Giusto così, vien da dire. A chiunque ami il calcio, che sia interista, milanista, juventino o altro. Perché scomodare tifo e rivalità ora è più che mai fuori luogo: ieri sera al Mapei Stadium ha avuto luogo una gara vera, e il fatto che l'Inter abbia ceduto al Sassuolo non può né deve meravigliare nessuno. Né tifosi né detrattori.
L'Inter ha perso perché se l'è cercata; all'opposto, i neroverdi sapientemente guidati dal neo tecnico De Zerbi hanno condotto a testa alta una gara che alla prima di campionato i più avrebbero perso in modo schiacciante, con tutti gli alibi possibili e immaginabili a scagionarli da ogni errore.

STRAFAVORITA, MA... - E' presto detto: pronosticare l'andamento in campionato sulla base delle spese effettuate nel mercato, ha sì funzionato spesso e volentieri, ma allo stesso modo ha generato spiacevoli sorprese. Parliamo, ovviamente, di un'Inter che uscita dalla morsa del fair play finanziario, ha finalmente potuto ritoccare il proprio organico senza troppo badare a spese.
Ci ha dato dentro, l'asse Suning-Ausilio, scegliendo i migliori elementi sul mercato per rinvigorire una rosa già di per sé valida, avendo con le proprie forze strappato una storica qualificazione alla Champions League.
Si è parlato dei nerazzurri quali papabili avversari della Juventus in vista del duello scudetto destinato ad infiammare la coda del prossimo campionato; ad attizzare il fuoco ha provveduto appunto l'ad dei bianconeri Marotta, dichiarando nei giorni scorsi a Sky: "Il ruolo di avversaria scudetto della Juventus è da assegnare indubbiamente all’Inter, nel senso che è quella che ha avuto un procedimento di crescita graduale in questi due-tre anni, ha fatto delle operazioni intelligenti e importanti. Per cui, credo che, non dico l’anti Juve, perché bisogna essere sempre ottimisti, ma avere rispetto delle ambizioni degli altri, tra le prime ci sono, sicuramente, Inter e Juve a pieno titolo".
Così, chiuso il mercato con lo "smacco" Modric, dopo settimane di speranze e ragionevoli illusioni, i nerazzurri sono approdati a Sassuolo convinti, tracotanti.
Consapevoli di rincasare con il bottino pieno, sospinti dagli elogi (o forse, fuorvianti incoraggiamenti) degli storici avversari, al punto di lasciare in panca buona parte dell'ossatura designata ad occupare il posto da titolare nella stagione che verrà. Così è stato riesumato Dalbert, autentica riedizione quanto ad inconsistenza di quel che fu Joao Mario l'anno precedente (non me ne vogliano, ma "ciofeca" è il più benevolo degli aggettivi), mentre l'esordiente Asamoah, pur di lasciare al brasiliano la sua zolla preferita, è stato dirottato in avanti a supporto dell'inedito reparto avanzato, con Lautaro trequartista alle spalle di Icardi, e Politano ad occupare l'estremità alta di destra un tempo appartenuta a Candreva.
Il centrocampo ha sfoggiato il tandem Vecino-Brozovic: ci si sarebbe aspettato molto più dal croato (oggi palesemente apparso fuori giri), così come dall'uruguaiano, che per molti avrebbe dovuto essere a Stamford Bridge a prendere ordini da Maurizio Sarri, invece di far legna nel centrocampo nerazzurro, che attende trepidante il debutto di Nainggolan (grinta, muscoli, personalità), l'acquisto più atteso.
