La Lega pro, croce e delizia del calcio professionistico italiano. Purgatorio calcistico che fa da spartiacque tra l’Olimpo del professionismo, e l’inferno del dilettantismo. Campo di battaglia dove ogni anno si consumano i sogni, le speranze e spesso le tragedie di piccole e grandi realtà calcistiche del nostro Paese. Come rendere più competitiva e sostenibile questa categoria? Vediamolo attraverso l’analisi di 4 punti secondo me determinanti. STABILITÀ. Dal 2014 la Lega Pro è tornata alla categoria unica con tre gironi da 20 squadre e il relativo sistema di playout e playoff. Basta così. Il punto di partenza dovrebbe essere la stabilità strutturale del torneo. Forse non è la migliore formula; forse 60 squadre sono troppe o troppo poche; forse i playoff necessitano di una modifica. Per effettuare un cambiamento, però, c’è bisogno di una base stabile. I problemi non possono essere sempre risolti cambiando la struttura del torneo. Questo è un modo per generare ulteriore incertezza, creare confusione e instabilità, e nessuna struttura instabile può reggere il peso dei cambiamenti. Si è sposato un modello, che lo si porti avanti per un periodo lungo, concentrando l’energie per modificare altri aspetti di questo campionato. GIOVANI. “Puntare sui giovani” è ormai diventata una frase a metà tra un mantra religioso e una battuta di spirito. Tra Serie A, Serie B e Lega Pro tutti la pronunciano e nessuno, a parte qualche virtuosa eccezione, la mette in pratica. In questo caso la Lega Pro dovrebbe essere la nostra fucina di giovani speranze, una fabbrica sforna talenti per le categorie superiori. La realtà? La realtà è che una squadra che punta alla promozione, oppure a salvarsi dallo spettro dei Dilettanti, tra un giovane di belle speranze, talentuoso e inaffidabile, o un calciatore di categoria esperto che ogni anno porta a casa discrete prestazioni, cosa sceglierà? Mi sembra abbastanza ovvio. Esiste già un regolamento che obbliga le squadre ad avere in rosa un determinato numero di giovani e al rispettivo minutaggio (per altro regolamento facilmente aggirabile grazie ad alcuni criteri). In verità le imposizioni, in genere, funzionano sempre poco. Obbligare ulteriormente le squadre a schierare un numero minimo di giovani, aumenterebbe il divario tra quelle realtà che, per storia e prestigio, possono contare su un vivaio di qualità, rispetto a squadre piccole di piccoli paesi. La Lega Pro dovrebbe, dunque, più che imporre, incentivare lo schieramento di giovani. Creare un sistema di premi per quelle squadre che a fine anno avranno fatto giocare, come minutaggio, più under 21 e giocatori del vivaio. Premi economici diretti, oppure agevolazioni economiche nell’iscrizione alla Lega. Puntare sui giovani deve diventare appetibile per le società e, in prospettiva futura, generare un sillogismo virtuoso che aiuti la Lega a sostenersi: i giovani crescono nel vivaio, costano di meno e in prospettiva rendono economicamente di più, ma hanno bisogno di tempo. MAGGIORI CONTROLLI E IMPEGNO DELLA LEGA. La Lega Pro è diventata una sorta di campo minato. Ogni anno qualche società fallisce, e ogni stagione piovono punti di penalizzazione che condizionano, anche sul piano dello spettacolo, il campionato. Quello che dovrebbe fare l’Organizzazione della Lega Pro è generare un sistema di controllo non solo “punitivo”, ma anche “produttivo”. Eliminare i punti di penalizzazione che, specialmente se inflitti durante la stagione, creano un campionato falsato, costringendo alcune squadre a modificare in corso d’opera i propri obiettivi, facendo ricadere su giocatori, allenatori e tifosi le colpe della società. Creare un sistema che non si limiti a certificare chi può rispondere ad alcuni criteri e chi no, ma che getti le basi per premiare le società che propongono progetti sostenibili a lungo termine, insieme ai dirigenti che mostrano impegno e strategie per risolvere