Pochi minuti fa ha avuto luogo come di consueto la 69esima cerimonia di apertura del Festival dell Canzone Italiana: la manifestazione canora più importante del Belpaese, ancora una volta condotta da Claudio Baglioni, dopo il successo della scorsa edizione. Sul palco dell'Ariston, il cantautore romano (e romanista) di Piccolo Grande Amore e Strada Facendo, per citarne un paio, reinventatosi conduttore, è affiancato, oltre che dalla madrina Virginia Raffaele, dal milanista Claudio Bisio: chissà i loro animi, sabato sera, con che concitazione avranno accolto l'1-1 finale, tra le polemiche per la spinta di Kolarov su Suso in area non sanzionata da Maresca, e le super parate di Gigio Donnarumma, quest'anno in netta ripresa dopo lo smarrimento dell'anno scorso, in cui contro questa Roma avrebbe senz'altro raccolto tre volte il pallone dalla porta, oltre alla sola subita, neanche a dirlo, da Nicolò Zaniolo.
L'uomo del momento, il lungagnone merce di scambio nell'affare che ha portato a Milano Nainggolan, e giusto per la cronaca, sono bastate poche gare sia dell'uno che dell'altro per capire chi ci avesse visto giusto e chi no. Chissà se dietro le quinte se ciascuno dei due anchorman, supertifosi d'eccezione, troverà l'occasione per rinverdire le polemiche che in questo inizio settimana, tra un caffè, un cornetto e una sigaretta, sovraffollano i bar da Centocelle a Quarto Oggiaro. Chissà se il padrone del Festival, Baglioni, avrà modo di rinfacciare a Bisio quanto sia forte quel ragazzo classe '99, curiosamente della stessa leva di Donnarumma, che stasera non sarà oggetto di discussione, pur riconoscendogli grandi meriti, ma per riverenza nei confronti di Baglioni parleremo del giallorosso. E di Roma, e perché no anche di musica, per restare in tema con il Festival che su cui il sipario s'è da qualche minuto alzato. Dinanzi ad una platea sconfinata, che ogni anno vaglia attentamente le doti canore di cantanti di successo, o di nuove leve decise a spiccare il volo (così come su un campo di calcio, tra le aspettative enormi dei tifosi) e a sfondare nel mercato discografico, facendo proprie le armi che di questi tempi decretano il successo: influenza sui giovani e costante presenza show business. Non proprio come un tempo nemmeno troppo lontano, un Sanremo presentato per l'ennesima volta da Pippo Baudo, in cui fece la sua prima comparsata un appena ventenne Eros Ramazzotti.

TERRA PROMESSA - Sì, proprio così, come il titolo del suo primo successo del cantautore nato ai bordi di periferia, Nicolò Zaniolo si è prepotentemente preso la Roma, la città in cui Eros Ramazzotti è nato e cresciuto, seppur 'sconfessata' da una fede calcistica più conveniente ma affatto campanilista (è un appassionato tifoso della Juventus); in questi giorni di febbraio, ma di trentacinque anni or sono, Ramazzotti si mostrò in Eurovisione, colmo di fame, umiltà e quel tocco di spacconaggine che ogni ventenne porta con sé, col bavero della giacca alzata, la cintura borchiata e un paio di jeans, scendendo dinoccolato l'elegante scalinata di un palco paillettato, trasudante l'avvenirismo tecnologico delle vesti grafiche anni ottanta. Così, con una base pop carica di energia, dai fortissimi richiami Italo-Disco, genere musicale allora imperversante nei club, agevolato dal playback, si prese prepotentemente la rassegna - trionfando nella categoria delle Nuove Proposte - e il consenso del pubblico a casa, oltre naturalmente alle classifiche di vendita: due anni dopo, dopo altrettanti tentativi, Eros trionferà, da protagonista assoluto, con l'inno cantato a squarciagola da una gioventù intera, Adesso Tu. Tornando a Zaniolo, il predestinato, per qualcuno non è ancora del tutto sbocciato, mentre per altri, decisamente più ottimisti, è già etichettato quale 'nuovo Totti'. Non si fa così, caricare di aspettative brucia puntualmente i ragazzi, la maggior parte di giovanotti ancora 18-19enni, non ancora del tutto svezzati e sordi a qualsivoglia similitudine autorevole. Siate intellettualmente onesti e considerate il campione per ciò che mostra, senza scadere nel ricordo, nelle orme che sta ripercorrendo.

QUELLA PROVA DEL FUOCO... - Brillantemente superata, senz'ombra di dubbio, per Zaniolo. Ci s'interroga su come il peso della storia possa precludere a nuovi arrivati di prendere il posto dei predecessori. Non è giusto che l'ombra del mito debba, sia a breve che a lungo termine, ombreggiare il rendimento di chi sfavilla nel presente, come in questo caso Zaniolo, sì elogiato, ma ancora influenzato, e non solo per la somiglianza fisica e per il ruolo, dall'ingombrante casella lasciata vuota una volta smontate le tende dal Pupone. Il giovane trequartista ha movimento, visione di gioco, tecnica sopraffina, capacità di trovare la rete superiore alla media. Il salto è stato piuttosto lungo: laureatosi campione con la Primavera dell'Inter, dopo poche comparsate tra i professionisti con la maglia della Virtus Entella, il massese ha debuttato dal 1' in occasione di uno scontro mortale, senz'altro il più tosto dell'anno, in casa dei campioni di tutto del Real Madrid. 3-0 secco e tante recriminazioni, ma tra i giallorossi Zaniolo ha brillato, disputando da mezzala un tempo abbondante. Scendendo una scalinata sontuosa, il Bernabeu, il tempio dei migliori, Zaniolo ha ben figurato, iniziando a farsi amare da un tifo, parte integrante di una città che è anche la sua: sua mamma, ritrovatasi in un batter d'occhi a collezionare followers complice la sua avvenenza, sfruttando l'ondata di popolarità che ha travolto suo figlio, è romana di nascita e romanista di fede. Tutti ingredienti che rendono facile la convivenza con un ambiente asfissiante, pressurizzato, umorale come quello giallorosso. Da cui Zaniolo, sognando la 10, ha spiccato il volo verso la Terra Promessa, proprio come Eros Ramazzotti, che nel 1984, quando la Roma s'infranse ai rigori nel sogno Coppa Campioni, era un ragazzo come lui...