In novanta minuti, la squadra è apparsa lontana parente di quella che nelle amichevoli estive ha sfavillato: molti, troppi, hanno gridato al miracolo (specialmente dopo la vittoria sull'Atletico). Nessuno avrebbe in realtà dovuto farlo. Per carità, la prima uscita stagionale dei nerazzurri ha visto accomodarsi in panchina gente del calibro di Skriniar, Perisic e Vrsaljko. Oltre al già citato Nainggolan, in ripresa dall'infortunio occorsogli nell'amichevole contro il Sion. Ma ciò non giustifica nessuno. Anzi, trascina più che mai Spalletti sulla graticola per aver considerato scontato l'esito di una gara contro un'avversaria che di purghe, all'Inter ne ha riservate eccome. 
La capitolazione è avvenuta per mano di Berardi, su (sacrosanto) rigore causato da Miranda su Federico Di Francesco: un segno del destino, essendo quest'ultimo figlio di colui che grande ha fatto il Sasòl, nelle quattro stagioni di rodaggio in A. Dall'altra parte, la reazione non è stata affatto consistente, per quanto abbia suscitato polemiche un rude fallo di Magnanelli ai danni di Asamoah, nel frattempo passato ad occupare il naturale ruolo di terzino sinistro al posto dello sciagurato Dalbert (sostituito da Perisic). Icardi ha giocato in un campo di ortiche, svagato, poco incisivo, sciupone all'inverosimile; l'ex di turno Politano, altrettanto, non ha bagnato il suo esordio con una prova convincente. Infine, Lautaro Martinez: le grandi aspettative riposte in lui, dopo l'esplosivo precampionato, non sono state appieno rispettate. Il ruolo da trequartista non gli ha giovato granché, è bene che il tecnico di Certaldo sappia operare in modo tale da farlo esprimere nel modo migliore. Il doppio impegno Serie A-Champions, senza tralasciare la Coppa Italia, potrebbe vederlo impiegato al posto di Icardi, oppure assieme, a comporre un'inedita coppia d'attacco.

ONORE AL MERITO - Ci s'è sprecati a dispensare critiche all'Inter, quasi come se fosse necessario associare l'esito finale di una gara vinta dal Sassuolo agli errori commessi dai nerazzurri. Non vogliamo sia così, solo perché l'Inter gode di maggior fama e blasone. Questo è solo l'inizio dopo il reset di un'annata in cui sìè puntato in basso, per la prima volta dopo stagioni ambiziose. L'addio di Di Francesco ha generato incertezze e paure; lo spettro di una retrocessione dopo annate vissute sulle ali dell'entusiasmo, della provincia vincente, si è fatto sempre più denso.
Oggi, con De Zerbi, per un attimo si è tornati ad assistere al grande calcio dell'attuale allenatore della Roma, sebbene il primo appuntamento stagionale non può, non deve ringalluzzire nessuno. Una gara che ha fatto godere i tifosi neroverdi più di qualsiasi altra disputata nella scorsa stagione è stata appunto questa, e lo si può evincere dalla bontà dei nuovi innesti: Magnani e Ferrari (in difesa), coppia centrale della difesa affatto in affanno al cospetto di un avversario del genere; Bourabia e Boateng: il primo, giunto con l'etichetta dell'oggetto misterioso, si è ritagliato spazio con personalità, sfiorando addirittura la rete, mentre il secondo, vecchia conoscenza del Milan, ha inciso non poco, lanciando gli attaccanti e proponendosi in avanti sino a scheggiare il palo. Mica poco. davanti, a Di Francesco jr. si deve la conquista del rigore realizzato da Berardi: una rete importantissima, pesante, per un giocatore considerato da tempo finito. L'impietoso verdetto, sulla base di prestazioni sconfortanti che negli ultimi due anni hanno accompagnato il ridimensionamento delle ambizioni sassolesi in classifica. Non più il ventenne cecchino da venti reti stagionali. Ma una rondine, anche se non è detto faccia primavera, può trascinarne dietro sé altre, e come le rondini, così le reti possono tornare a fioccare per l'attaccante calabrese. Così, è giusto riconoscere che questa gara rappresenti assai più la vittoria del Sassuolo, più che la sconfitta della pur favorita Inter.