Il big match dell'olimpico ha definitivamente dissipato ogni dubbio sulle reali potenzialità della Lazio versione 19/20. Questa squadra può legittimamente aspirare a vincere lo scudetto: la sfida con l'Inter ha rappresentato, se mai ce ne fosse stato bisogno, l'ennesimo segnale di forza della compagine di Inzaghi, che batte nello scontro diretto i nerazzurri, così come fece con la Juventus.

Il risultato finale è fin troppo stretto, per quello visto sul campo: una Lazio capace di gestire i momenti del match in modo quasi perfetto ha dato un segnale fortissimo alle rivali scudetto.
Inzaghi ha costruito una macchina perfetta, abile ad attaccare in modi completamente diversi: sa gestire l'ampiezza del campo con gli esterni veloci, può colpire centralmente con il fraseggio tecnico dei suoi centrocampisti e in caso di difficoltà può lanciare palla alta per Milinkovic. Ha probabilmente il miglior centrocampo del campionato, un bomber da 26 reti e un reparto difensivo non sempre impeccabile, ma che può contare sulla presenza di Acerbi, giocatore ormai tra i migliori centrali Europei. 

Ha imparato a dominare gli episodi della partita, acquisendo una consapevolezza che la fa restare sempre con la testa dentro la partita: la reazione dopo il goal subito immeritatamente verso la fine del primo tempo evidenzia come i biancocelesti abbiano realmente svoltato, e siano sempre padroni del campo e di se stessi.
Il punto di svolta sono state le due vittorie consecutive ottenute proprio contro la Juve, in campionato e in Supercoppa, che hanno definitivamente lanciato la Lazio nella corsa scudetto.

Dal canto suo, l'Inter di Antonio Conte ha subito una battuta d'arresto, che ben più ha detto rispetto ad una semplice sconfitta contro una diretta concorrente. Si sono palesati difetti che già da un po' erano evidenti: una difesa troppo bassa che porta gli avversari fin dentro l'area di rigore e con degli interpreti tipo Godin e Skrinyar, che poco si adattano alla difesa a tre, tanto cara al tecnico salentino. 

Il problema del portiere è quasi imbarazzante per una squadra come l'Inter: chiaro come i compagni non si fidino di Padelli e il primo goal subito ieri sera ne è prova più che evidente. Lo stesso Conte in conferenza stampa ha dovuto sottolineare la sua fiducia nei confronti del secondo portiere, quasi a voler mandare un segnale forte ai difensori: la squadra specialmente nel secondo tempo è entrata in campo molle, ha giocato con poca personalità, non ha mai realmente messo in difficoltà la Lazio, se non per qualche occasione episodica creata nel finale.
Anche il gaol del vantaggio era venuto in seguito a una maldestra respinta di Strakosha, su tiro di Candreva e né Lautaro né Lukaku fin qui decisivi nelle sorti dell'inter sono riusciti ad essere veramente pericolosi.
E in più c'è la "grana" Erikseen, grandissimo colpo di Marotta, nel mercato invernale e non ancora decisivo come tutti si aspettavano: certo il danese ha bisogno di tempo per integrarsi nel nostro campionato, ma sembra per il momento un pesce fuor d'acqua, non adatto al 3-5-2 contiano. Forse bisognerebbe studiare un cambio di modulo per permettere all'ex Tottenam di esprimersi in maniera più naturale, ma anche qui Conte ha ribadito che si è arrivati a lottare per il titolo con questo sistema e così si va avanti.

Staremo a vedere.

Il risultato di ieri sera ha favorito la piccola fuga di una Juventus non giudicabile per la sfida con il Brescia, ma sicuramente ancora lontana dalla sua miglior versione.

Il campionato entra ora nella sua fase decisiva: 14 partite per stabilire chi trionferà, con la Lazio libera di impegni europei che ha il dovere di provarci fino in fondo.

Ora o mai più.