Tutta un'altra musica, con l'avvento del 2019. La solita, del resto.
Il bosseggiare proprio del Bayern Monaco da sei stagioni a questa parte sta tornando a farsi sentire nella fase cruciale di quella che sembrava la stagione disegnata, d'emblée, su misura per il Borussia Dortmund. Il progressivo assottigliarsi delle lunghezze di vantaggio (ben otto) che i giovani ribelli di Lucian Favre avevano furbescamente accumulato sugli stanchi e prevedibili bavaresi, non lasciavano inizialmente scampo alla benché minima speranza di riscossa di questi ultimi. "Com'è giusto sia, annata di assestamento", o "Era ora che un dominio di sei stagioni consecutive venisse interrotto, peraltro quel Kovac...", se non la famigerata "Il ciclo del club più titolato di Germania volge ormai al crepuscolo: è tempo di stanziare duecento milioni per svecchiare ogni reparto e tornare a fare la voce grossa anche in Europa. Nel frattempo accogliamo a braccia aperte il trionfo dei suoi rivali storici", alcune tra le più piccate osservazioni della stampa tedesca durante il sorprendente copione del girone di andata, che ha toccato il proprio apice con la vittoria del Borussia nello scontro diretto del 10 novembre. Risoltosi con un 3-2 nell'inebriante cornice del Westfalenstafion, strappato tribolando, in rimonta, grazie al definitivo graffio del 25enne spagnolo Paco Alcacer, attaccante che in patria tradì le aspettative di cui fu rivestito, sebbene abbia ritrovato smalto e media realizzativa appena approdato in Germania. 

Ma compiamo un balzo in avanti di tre mesi: gambe flosce, sguardi smarriti, animi sempre più tesi e trame di gioco venute meno. Lo 0-0 tra Norimberga e Borussia Dortmund, rispettivamente fanalino di coda e capolista della Bundesliga, racconta appunto questo. Un risultato ad occhiali desolante, straniante ma non del tutto inaspettato, almeno per i più attenti critici, che già da qualche settimana avevano scorto che l'elasticità, l'affidabilità, la tenuta mentale degli Schwarzgelben stessero venendo meno. A partire dalla rimonta dell'Hoffenheim in una gara da consegnare agli annali, finita 3-3, dopo un parziale 3-0 degli uomini di Favre, passando per l'eliminazione dalla Coppa di Germania, ai calci di rigore dopo un altro 3-3 contro un Werder non certo irresistibile, interminabile saga di nefandezze difensive ed errori sottoporta, fino al rovescio di Champions contro il Tottenham, un 3-0 senza diritto di replica a Wembley. I guizzi di Alcacer da diverse settimane avevano lasciato il posto a prestazioni abuliche costategli il posto da titolare a vantaggio di un certo Mario Goetze, colui che dopo aver portato il Mondiale 2014 in Germania ha inesorabilmente smarrito la sua fantasia e la sua fame offensiva, forse sopravvalutato, forse incapace, di reggere ad un così forte salto verso il firmamento: una salita che gli ha tappato le orecchie e intorpidito le gambe, al netto chiaramente della sfortuna che lo ha tenuto in infermeria per un po'. Di fatto, poco più che una meteora, che dal triste addio al Bayern di neppure tre anni fa non è ancora riuscito a tornare sui livelli mostrati durante la sua prima parentesi in giallonero

