SITUAZIONE ATTUALE 
Il Covid-19 continua ad influenzare le nostre vite, costringendoci ad una nuova quotidianità alla quale abituarci. Non fa eccezione il calcio che, sul filo del rasoio, prova a sopravvivere a questa lunga partita, barcamenandosi tra match posticipati, tamponi giornalieri e rose dimezzate. Anche se ancora non è finita l’andata del girone preliminare di Champions League, sorgono già domande su come affrontare l’eventuale fase finale della competizione.

ALTERNATIVE
Le alternative alla soluzione trovata nell’ultima edizione della Champions League (un Final Eight con partite secche da disputare in una sola città) non sembrano essere molte. Il punto di riferimento mondiale in ambito sportivo resta la NBA che, anche in questo caso, si è distinta per organizzazione ed efficienza, svolgendo le fase finali dei Play Off senza contare un solo contagiato. La cosiddetta “Bolla” potrebbe essere adattata alla Coppa dalle orecchie a sventola? I dubbi sembrano essere diversi. Prima di tutto i numeri. Una squadra di basket, mediamente, è composta dalla metà dei giocatori di una squadra di calcio, senza contare lo staff tecnico. Per replicare dunque il modello NBA servirebbe adattare una struttura, vicino uno stadio, capace di contenere centinaia di persone per un periodo medio breve. Di questi tempi non proprio una passeggiata di salute. La seconda criticità riguarda l’aspetto economico. A mio avviso una soluzione del genere richiederebbe uno sforzo finanziario non indifferente, forse eccessivo per un sistema messo in ginocchio proprio da quest’ultimo anno di Covid-19. Replicare il modello NBA, ovvero una lega che gode di una salute economica inarrivabile, potrebbe coincidere con il classico passo più lungo della gamba. Il terzo dubbio è di ordine etico-morale. Come verrebbe presa una soluzione del genere? Quale sarebbe la reazione dei tifosi davanti a milioni di euro spesi per organizzare il tutto? Quante critiche verrebbero sollevate? Non credo serva un grande sforzo di fantasia per rispondere a queste domande. In conclusione copiare dai migliori è spesso cosa buona e giusta, ma bisogna anche poterselo permettere.

SOLUZIONE
A girare in tondo si torna sempre al punto di partenza. A mio avviso, dunque, la soluzione migliore è stata già sperimentata ed è la stessa adottata nell’ultima edizione della Champions League. Un solo stadio, una sola città, magari dove la diffusione del Covid-19 è contenuta. Questa soluzione, assolutamente replicabile anche in situazioni normali, permetterebbe di valorizzare città e stadi gioiello che non godono di squadre particolarmente competitive. Le partite secche, inoltre, piacciono, affascinano e danno quel tocco d’imprevedibilità che la Champions sembra aver perso da tempo. La partita ad eliminazione diretta, senza il ritorno, prescinde dai soldi investiti dalla grande società di turno, mette davanti undici giocatori e i loro nervi. Una Final Eight come quella della scorsa stagione regalerebbe incertezze, sorprese, adrenalina e magari una squadra capace di fare l’impresa contro ogni pronostico. In un periodo come questo, di sofferenza e scarsi desideri, qualsiasi soluzione permetta di sognare e sperare credo sia ben accetta.