8 marzo 2020: festa della donna, domenica assolata e calda, prime passeggiate al mare con il cane, magari una cenetta romantica con tua moglie.

Io che mi arrampico sull'albero di mimose sotto casa per tagliare due ramoscelli del classico fiore con cui si festeggiano le donne e poi mi butto sul prato come un bambino per cercare le più belle margherite e creare un bel bouquet per mia moglie.

Io che sarei partito da casa per andare a Torino e non per vedere il big match tra Juve e Inter, ma per seguire mio figlio che avrebbe sfidato la primavera bianconera in una partita fondamentale per la salvezza. 

Io che invece sono dovuto andare al lavoro per sostituire un collega che è stato colpito nei suoi affetti più cari dalla nuova piaga che ormai da un mese sta affliggendo il nostro paese.

Io che quasi incredulo guardo le strade vuote della mia piccola cittadina sulla riviera adriatica, ma poi osservo con miglior attenzione e scorgo in lontananza gruppi di persone che tranquillamente fanno l'aperitivo o mangiano un gelato sul nostro bellissimo lungomare.

Io che da lì a qualche giorno devo avere un permesso per andare al lavoro e che devo stampare un modulo di autocertificazione per fare la spesa o portare il cane dal veterinario. 

Io che sono un autista di bus, che mi sento obbligato a sconsigliare le persone anziane, magari sole, a passare il pomeriggio nel pullman perché può essere pericoloso.

Io con due figli di cui ormai grande ma lontano da casa, che non può tornare dai suoi genitori perché il suo senso civico lo invita a restare a Sassuolo zona particolarmente colpita.

Io che devo litigare con mio padre per telefono per convincerlo a non andare a fare la spesa da solo.

Io che faccio la fila in tutte le farmacie della città nella disperata ricerca di una mascherina per mia suocera immunodepressa e anziana.

Io che vivo ai tempi del virus nella nostra bellissima Italia e che ho sperato con una malcelata incoscienza che il campionato di calcio non fosse sospeso.

Io che normalmente il venerdì sera vado a giocare a calcetto con gli amici e poi via pizza e birra pagata dalla squadra che perde la sfida.

Io abituato a svolgere regolarmente attività fisica che allestisco in quattro e quattr'otto una piccola palestra nella tavernetta dei giochi.

Io che adoro portare il mio grosso bianco cane a correre al mare nelle fredde serate d'inverno, in cui il vento e il freddo della spiaggia ti entra direttamente nelle ossa.

Io che mi arrabbio con mio figlio piccolo, che passa la giornata intera davanti ad una console di videogiochi. 

Io che domenica 8 marzo 2020, dopo un lungo pomeriggio di lavoro, sono corso a casa per veder forse l'ultima partita della mia amata Juventus.

Io che ho sofferto e goduto da fronte al televisore nel vedere la mia squadra battere in quel modo l'Inter, sperando che poi si potesse parlare di calcio.

Io che per due ore ho smesso di pensare a tutti i problemi che stiamo affrontando e mi sono concentrato solo sulle magie di Dybala e sui perfetti interventi di de Ligth. 

Io che non ho condiviso la scelta di fermare il campionato, perché no anche questo no.

Io che non mi piego di fronte a niente, provato moralmente come un bambino per il giocattolo che mi si è rotto tra le mani.

Io che giocano a porte chiuse, no aperte, anzi no rinviano la partita, ma forse giocano lunedi, e poi pronti via squadre in campo, però aspetta un attimo ha telefonato Tommasi forse non giocano.

Io che non ci capisco più niente e da uomo ignorante e della strada ho l'impressione di essere guidato da un gruppo di dilettanti allo sbaraglio.

Io che magari giocano la Champions a porte chiuse, anzi in campo neutro, ma poi si ammala un giocatore e quindi via niente Juve Lione e tanti auguri di pronta guarigione a Rugani e Gabbiadini.

Io che tanti auguri a tutti coloro che si sono infettati e che una piccola inutile preghiera per chi non ce l'ha fatta.

Io che rinviano la moto Gp, la Formula 1, l'eurolega di basket, l'nba, e il circuito internazionale di tennis.

Io che mi faccio mille domande, ascolto mille trasmissioni televisive, rispetto tutte le norme sanitarie previste, ma incontro mille persone al giorno per lavoro.

Io che vivo ai tempi maledetti del coronavirus, che sono preoccupato non solo per la salute, ma anche per la situazione economica.

Io che guardo la mia famiglia e dico ce la faremo tutti insieme come sempre.

Io che mi sforzo di essere ottimista, perché il peso della realtà è forse troppo per me.

Io che speriamo che tra un po' tutto questo sarà solo un brutto ricordo e che se vado in vacanza me ne vado nel Salento, perché tanto qua da noi quest'anno non ci viene nessuno e il turismo lo tiriamo su solo noi.

Io che ho tanti amici partite IVA che sono disperati. 

Io che la politica proprio non la capisco.

Io che sono un italiano medio.

Io che sì dai fondamentalmente ci chiedono di stare sul divano, ma porca miseria anno bisesto anno funesto.

Io che mi auguro che tutti insieme potremmo superare questa crisi, che fortuna i nostri medici nonostante le strutture a volte scadenti.

Io che nelle difficoltà siamo sempre un grande popolo.

Io che scrivo un sacco di cavolate in un blog calcistico ma scusate avevo bisogno di sfogarmi.

Io che tanti auguri a tutti.

Io che ce la faremo.



A presto.