C'è chi v'è nato, e nel frattempo, malauguratamente, è venuto a mancare, dentro questo lungo intervallo di tempo. Assistendo a trionfi importantissimi, al termine di gare vissute al cardiopalmo, come la Coppa UEFA 2001 contro l'Alaves (5-4 strappato al golden goal, controversa regola che premiava la prima squadra ad andare a segno nei supplementari, fortunatamente abolita) e soprattutto la Champions 2005, quella "già vinta dal Milan al 45esimo". Senza contare le coppe nazionali ed una Supercoppa Europea, trofei di secondo piano ma non meno rilevanti nella timeline del club in tenuta rossa del Merseyside: stiamo parlando, ovviamente, del Liverpool, una delle squadre più prestigiose di Inghilterra, senz'altro la più blasonata se guardiamo alla quantità dei trofei internazionali (ben undici!), e che sporadicamente continua a mietere successi di piccolo calibro e ad avvicinarsi ad exploit di enorme importanza, come certifica il raggiungimento della finale di Champions League l'anno scorso, persa contro un invincibile Real Madrid. Non si ossidano l'effigie, il blasone, anzi: si mantengono ben lucidi, e la recente lotta per le posizioni di vertice della Premier degli ultimi anni confermano la volontà di puntare ai massimi livelli, dettata da un'affidabile base societaria, di cui lo statunitense Tom Werner è presidente, insiediatasi nel 2010. L'intento principale è quello di interrompere la lunghissima astinenza in campionato, che con il passare delle stagioni sportive assume sempre più i contorni di una competizione stregata.

29 ANNI DI DIGIUNO - Parliamo di ventinove anni fa, era il 1990, per l'esattezza il 28 aprile: in quel sabato primaverile il Liverpool, al termine di una vittoria per 2-1 sul QPR, si assicurarò il suo 18esimo ed ultimo titolo inglese. Nel mentre erano già in corso i preparativi per i campionati del mondo di calcio da disputarsi in Italia, il mondiale da noi ricordato per le "notti magiche" cantate dal fortunato duo Nannini-Bennato, in cui disputammo da favoriti un percorso entusiasmante chiusosi malamente in semifinale, pur assicurandoci il terzo posto proprio contro un'Inghilterra che aveva nel 10 Paul "Gazza" Gascoigne e nella punta Gary Lineker la propria punta di diamante e annoverava nel proprio organico "solo" tre giocatori del Liverpool (Steve MacMahon, John Barnes e Peter Beardsley). Pochi, i portabandiera tesserati per il più forte club della Terra d'Albione, nonché d'Europa, del decennio appena trascorso: era il chiaro segnale che per loro un ciclo si stesse chiudendo. Gli anni ottanta sarebbero sicuramente stati una decade assai più prolifica per i club inglesi se questi non fossero incorsi nella spada di Damocle della squalifica inflitta loro dalla UEFA in seguito alla strage dell'Heysel datata 1985. Chissà quanto ancora avrebbe vinto quel Liverpool, oppure cosa sarebbe stato dei suoi più acerrimi rivali sponda Mersey, quei ragazzi dell'Everton che tra il 1985 e il 1987 vinsero una Coppa delle Coppe e due campionati? Fu l'incrocio del destino, quella che a posteriori sarà denominata Pace di Bari, che in occasione della finalina per il terzo posto ai mondiali '90 cicatrizzò una ferita ancora fresca dopo cinque anni. E riammise le inglesi alle competizioni europee, dopo che inizialmente si dispose per un bando a tempo indeterminato. 

Per rendere l'idea ai più giovani di quanto tempo sia passato da quel 28 aprile 1990, posso solo farvi presente che il giorno dopo, domenica 29, in Italia, e più precisamente nel catino dello Stadio San Paolo, si assisteva all'ultimo trionfo tricolore del Napoli. Guidato in campo da Maradona ed in panchina da Bigon. Un'eternità fa. Nel frattempo si è assistito a cambiamenti di ogni genere, su tutti il ribaltamento, di lì a poco, delle gerarchie del campionato inglese, che di lì a poco, nel '92, sarebbe stato rinominato Premier League al termine di una disputa sui diritti televisivi, e nella circostanza ebbe così inizio un ventennio di successi in campo nazionale da parte del Red Devils di sir Alex Ferguson (che diventerà così il club inglese con più campionati vinti) a cui Arsenal prima e Chelsea poi non seppero alternarsi così autorevolmente. Il Liverpool, come già scritto all'inizio, è comunque riuscito a trionfare ancora in svariate competizioni, praticamente tutte, eccezion fatta per il titolo nazionale