NEW WAVE BVB - Lucien Favre è un attempato tecnico svizzero che ha ottenuto nello scorso maggio, a coronamento di un'onesta carriera, la guida tecnica del Borussia Dortmund, al termine di due sorprendenti annate alla guida del Nizza trascinato in campo da Mario Balotelli. La squadra ai nastri di partenza si è presentata copiosamente irrobustita, infarcita di nomi interessanti provenienti in prestito da big (come il succitato Alcacer dal Barcellona o il laterale difensivo Hakimi dal Real Madrid), o a titolo definitivo (gli esperti Witsel e Delaney a centrocampo, e il promettente centrale difensivo Diallo).
Non una rivoluzione tecnica: i basamenti già validi, non immediatamente opzionati dal top club di turno (il Chelsea ha già staccato 60 milioni per il giovane attaccante esterno Pulisic, ma solo per la stagione ventura), sono stati convinti a sposare il progetto, nel tentativo di tallonare un Bayern Monaco praticamente fermo sul mercato e dall'età media sempre più alta. L'esatto opposto del collettivo della Vestfalia: uomini nati praticamente tutti dopo il 1990, dall'età media di 25 anni circa, spensieratezza e talento al potere, doti pronte a fondersi in una miscela letale. Le prime battute stagionali sono parse confermare ciò: il giovanissimo ragazzo d'oltremanica Jadon Sancho (un 2000), scuola Manchester City, ha mostrato ampiamente sprazzi della sua classe, unitamente alla spinta sulla fascia sinistra di Raphael Guerrero, autentico bomber in Champions con quattro reti realizzate nella fase a gironi.
Ma la novità più felice è stata la rinascita di Marco Reus, che si è visto collocare tatticamente nell'inedita posizione di trequartista, rispondendo brillantemente sul campo come non avveniva da diverse stagioni (17 reti realizzate in tutte le competizioni finora!) ed assurgendo a leader tecnico del gruppo. Un 4-2-3-1 apparentemente intoccabile, dalla media offensiva temibile, e in grado di offrire garanzie in difesa, il reparto più discusso di una new wave bella da vedere in campo, l'onda giovane e rivoluzionaria desiderosa di ribaltare la gerarchia che spinse numerosi esperti a chiedere l'introduzione dei play-off scudetto per ravvivare la lotta al vertice. Ad oggi la retroguardia del Borussia Dortmund sembra essere tornata la difesa colabrodo vista nella stagione precedente, e considerata la netta ripresa di un Bayern dato in anticipo per spacciato, la cui ombra si fa sempre più lunga sugli avversari, il capro espiatorio da additare in caso dell'eventuale, temuto "collasso", la perdita del primato. Non certo ipotesi remota, anzi... 

AUF WIEDERSEHEN! - Perentoriamente, senza diritto di replica, la più gettonata tra le espressioni di saluto utilizzate in terra teutonica, si abbatte sul Borussia Dortmund, benchè manchino ancora dodici giornate (ne sono state disputate ventidue su trentaquattro). Il Bayern di Niko Kovac, tecnico fresco del successo in DFB Pokal con è lì in scia, ed insegue con la certezza di sorpassare, presto o tardi. Lo fara, magari nello scontro diretto del prossimo 6 aprile: è un patto sottoscritto con il destino di un campionato fino a poco tempo fa detenuto autorevolmente ed oggi più che mai in discussione. La fame di vecchi pirati destinati a chiudere con il Bayern a fine stagione come Ribery e Robben, già da tempo sul viale del tramonto, ma non del tutto appassiti - come dimostrato dai loro morsi che nei momenti più critici hanno permesso di non mollare l'osso del gruppo di testa, poi sgretolatosi - ha lasciato il posto a due nuove certezze: Kingsley Coman e Serge Gnabry. L'ex enfant prodige della Juventus, dopo aver sofferto di disturbi fisici, prevalentemente ai legamenti, dalla preoccupante cronicizzazione (tanto che in un'intervista di qualche mese fa aveva parlato di un suo possibile ritiro dall'attività in caso di ulteriori recidive) sta tornando a fare la voce grossa nella posizione di ala sinistra, con assist e reti importanti, mentre dalla parte opposta Gnabry, che era partito in sordina, sembra essere divenuto giornata dopo giornata la sua perfetta controfigura, letale sotto rete, ed in perfetta sintonia con il micidiale, costante Lewandowski. Sulla trequarti, dall'epurazione di Mueller, uno degli intoccabili dello spogliatoio, già responsabile morale dell'esonero di Ancelotti, traggono sempre maggior vantaggio James Rodriguez e Leon Goretzka, più arretrato ma spesso decisivo in zona gol (ben sei le realizzazioni in campionato per l'ex Schalke). La macchina, rimessa a punto dopo una partenza stentata, sembra non conoscere più intoppi in campionato, e lo scivolone patito in quel di Leverkusen (3-1) non è che una macchia episodica, che non intacca la costanza di un gruppo granitico ed in perfetta forma.
Non è ancora finita, dopotutto, e tutte queste mie osservazioni potrebbero essere derubricate a carta straccia, alle chiacchiere che stanno a zero, in assenza di una verifica del fatto. E ne sarei ben felice, nutrendo un debole antico per gli eterni secondi della Bundesliga, gli unici capaci, negli ultimi anni, di procurare grattacapi ai Signori in Rosso, nonché gli ultimi a trionfare, nell'ormai lontano 2012, prima della dittatura.