i vari problemi finanziari e burocratici. Tutto questo senza lo spettro delle penalizzazioni, che influenzano in negativo lo spettacolo, ma attraverso delle sanzioni severe ma giuste, poste al termine di un periodo ragionevole, deciso dalla Lega, durante il quale rientrare in determinati parametri. Creare un curriculum virtuoso delle società, una sorta di sistema a punteggi o criteri, che valorizzi tutte quelle realtà gestite da presidenti professionali che investono seriamente, rispetto a dirigenze che inseguono soltanto obiettivi personali. Premiare queste società virtuose con una maggiore fetta di diritti tv, agevolazioni economiche e riconoscimenti. Oltre a questo, la Lega Pro dovrebbe dialogare, non solo con le parole ma anche economicamente, con le serie professionistiche maggiori. Cercare di fondare una sorta di cassa economica, finanziata dalle società appartenenti a Serie A e Serie B. Ogni squadra, ovviamente in modo ragionevole in base ai propri guadagni, potrebbe dare una somma che la Lega Pro metterebbe a disposizione, ogni anno, per quelle squadre che, previa dimostrazione di un progetto serio, si trovano ad affrontare momentanee difficoltà o meritano un premio. SOCIAL MARKETING, NUOVE TECNOLOGIE ED eSPORTS, QUESTI SCONOSCIUTI! I diritti televisivi in Lega Pro non generano utili sufficienti a sostenere le spese; i giornalisti la snobbano; il tifoso medio è sempre più lontano dalle squadre appartenenti alla propria cittadina o paese. Nel 2016, però, esistono altre strategie per attirare attenzione, tifosi e denaro. Strategie caratterizzate da un vantaggioso rapporto qualità-prezzo. Sto parlando di social marketing. Prima di tutto bisognerebbe iniziare ad abbandonare quella mentalità, tutta italiana, per la quale determinate professioni, apparentemente esterne al proprio ambito lavorativo, vengono viste con sospetto. Sto parlando di esperti in pubblicità, psicologi e web marketing che potrebbero dare un serio contributo anche in ambito calcistico. Insomma, il calcio non è solo di chi fa calcio. Le società di Lega Pro dovrebbe investire, anche in piccole cifre, nella produzione di un proprio marchio, di un proprio stile di comunicazione. Questo per attirare sponsor e soprattutto fidelizzare tifosi, anche quelli che da tempo hanno abbandonato gli stadi dei campionati minori. Dirette streaming facebook negli spogliatoi durante l’intervallo; social che danno la possibilità ai tifosi di esprimere le proprie opinioni sulla squadra; una-due volte all’anno dare la possibilità ai sostenitori di fare la squadra titolare attraverso sondaggi social; produrre con regolarità video sulla propria squadra; lanciare contest online a premi; creare sfide a distanze con squadre di serie superiori per attirare l’attenzione; partecipare ad attività sociali nel proprio paese; fare pubblicità insieme ad altre realtà presenti sul proprio territorio. Come possiamo vedere, dunque, sono numerose le occasioni da percorrere per implementare la propria immagine, attirando tifosi e magari sponsor. Oltre a questo, perché no, aprirsi a fenomeni emergenti legati al mondo del calcio, come gli eSports ad esempio. In Francia e Germania sta nascendo una vera e propria lega di FIFA 17, le squadre professioniste assumono giocatori professionisti di videogiochi che si sfideranno in una vera e propria lega ufficiale, parallela a quella calcistica. In Italia, per ora, si è mossa solo la Sampdoria di Ferrero. E se fosse la Lega Pro ad anticipare tutti? Formando una Lega parallela di squadre di FIFA 17, coinvolgendo tifosi, videogamer professionisti e magari anche gli stessi calciatori. Attirerebbe così, prima di altre realtà, l’attenzione di sponsor in genere poco interessati al mondo calcistico. Il percorso verso il cambiamento è duro, difficile e pieno di ostacoli, ma tutti gli obiettivi si possono raggiungere se si parte con la reale intenzione di cambiare.