TEARS FOR FEARS - Lacrime di paura, appunto. Le stesse che ancora ricordiamo vividamente sgorgare dagli occhi della leggenda Steven Gerrard, e del pubblico affollato nella Kop, dopo lo scivolone costato ai suoi la partita e la stagione, contro il Chelsea di Mourinho, nella memorabile stagione di Premier League 2013-14 che vide lungamente affrontarsi per il titolo due litiganti (Liverpool e gli stessi Blues), ed un'inattesa vincitrice, il criticatissimo Manchester City di Manuel Pellegrini. Mai come allora il Liverpool fu vicino alla vittoria del campionato inglese: a segnare le caterve di reti che mantennero a lungo in testa la squadra provvedeva l'attuale nove del Barcellona Luis Suarez, mentre la panchina la occupava Brendan Rodgers, ultimo tecnico ad indossare la tuta dei Reds prima dell'avvento di Jurgen Klopp, avvenuto una stagione e mezzo dopo quell'amaro epilogo. All'allenatore tedesco, tenace sostenitore del 4-3-3 e del Gegenpressing - iniziativa tattica volta a pressare la squadra avversaria in fase di non possesso mantenendo compatti tutti i giocatori di movimento -, nonché reduce dai successi ottenuti in patria con il Borussia Dortmund è stato letteralmente steso il tappeto rosso. Dal suo arrivo, complice un mercato fallimentare, la squadra non ha tratto immediatamente beneficio: la prima stagione si è conclusa con un piazzamento infausto (ottavo posto e mancato raggiungimento della zona UEFA) e senza titoli, in particolare si menziona la finale di Europa League persa contro il Siviglia a dispetto dei pronostici e dell'andamento iniziale della gara (3-1 andaluso in rimonta), mentre nelle due successive si è osservata una progressiva crescita del gioco e della personalità. In particolare nell'ultima, divertendo e sfoderando il tridente delle meraviglie Salah-Firmino-Mané, con l'egiziano riscopertosi cannoniere da ben 44 reti stagionali, nella scorsa stagione il Liverpool è andato vicinissimo alla conquista della Champions League, soccombendo al Real Madrid in una finale ricca di polemiche per episodi che hanno portato all'introduzione "in leggero anticipo" del VAR nella competizione. Quest'anno i propositi fatti dal tecnico, la maggior caratura dell'organico (ad irrobustire la mediana sono arrivati Fabinho e Naby Keita per un totale di 110 milioni) e il sorprendente cammino di coppa dell'anno prima hanno generato un pronostico, o meglio un obbligo, da rispettare: il ritorno al successo in Premier League. Una preda da cacciare ad ogni costo, nonostante il punteggio record appena sbriciolato dal Manchester City di Pep Guardiola e del suo tiki-taka, che ebbe precedentemente occasione di annichilire l'undici di Klopp con un rotondo 5-0, dando il la alla marcia inarrestabile degli Skyblues. La squadra ha iniziato rispondendo presente sin da subito, cacciando alle spalle tutte le inseguitrici e chiudendo l'andata in vetta, potendo contare sulle reti dei vari Salah e Mané, più il sorprendente ricambio Shaqiri, trascinanti come l'anno precedente. Con l'inizio del girone di ritorno la squadra è andata incontro ad una leggera flessione, piuttosto inaspettata: due evitabilissimi pareggi contro Leicester e West Ham, che hanno contribuito ad avvicinare il redivivo City campione in carica, partito in sordina: attualmente le due squadre sono appaiate in vetta alla Premier a quota 65, ma gli uomini di Guardiola hanno una gara in più. La fase cruciale della stagione viene adesso: già fuori dalle due coppe nazionali, a cui sembra non aver dato sufficiente importanza, il Liverpool è messo davanti al nuovo e temibile Manchester United di Solskjaer, che domani probabilmente indirizzerà il campionato degli uomini di Klopp: in caso di sconfitta, gli effetti potrebbero essere devastanti sull'andamento della restante nonché decisiva frazione della stagione. La squadra, in leggero debito d'ossigeno per via del recente scontro di Champions contro il Bayern, conclusosi a reti bianche ad Anfield, ha sulle proprie spalle la più grande responsabilità, quella di affondare il colpo decisivo per la conquista della Premier nella sua fase più spinosa. E sebbene, Tottenham a parte, i successivi impegni non sembrino così duri da affrontare, il Liverpool è squadra a due facce, avvezza alle grandi imprese, che affronta a rotta di collo, e distratta con le piccole. Sarà in grado di capovolgere tale andazzo? E soprattutto, colmando questo gap, di chiudere 29 anni di anonimato in casa propria?