Potete considerarlo un patetico esperimento, l'ennesimo, pietoso sforzo, da parte di chi sembra avere già esaurito tutte le proprie cartucce, carta d'identità alla mano; potete considerarlo un ambizioso tentativo di battere nuovamente quella pista, che tra curve e saliscendi ha reso un club, il Milan, una corazzata invincibile e - tuttora - inarrivabile per molte, eccezion fatta per il solo Real Madrid, che negli anni delle secche rossonere ha finito per controsorpassarli, e di molto. In questi giorni di inizio settembre, balenano scenari assurdi, entusiastici, colmi di curiosità, nelle menti di molti esteti del calcio, mentre si limitano a sfottò, a sonore pernacchie non solo i detrattori, gli oppositori, i "rosiconi", ma anche tutti quanti peccano di memoria labile: dal gran carro, tutto bardato a festoni, dei vincitori, è caduto da qualche anno Berlusconi, anzi, è stato defenestrato dagli stessi che finché veleggiava in testa lo osannavano, al punto di spingersi a barattare madri e sorelle (mi si perdoni la caparbietà linguistica, ma a volte è meglio essere acri e sinceri che blandi e rassegnati) con l'ennesima Coppa dei Campioni, con l'ennesimo tricolore da sfoggiare nei tramonti di fine primavera, con il pullman scoperto a costeggiare i portici di piazza Duomo. Gli anni d'oro, dicevano, ma ora sembrano essere diventati tutti bravi a sparare merda, mi si consenta (cit.) il francesismo.

COME UNA FAMIGLIA - Essi stessi, i tifosi, per cui Silvio era emblematicamente il padre spirituale, quello che gli Dei del calcio gli avevano trasmesso al cuore in luogo di quello biologico fin dal 1986, un po' come lui qualche anno prima aveva dato vita alla sua epopea trasmettendo emozioni via cavo, tenendoli insieme tramite un cordone ombelicale, un DNA le cui eliche erano rossonere, e costellate di stelle di varia grandezza, i trofei, i trionfi, le magie di un calcio che migliorava anche la vita di tutti i giorni. Nessun tifoso milanista che si rispetti potrà obiettare che la sua vita sia stata più grama, al netto delle vicissutidini personali, di quella di juventini e interisti in tutti questi anni! Nessuno ci provi, perché è chiaro, anche se ora come ora non lo ammettereste mai, che i risultati di una squadra allungano il sorriso e donano un colore più vivido alle cose, un aspetto più radioso, così come anni di digiuno, scanditi dalle maledette domeniche, portano un alone di grigiore, se si è particolarmente coinvolti dal calcio. Essi stessi, per cui Adriano (Galliani) era uno zio, la perfetta controfigura di quel papà così amorevole e dalle mille risorse, il completamento, alchemico per così dire, di un presupposto vincente perfetto. IL COMPLICE, oserei dire, l'uomo che non l'ha mai abbandonato, forse il solo in un percorso che il tempo, o meglio la storia dell'uomo comune ha reso via via più impervio, la consapevolezza di avere dei nemici in casa, tra lodi, delfini tramutatisi in squali, Alfani o Fini, divorzi (con salasso) e Ruby che fossero, ma anche tifosi mai paghi, insaziabili, desiderosi di tenersi stretta l'intera torta anno dopo anno, sebbene fisiologicamente sia un'impresa impossibile, salvo se si pensa al Real anni '50, il primo, e quello della diarchia Perez-Zidane, l'ultimo: l'uno senza avversarie, in una competizione pioneristica, in cui gli scenari politici conferivano alla palla un peso differente a seconda delle situazioni (e in Spagna, tra Juan Carlos e Franco, il balon era appunto di piombo) e l'altro, se vogliamo, uguale, benché ne siano passati di decenni. Non potete che essergli grati, cari figlioli battenti bandiera rossonera. Le chiacchiere stanno a zero, le critiche anche. Uno come Berlusconi, per tutti gli orgasmi che vi ha procurato, va venerato legittimamente, senza se né ma, se si vuole tifare alla grande, non certo andare a letto con la botte piena e la moglie ubriaca, questo no!

PER LA BRIANZA, HIP HIP... - Il 2018 sta finalmente portando a Berlusconi la ritrovata serenità dopo affannose tribolazioni. La farsesca uscita di scena di Li Yonghong, sebbene si cerchi di farla passare come uno scaltro tentativo, da parte di Berlusconi, di accedere nuovamente alla machine room di via Aldo Rossi, altro non è che la chiusura a doppia mandata di un'era, dopo il primo serramento avvenuto con il closing di un anno fa, anche se l'affiorare in superficie di vecchi volti sia nella stanza dei bottoni (Scaroni) che nel corridoio tra scrivania e campo (Maldini, Leonardo e l'ormai terzo moschettiere in pectore Kakà). Ora la storia del Milan è totalmente da riscriversi, non vi saranno più strascichi da ricondurre a Silvio Berlusconi, primo azionista, e Adriano Galliani, amministratore delegato, braccio destro, confidente dell'uomo. E soprattutto, come le sue coronarie possono ben raccontarci, tra innumerevoli fonti video reperibili, primo tifoso. Gaudente come un bambino a Natale, impossibile dimenticarselo proprio in quei giorni di dicembre del 1989, a celebrare il rasoterra mondiale di Chicco Evani con una sfrenata corsa ad abbracciare i ragazzi. Come allora, nel '99, al fischio finale del match scudetto di Perugia in compagnia dell'onnipresente figlio Gianluca, e nel 2007 ad Atene, seduto al fianco di un Berlusconi impassibile, urlare tutta la propria gioia ai due gol di Inzaghi. Istrionico sì, ma con quella massiccia dose d'umanità che oggi manca, e quella cravatta gialla, ormai un emblema, una macchietta. Non sarà il Monza la terza squadra di Milano, ma un'entità calcistica che più di qualsiasi altra potrà e dovrà rappresentare la Brianza. Non a caso, la terra di Berlusconi e Galliani: il primo, legato più che mai al territorio a nord di Milano, con la villa di Arcore dolce dimora e primo avamposto amministrativo del Cavaliere; per Galliani, invece, che a Monza ci è nato, si tratterebbe di un ritorno storico, avendo questi rappresentato il club della Corona Ferrea alla fine degli anni settanta nelle vesti di amministratore delegato, attività svolta in tandem con quella di antennista, galeotta quest'ultima per il colpo di fulmine con Berlusconi, che cercava collaboratori per espandere i propri network. Monza sarà, per Berlusconi e Galliani, un po' come il Balcone per Romeo e Giulietta, anche se l'esito, in questo caso, non mi esimo dal pronosticare a lieto fine. Fortunato, vincente, anche se i ragazzini gridano alle bocce, all'ospizio. Ingrati! Non sanno cos'è, il romanticismo! Non hanno ben chiaro che la loro è stata una sapiente scelta dettata dal cuore, a cui il tempo darà senz'altro ragione.