere di buon occhio l'arrivo un giocatore di qualità che oltretutto farebbe da chioccia ai giovani (e ritroverebbe l'ex commilitone convalescente Pjaca), che per lo stesso Claudio Marchisio, cui i Della Valle faticheranno a strappare un sì, ma solo per amore di un passato, che non bisogna temere di macchiare né di tradire.

Perché considerarsi finito a 32 anni per scelte altrui e dopo anni di centralità anche in Nazionale, è troppo per un giocatore così. Per un principe di modestia ed eleganza, che in una città come Firenze, città simbolo dell'alta moda mondiale, finirebbe per calzare a pennello.